Canale Reale là dove tutto ha inizio: la sorgente dei grani, fonte di Strabone

Con ricorrenza oramai ciclica si sente parlare e riparlare del Canale Reale o per le odiose gabelle legate alla sua bonifica che vengono imposte non solo agli abitanti del contado ma anche ai cittadini, o per le spese faraoniche legate ai depuratori, spesso mal funzionanti, nel tentativo di limitare il danno ambientale dei fattori inquinanti raccolti lungo il suo corso e portati fino al mare sia, da ultimo per il cosiddetto contratto fiume stipulato fra i comuni interessati dal suo percorso ed altri enti per valorizzarne il bacino e rinaturalizzarlo.
Come è mio costume, prima di accingermi a scrivere qualcosa sull’argomento, ho effettuato un paio di sopralluoghi lì dove ha tutto inizio, recandomi cioè nei pressi di quella che, sulle indicazioni stradali della SS7 Brindisi Taranto, viene indicata come Fonte di Strabone, che altro non è che la sorgente di acqua limpida che viene copiosamente fuori dalla terra oramai da millenni e che, arricchendosi via via con la portata delle piogge, sgorga a mare poco a nord di Brindisi.

Lasciata l’auto nella prima radura ed aiutandomi con una vecchia cartina stradale resa oramai obsoleta dai navigatori satellitari, scorgo in lontananza un fitto canneto e mi porto in quella direzione quando la mia attenzione è catalizzata da una bella chiesa abbandonata dalle dimensioni inconsuete per essere una semplice chiesetta di campagna. Facendomi strada fra i fitti rovi, che sono costati anche uno squarcio irreparabile ai miei calzoni, sono giunto davanti al portone spalancato della chiesa: sulla sinistra alcune incisioni in greco e, in alto, una grande lastra di marmo su cui è incisa, in un latino non proprio classico, la storia di un miracolo legato a questo luogo, avvenuto quasi cinque secoli addietro e per cui grande è stata la devozione delle popolazioni locali per questo luogo di culto. All’interno, sopra l’altare, vi è un bellissimo affresco raffigurante la Madonna Odigidria, figura iconografica particolarmente diffusa nell’arte tardo bizantina, dove la Vergine Maria ha in braccio il Bambino Gesù, seduto in atto benedicente, che tiene in mano una pergamena arrotolata e che la Madonna indica con un gesto della mano.

La leggenda legata a questo luogo sacro risale all’anno 1529, quando i francesi cercavano di conquistare le terre pugliesi che erano sotto il dominio spagnolo di re Carlo V. Per fiaccare la resistenza delle popolazioni locali l’esercito francese, che non voleva fare direttamente il lavoro sporco, si era affidato a dei soldati di ventura albanesi, chiamati “Cappelletti” per via dello strano copricapo a mo di elmetto che indossavano, il cui compito era di seminare il terrore nelle campagne e nelle piccole città razziando, violentando ed uccidendo senza alcuna remora, non solo chi si fosse opposto a loro, ma anche chiunque gli fosse capitato a loro tiro. Un contingente di circa 500 uomini si era accampato, per passare la notte, nei pressi del vecchio casale medioevale di S.Maria dei grani con l’intento di andare a depredare, il mattino successivo, la fiorente città di Francavilla Fontana.
Ebbene, raccontano gli annali dell’epoca, che una incredibile quantità di acqua cominciò a fuoriuscire dalla Sorgente dei Grani e tutta la terra intorno cominciò a zampillare di cento fontane al punto che gli irsuti soldati di ventura, sebbene si fossero sempre vantati di non temere né Dio né gli uomini, furono letteralmente terrorizzati da questo evento e fuggirono in maniera disordinata, sicchè Francavilla fu risparmiata dal saccheggio. Per svariati secoli e fino agli anni Sessanta, questo miracolo fu ricordato con una processione che, dopo Pasqua, portava migliaia di fedeli alla chiesa della Madonna dei grani a ringraziare e venerare la Sacra Immagine. E’ un vero peccato non solo che una tale tradizione non si sia più rinnovata, ma anche che rischi di perdersi nell’abbandono una così bella chiesa piena di storia e tradizione.
Dopo questa non voluta ma gradita digressione, raddrizzando la cartina, riesco a trovare la giusta direzione per giungere alla poco distante sorgente del Canale Reale. Un recente incendio ha annerito la cartellonistica e bruciato, oltre che un pezzo di canneto a margine della strada, anche la tanta spazzatura che i vari sporcaccioni di passaggio usano gettarci dentro: meno male che l’acqua che continua a sgorgare copiosa dalla sorgente sempre attiva ha impedito alle fiamme di propagarsi.

