Castello Alfonsino, doveva essere consegnato a giugno 2019. Lo stanno smontando i ladri

Nei giorni scorsi, approfittando di una giornata festiva, mi sono avventurato ancora una volta sull’isola di Sant’Andrea, anzi, per meglio dire, sull’ex isola di Sant’Andrea, dal momento che, a seguito della costruzione della diga foranea di Punta Riso, in prosecuzione di quella di Bocche di Puglia, un’enorme colmata ed una stradina, sia pure chiusa al traffico, l’hanno collegata alla terraferma.
Mi piace passeggiare verso gli scogli, in questo periodo dell’anno particolarmente popolati da un gran numero di uccelli marini di diverse specie, come mi piace anche girare fra i resti delle costruzioni militari risalenti ormai a ben più di un secolo fa, fino a giungere al Canale Vicereale, che è quello che fu creato, all’incirca quattro secoli addietro, per isolare Forte a Mare dal resto di Sant’Andrea e renderlo, a suo tempo, una fortezza ancor più inespugnabile.
Qualche piccolo cenno storico non guasta, in questo contesto: il Castello Alfonsino sorge sull’isola di S. Andrea nel bacino del porto di Brindisi e fu costruito da Alfonso d’Aragona nel 1445. Detto anche Castel Rosso per la particolare tonalità rossiccia del tufo con cui è stato realizzato l’intero apparato delle cortine murarie, è caratteristico perché al suo interno racchiude un meraviglioso approdo costituito da una suggestiva darsena cinta da mura e accessibile dal mare attraverso un bellissimo arco. Al primo piano vi è un ampio salone che, a giudicare dalle dimensioni, potrebbe essere stato adibito a grandi riunioni; questo è circondato da piccoli locali ad andamento curvilineo. Nel 1481, la fortezza fu ampliata da Alfonso, Duca di Calabria. La rocca venne prolungata verso nord-est e, con l’aggiunta di poderosi antemurali e baluardi, assunse il suo aspetto definitivo.
Tornando a noi, avendo notato un via vai di gente, in gran parte anziani pescatori, che pescavano sulle banchine al di là del cancello che impedisce l’accesso al Castello Alfonsino dalla strada, mi sono incuriosito, anche perché non pareva gente sufficientemente arzilla da poter scavalcare il cancello o particolarmente impavida da rischiare si rimanere trafitta dalle sbarre orizzontali a punta di freccia che impedivano l’acceso costeggiando la banchina.
Ho deciso, allora, di seguire uno di questi pescatori, che armato di canna corta e secchiello di plastica, si inoltrava dalla strada, approfittando di un varco nella rete metallica, proprio verso l’isola di Sant’Andrea e di lì, dopo pochi passi, saliva su un terrapieno da cui accedeva tranquillamente nella parte dell’isola dove c’è Forte a Mare.
Fin da questa estate, passandoci accanto tante volte a bordo del gommone, mi chiedevo come mai il restauro del castello non fosse ancora terminato. Ben ricordavo, infatti, che i lavori di restauro e valorizzazione di Forte a mare erano stati affidati già a marzo del 2018 e che tali lavori, del costo di cinque milioni di euro, dovevano terminare a giugno 2019.
Il bel maniero, pertanto, unico al mondo nel suo genere, avrebbe dovuto essere fruibile già da un bel pò di mesi, per cui non ho resistito alla tentazione di dare una sbirciatina in giro per capire a che punto fosse lo stato dell’arte.
Il cantiere è indubbiamente in piedi, dal momento che si vedono in giro attrezzi, piccole betoniere, scacchi di cemento, file di mattoni in carparo e transenne un po’ dappertutto ma, anche a chiedere in giro a chi (appunto i vecchi pescatori) lo frequenta, ci si sente rispondere che il tutto procede con estremo rilento e, a volte, per un bel po’ di tempo, non si vede nessuno in cantiere.
Rimango stupito da come si possa facilmente accedere in ogni dove, come rimango addolorato nel vedere gli atti di vandalismo commessi al suo interno, dal momento che per decenni il castello, sebbene venga “restaurato” a caro prezzo per la terza volta nell’ultimo quarto di secolo, rischia sempre di trovarsi in balia dei saccheggiatori.
Dopo la dismissione da parte della Marina Militare, infatti, già alla metà degli anni novanta, il Ministero per i Beni Culturali-Soprintendenza per la Puglia, effettuò un grosso intervento di restauro e consolidamento cortine murarie in tufo a faccia vista del Torrione S. Filippo e delle cortine al perimetro della Darsena.
