Cavallucci marini, strappati al mare per soddisfare il mercato cinese

Dopo i datterari che, a colpi di martello e scalpello, hanno ripreso a devastare irreparabilmente centinaia di tratti di scogliera sottomarina colonizzata da coralligeno in tutta la zona nord della costa brindisina ed ovunque nel Salento, distruggendo un intero ecosistema e condannando a morte certa migliaia di organismi marini, dopo i bombaroli che, con le loro cariche di tritolo lanciate in mare, seminano morte e distruzione indiscriminata fra la fauna marina per un po’ di pesce con le budella spappolate che cercheranno di vendere a nero su improvvisati banchetti, dopo i pescatori di frodo di olouturie, le cosiddette pizze o cetrioli di mare, che per rimpinguare il mercato orientale, stanno sottoponendo a devastazione sistematica il fondale salentino privandolo di questo echinoderma che riveste un ruolo di vitale importanza per l’intero ecosistema marino per l’altissima capacità depurativa delle acque con notevole carica batterica, ecco che una nuova minaccia, questa volta inaspettata quanto incredibile, piomba sui già martoriati mari pugliesi.
La vittima di turno è un curioso abitatore dei nostri mari, quasi scomparso negli ultimi decenni, ma che da qualche anno a questa parte ha ripreso a popolare la costa brindisina e, ancor più, quella tarantina, per la gioia non solo degli scienziati e degli appassionati di fauna marina, ma di tutti gli amanti del nostro bel mare: l’Ippocampo o Cavalluccio marino.
Due sono le specie di cavallucci marini presenti nei mari pugliesi: l’Ippocampo Guttulato, più diffuso in Adriatico e presente in buon numero anche sullo Ionio e quello Camuso, più tipico nel tarantino, entrambi inseriti fra le specie protette – per questo tutelati da leggi che ne vietano il commercio e la detenzione sia di animali vivi che morti sotto pena di severe sanzioni anche di carattere penale – in quanto in via di estinzione per ragioni strettamente collegate alla eccessiva antropizzazione della costa ed è stata proprio la presenza invasiva dell’uomo, la distruzione del suo habitat naturale, l’inquinamento e il depauperamento delle risorse ittiche ad averli portati ad un passo dalla estinzione. Il fatto che la popolazione dei cavallucci marini, in controtendenza con ciò che accadeva nel recente passato, si stia riprendendo, al punto da esserci ormai un certo numero di colonia stanziali, è molto indicativo sul miglioramento dello stato di salute del nostro mare, dal momento che la loro estrema sensibilità ai valori dell’acqua li rende ottimi indicatori delle condizioni dei mari e, se tornano ad essere numerosi, vuol dire che le condizioni del mare sono buone in quei tratti di costa dove maggiore è la loro presenza.
Da appassionato fotografo subacqueo amatoriale che si diletta, anche, a scrivere reportage naturalistici, sono stato, personalmente, fra coloro che hanno reso pubblica la presenza nel mare di Brindisi e, ancor più, in quelli di Taranto di questo simpatico quanto curioso e bizzarro pesciolino, ed alcune delle mie foto di cavallucci tanto brindisini quanto tarantini sono state addirittura pubblicate su quotidiani nazionali come Repubblica ed Corriere della Sera e diffuse ampiamente su siti web.
Anche per questo sono rimasto particolarmente scosso quando, nei giorni scorsi, il giornalista d’inchiesta tarantino Luciano Manna, attraverso il suo sito ambientalista VeraLeaks, ha lanciato il grido di allarme, rendendo noto che, su commissione di trafficanti cinesi senza scrupoli, migliaia di cavallucci marini vengono catturati illegalmente da pescatori, o meglio, da criminali senza scrupoli che per pochi spiccioli riforniscono l’infinito mercato orientale dove gli ippocampi sono utilizzati per la produzione di un particolare liquore e lasciati a macerare nell’alcool, oppure vengono essiccati per essere venduti come macabri gadget o, addirittura, in alcuni casi ben documentati, diventano specie di giochi viventi, anche se per poco: immersi in un miscuglio di acqua e gel sopravvivono per qualche tempo in un piccolo contenitore trasparente dove non riescono nemmeno a muoversi ma solo a boccheggiare, fino a che la morte non li libera da questa atroce tortura.
E quella di Luciano Manna non è certo una denuncia basata sul nulla o sul sentito dire, dal momento che, come è sua abitudine, è riuscito a documentare anche fotograficamente e nei dettagli come, attraverso alcuni siti cinesi, sia possibile a chiunque ordinare via internet cavallucci marini essiccati di cui è garantita o quanto meno è pubblicizzata la provenienza dall’Italia con una bella freccia indicativa che punta diritta sulla Puglia, con tanto di foto che mostrano questi poveri animaletti in alcune scatole, come fossero confezioni regalo.
La filiera volta all’export cinese si avvale, secondo quanto riportato da VeraLeaks, di pescatori locali, che vendono il prodotto ad un intermediario il quale a sua volta lo invia ad una azienda cinese che provvede all’inscatolamento e infine alla spedizione in Oriente per la sua commercializzazione.
Non posso nascondere di aver provato un certo scrupolo, in quanto ho partecipato attivamente a fare conoscere l’esistenza del cavalluccio marino nostrano al grande pubblico e, come me, anche altri appassionati fotosub e, persino, persone di scienza che hanno dedicato anni della loro vita professionale con passione e dedizione, al suo studio, hanno provato un grande senso di smarrimento e di colpa, come se l’aver diffuso foto, studi ed informazioni relativamente ai cavallucci marini possa aver contribuito invece che a farlo conoscere, apprezzare, amare e tutelare, a farlo razziare da delinquenti senza scrupoli.
Certo è che la scienza, l’amore per la conoscenza e per la Natura non possono e non devono lasciarsi mortificare da pochi delinquenti, ignoranti e vigliacchi che depredano il mare e ritengo che fare conoscere a tutti le nostre bellezze naturali e l’importanza di preservarle, rimane il modo migliore per amare la natura e diffondere la cultura del rispetto e della legalità.
Fermo restando che è compito di tutti vigilare e collaborare con le forze dell’ordine, denunciando i razziatori del mare, resta compito precipuo della Magistratura e della Guardia Costiera stroncare questo traffico di oloturie e di cavallucci marini.
Da notizie assunte, la Capitaneria di Porto di Taranto è già al lavoro per identificare ed assicurare alla giustizia gli appartenenti alla frangia della marineria tarantina illegale, collegata alla malavita, che ha stretto questo becero accordo con i trafficanti cinesi per rifornire l’insaziabile mercato orientale.