A raccontarci ciò che questa sorgente rappresenta per il nostro territorio è un vero esperto in materia, il prof. Tiziano Fattizzo, biologo di chiara fama e dirigente scolastico, probabilmente il massimo conoscitore del Canale Reale, non solo dal punto di vista scientifico e naturalistico.

Professore, va forse chiarito come il Canale Reale, nonostante il suo nome, è un vero fiume e non un semplice canale di raccolta di acque, come ce ne sono tanti nelle nostre campagne; ce ne vuole parlare concentrandoci prevalentemente sulla sua sorgente e la sua storia?
“Il Canale Reale, che ha le sue sorgenti nel territorio di Villa Castelli, con i suoi 48 chilometri è il più lungo corso d’acqua naturale della Puglia meridionale. Scorre da ovest ad est nella piana brindisina; nato da polle risorgive ubicate a circa 150 metri sul livello del mare, sfocia in Adriatico in località Iazzo San Giovanni nei pressi della Riserva naturale statale di Torre Guaceto. Lungo il suo corso attraversa i comuni di Francavilla Fontana, Oria, Latiano, Mesagne, San Vito dei Normanni, Carovigno e Brindisi. Con l’antico nome di Pactius o Ausonius, è stato citato da Plinio il Vecchio nella sua opera Naturalis Historia. Ancora più indietro nel tempo pare che delle sue sorgenti, si sia occupato anche lo storico e geografo greco Strabone nei suoi appunti di viaggio raccolti nell’opera Geografia. Per questo la sua sorgente è stata ribattezzata “Fonte di Strabone”. La fonte del canale, è caratterizzata da due emergenze di acque artesiane di falda profonda, provocate dal collasso della linea di scarpata marina di età pleistocenica che, incontrandosi in una depressione del terreno formano uno specchio d’acqua profondo circa due metri; attualmente, nonostante una bonifica risalente a circa 13 anni fa, curata dal Comune di Villa Castelli su mia indicazione e consulenza, sono quasi del tutto soffocate da un inestricabile canneto. Si tratta di acque, in origine, di buona qualità. Questa corso d’acqua è stato in passato una via secondaria di comunicazione dal mare Adriatico verso l’entroterra e, nell’alto medioevo, alcune comunità di monaci Basiliani scavarono nelle sue vicinanze delle grotte trasformandole in abitazioni e luoghi di culto. Ricordo a tal proposito la Chiesa rupestre di San Biagio a San Vito dei Normanni e la Cripta di San Giovanni a Latiano. Per secoli le sorgenti hanno rappresentato un’importante fonte di approvvigionamento idrico la cui acqua è stata utilizzata per varie colture locali e la pastorizia. Venne denominata Fonte dei Grani, per via della prevalente funzione irrigatoria per la coltivazione del frumento tant’è che la chiesa edificata nei pressi della sorgente è intitolata a Santa Maria dei Grani. Il Canale Reale è stato oggetto, come molti altri corsi d’acqua pugliesi, di sciagurate trasformazioni antropiche, come la cementificazione dei suoi argini e del letto, che ne hanno profondamente alterato le caratteristiche determinando una perdita di naturalità e la sua originaria funzione, divenendo anche, con l’avvento degli impianti di depurazione di Francavilla, Latiano e Mesagne il recettore di acque, a volte non depurate, provenienti da tali impianti”.