Risalgono a poco più di quindici anni fa altri importanti lavori che resero per un breve lasso di tempo fruibile Forte a mare ai tempi in cui sindaco della Città era Mimmo Mennitti.
La mancanza di una guardiania fissa consegnò il castello in mano ai vandali ed ai ladri di rame e altri metalli anche meno pregiati, al punto che furono sfondate pareti e divelti pavimenti per accaparrarsi qualche chilo di rame o qualche tubo di ferro.
Ancor oggi, come ho constatato di persona, la situazione all’interno del castello è quella ed anche l’ascensore che fu costruito per rendere l’accesso possibile anche agli invalidi, è inutilizzabile essendo stato del tutto distrutto l’impianto elettrico e le centraline.
Tutti i vetri delle grandi finestre sono state spaccate dall’interno da anni e sono ancora così oggi, con i vetri rotti ancora posati per terra come se fossero stati spaccati ieri. Ovviamente, anche se è frustrante usare questo termine, tutti i servizi igienici che furono realizzati ex novo quindici anni fa, sono stati divelti e distrutti e, in ragione della mancanza dei vetri alle finestre, le cacche di colombo all’interno sono davvero abbondanti.
All’uscita mi ritrovo nuovamente sulla bella darsena e ricordo le tante volte che, con i miei amici subacquei del gruppo ‘Ncilonauti del Marina di Brindisi Club, ne abbiamo ripulito il fondale trovandoci dentro davvero di tutto: batterie di auto, gomme di camion, biciclette e motociclette, oltre che tonnellate di plastica ; era davvero sorprendente come tutto quel ciarpame fosse finito lì.
Mi reco dalla parte opposta rispetto all’ingresso del castello ed entro un attimo nella chiesetta, tutta spoglia, spero, solamente perché in corso i restauri, in quanto non c’è più nemmeno l’antica acquasantiera.
Uscito dalla chiesetta passo sotto l’arco e percorro tutta quanta la Piazza d’Armi giungendo fino al Canale Vicereale e ritrovandomi di fronte quella parte dell’Isola di Sant’Andrea da me così ben conosciuta con le sue costruzioni militari diroccate ed i monumentali alberi di pino ultrasecolari.
Sul tetto dell’Opera a Corno alcune betoniere da cantiere azzurre e tanto materiale da costruzione, che lasciano sperare che i lavori, sia pure lentamente e con inspiegabile ritardo rispetto ai tempi stabiliti, prima o poi saranno portati a termine e che un domani non troppo lontano questo bel complesso paesaggistico-monumentale non solo possa essere realmente qualificato, ma sia, soprattutto fruibile per i brindisini.
Allorchè fu annunciato, in pompa magna, l’avvio dei lavori che in 450 giorni avrebbero dovuto condurre al restauro del Castello di Forte a mare si sottolineò, da parte della Soprintendenza, che ciò rappresentava un’occasione per celebrare e rilanciare questo meraviglioso patrimonio, che appartiene a tutta la comunità, cittadini di Brindisi e turismo locale in generale.
Ripercorrendo a ritroso tutto il camminamento, giungo proprio sotto al cartellone di cantiere dove, oltre che tutte le diciture del caso, sono ben impresse due date che mi rimbalzano ancora nel cervello: inizio lavori 28 marzo 2018 – fine lavori 21 giugno 2019. Ed oggi, quando siamo già sette mesi oltre questo termine ultimo, tutto sembra, se non fermo, quasi; sicuramente si sta procedendo a rilento senza alcuna apparente giustificazione.
Tornando lentamente verso la diga, oltre al solito traffico di pescatori armati di canna e di lenza, transita dall’isola di Sant’Andrea anche un signore di mezza età con in spalla un tubo di metallo lungo circa tre metri ed in mano un seghetto con cui aveva evidentemente tagliato tale tubo: che lo abbia preso dal castello o da qualcuna delle costruzioni militari abbandonate poco importa, vuol dire, in ogni caso, che gli atti di vandalismo ed i saccheggi difficilmente cesseranno se lo Stato non provvederà quanto prima a consegnare al Comune di Brindisi Forte a mare e l’intera Isola di Sant’Andrea, in modo che, attraverso l’utilizzo quotidiano della struttura, resa fruibile per i cittadini, la creazione di un parco sul mare e, ovviamente con la predisposizione di un adeguato servizio di guardiania e sorveglianza, non si commettano più gli errori del passato.