Che importanza riveste, soprattutto dal punto di vista naturalistico, la sorgente del Canale Reale e quali sono gli animali e le piante che più lo caratterizzano?
Nel 2003, su mia segnalazione, l’area degli “Stagni e sorgenti del Canale Reale” è stata riconosciuta dalla Societas Erpetologica Italica come area d’interesse erpetologico. Il sito è stato dichiarato di particolare interesse naturalistico ed in particolare erpetologico per la presenza di una abbondante popolazione di Lissotriton italicus, un piccolo e raro anfibio Urodelo (tritone) – endemico per l’Italia e inserito nella lista rossa delle specie animali a rischio di estinzione e specie d’interesse comunitario che richiede una protezione rigorosa – che vive in acque dolci non inquinate. Sono presenti altri Anfibi come il Bufotes viridis (Rospo smeraldino), il Bufo bufo (Rospo comune) e la Pelophylax esculentus (Rana verde comune) e Rettili come Hierophis viridiflafus carbonarius (Biacco), Natrix natrix (Biscia dal collare) Elaphe quatuorlineata (Cervone) e Zamenis situla (Colubro leopardino). Ricca di specie è anche la microfauna importante alimento per gli animali acquatici e caratterizzata da numerosi crostacei planctonici. L’acqua, si sa, è vita e come tale attira anche uccelli migratori che prediligono proprio gli stagni e i canneti per la loro nidificazione. Tuttavia oggi, a causa delle bonifiche, della eccessiva crescita dei canneti, degli sversamenti di rifiuti di ogni genere e di sostanze inquinanti e reflui fognari, questa avifauna è diventata sempre più rara e l’osservazione di uccelli appartenenti alle famiglie degli Anatidi come la Marzaiola ed il Germano reale, degli Ardeidi, come gli Aironi, le Garzette ed i Tarabusini, e dei Rallidi come la Gallinella d’acqua e fra i rapaci il Falco di palude, l’Albanella e la Poiana, è oramai un evento eccezionale. Fra i mammiferi vi sono la Volpe ed il Riccio che si avvicinano al corso d’acqua per abbeverarsi e cercare cibo. Le ripide rive cementate, rese scivolose da alghe microscopiche, sono diventate pericolose per gli animali terrestri che cadendo nell’alveo del corso d’acqua trovano complicata se non impossibile la risalita. Voglio segnalare, inoltre, che il bacino idrografico del Canale comprende, soprattutto in prossimità delle sorgenti, in agro di Francavilla, una serie di zone umide lentiche di piccola estensione, spesso di origine antropica, che ospitano anch’esse le specie anfibie sopra indicate, e per questo andrebbero in qualche modo protette e conservate. A tal proposito, nel 2005 il sottoscritto con l’associazione ALTERIUS, coinvolse le scuole medie di Francavilla per sensibilizzare gli amministratori alla protezione dei cosiddetti “stagni di Contrada Capitolo” siti all’interno della zona industriale”.

L’acqua sgorga limpida dalla sorgente di Villa Castelli ma, dopo aver attraversato il territorio di Francavilla e Latiano la situazione degrada dal punto di vista ambientale per l’accumulo di rifiuti e scarichi abusivi provenienti da ogni dove; quale è il miglior modo per intervenire dal momento che il Consorzio di Bonifica al di là di qualche intervento di pulizia non sembra che riesca a tenere sotto controllo la situazione?
Un intervento di recupero delle sorgenti, fu tentato e in parte realizzato nel 2005-2006 dal Comune di Villa Castelli. A quell’epoca le sorgenti erano state quasi del tutto tombate da materiali di vario genere essendo l’area divenuta per anni una sorta di scarica abusiva soprattutto di materiale edile di risulta. Materiale inerte che accumulandosi aveva creato delle vere e proprie collinette che in parte avevano soffocato le polle sorgive. Sui cumuli di macerie erano cresciute le canne palustri e il sito era diventato inaccessibile. La rimozione di buona parte dei materiali, in breve tempo consenti la creazione di un ampio specchio d’acqua. La situazione dopo pochi anni ritornò problematica perché, nonostante fosse stata prevista la realizzazione di una recinzione e la sistemazione di cartelli didattici, questi interventi non furono mai realizzati. Ritengo che un primo intervento da attuare sia proprio a livello delle sorgenti, seguito da una pulizia delle rive del Canale diventate delle vere e proprie discariche a cielo aperto per la presenza di rifiuti di vario genere anche pericolosi come l’amianto. Un intervento questo che, grazie all’intervento dell’Associazione “L’Isola che non c’è”, di cui sono presidente, e alla sensibilità di alcuni Sindaci è stato realizzato, negli ultimi mesi, dal Consorzio di Bonifica ma solo per alcuni tratti del Canale ma che da sporadico dovrebbe diventare sistematico. Sicuramente la pulizia del letto e degli argini non sarebbe ora necessaria in quanto dagli stessi andrebbe rimosso il cemento deposto negli anni 70, una inutile e dannosa opera di sistemazione idraulica che ha trasformato il corso d’acqua in un canale, in cui le acque scorrono sempre più rapide verso il mare aumentando il rischio che, durante le abbondanti piogge, le acque travolgano gli argini inondando i campi e le costruzioni posti nelle vicinanze. Ricordo, per esempio, che le violente e distruttive alluvioni che in questi ultimi anni si stanno ripetendo in tutte le regioni italiane sono proprio causate dalla irrazionale gestione dei corsi d’acqua, molti dei quali sono stati ricoperti di cemento e costretti a scorrere entro alvei trasformati in “tubature”.

Cerchiamo di vedere in positivo ed immaginare l’area della sorgente del Canale Reale come una vera e propria oasi in cui la Natura possa tornare a farla da padrona; è un sogno realizzabile?
Il Canale Reale è stato oggetto, come molti altri corsi d’acqua regionali, di trasformazioni antropiche che ne hanno profondamente alterato le caratteristiche determinando una perdita della sua originaria funzione, trasformandolo in un recettore di acque di ogni tipo, dequalificandolo e contribuendo così a trasformare la sua immagine in “fogna a cielo aperto”. Immagine che pare in qualche modo aver giustificato l’insediamento di tante attività in prossimità del suo alveo, incompatibili con la natura dei luoghi. Tornare indietro si può. Si dovrebbe procedere ad una “rinaturalizzazione” del Canale Reale ripristinando gli equilibri e le funzioni di questo importantissimo corridoio ecologico. L’alveo rettificato e le sponde in cemento dovrebbero essere demoliti, si dovrebbero ripristinare, dove possibile, le aree di espansione e sulle sponde ripiantare alberi e arbusti autoctoni, con la funzione di aumentare la capacità del suolo di trattenere le acque. L’istituzione di un’area protetta regionale consentirebbe di emanare e controllare diversi tipi di divieti come quello di escavazione, di scarico di rifiuti di qualsiasi genere e di materiali inerti come pietrame da escavazione o scorie edili, vietare il rilascio di acque di risulta, acque verdi, olii esausti o altro. Importantissima sarebbe anche una regolamentazione dei prelievi di acqua dai pozzi freatici presenti all’interno dell’area protetta. Il divieto di esercizio dell’attività venatoria, di prelievo di animali o la loro uccisione, la messa in posa di cartelli didattici per richiamare l’attenzione sulla presenza dell’area protetta e di specie animali e vegetali di pregio naturalistico, completerebbe l’opera di protezione e valorizzazione del Canale Reale. Ripristinare e conservare la qualità ambientale del Canale Reale, è ormai un’emergenza ambientale non più rinviabile, uno dei temi strutturali che tutti i Comuni direttamente interessati dovrebbero affrontare con impegno e costanza, adottando criteri e azioni coordinate d’intervento da inserire negli strumenti urbanistici comunali. Insomma pianificare il recupero del corso d’acqua come direttrice storica ed ambientale d’importanza regionale. La sua valorizzazione diventerebbe una occasione per la trasformazione da elemento detrattore a opportunità per il territorio. Immagino quindi un percorso di tutela e valorizzazione del corpo idrico e delle sue aree annesse, attraverso una condivisione tra i soggetti interessati e le autorità ambientali competenti tra le quali il Consorzio di Gestione della Riserva di Torre Guaceto”.