Confindustria Brindisi tra veleni e addii: a guidarla ora c’è il gestore di una spiaggia

La “Lippolis Gabriele Menotti & co.” è una società che si occupa di organizzare eventi a Francavilla Fontana, dal servizio audio e luci alla realizzazione di pagine web. Capitale sociale, appena duemila euro. La “White Ostuni srl” è una azienda che gestisce il bar di un’omonima spiaggia che si trova a Quarto di Monte, contrada Monticelli. Capitale sociale, diecimila euro. La “Tito Schipa srl” è una società che gestisce l’omonimo cocktail bar situato in corso Vittorio Emanuele, nel centro di Ostuni. Capitale sociale, addirittura solo 500 euro. Gabriele Menotti Lippolis, 42 anni, socio accomandatario della ditta che organizza spettacoli a Francavilla e amministratore della spiaggia di Monticelli e del bar di Ostuni è stato nominato commissario di Confindustria Brindisi, «timoniere» nel momento più difficile della sua storia, dopo la improvvisa defenestrazione del presidente Patrick Marcucci, ma soprattutto quando alla crisi profonda che attanaglia l’imprenditoria brindisina si aggiungono due passaggi delicatissimi per il futuro industriale di questa città: la annunciata conversione da carbone a gas della centrale Enel “Federico II” e, negli ultimi giorni, il confronto serrato tra enti locali e gruppo Eni per la questione “Versalis”. Oltre al tracollo imprenditoriale di numerose aziende della provincia e alla desertificazione della zona industriale.
Il fatto che a rappresentare gli interessi dei grandi gruppi industriali in questa fase così complessa e delicata sia un quarantenne che nel suo bagaglio imprenditoriale ha solo la gestione “food and beverage” di un bar e di una spiaggia a Ostuni sembra aver fatto vacillare ulteriormente la credibilità di Confindustria Brindisi, un tempo considerata interlocutore imprescindibile nel dialogo – spesso serrato – tra aziende ed enti locali.
Uno dei primi a fare un passo indietro è stato l’imprenditore Massimo Ferrarese, presidente di Confindustria dal 2004 al 2009.
“In un momento così delicato sarebbe necessario riporre la più totale fiducia nell’associazione che rappresenta le nostre imprese. Io però, con la schiettezza che mi ha sempre caratterizzato, non rinnoverò l’iscrizione delle aziende che rappresento perché questa fiducia negli ultimi tempi l’ho smarrita completamente. L’auspicio è che in futuro Confindustria Brindisi possa tornare ad avere la sua autorevolezza e ad essere quell’indispensabile elemento catalizzatore di idee, progetti e competenze”, ha scritto Ferrarese sulla sua pagina Facebook per annunciare la sua fuoriuscita da Confindustria.
Anche se non lo nomina mai, è chiaro che i timori dell’ex presidente siano legati alle capacità dell’attuale dirigenza commissariale di gestire interessi di aziende con centinaia se non migliaia di dipendenti e capitale sociale a sette zeri.
Ma come ci è arrivato Lippolis al vertice (seppure nelle vesti di commissario) dell’associazione degli industriali brindisini? La sua repentina ascesa è stata inversamente proporzionale alla improvvisa destituzione di Patrick Marcucci, eletto a scrutinio segreto (come previsto dallo statuto confederale) l’11 dicembre 2018. Va subito chiarito che neanche Marcucci, 50 anni, nato a Roma e trasferitosi da tempo a Brindisi per questioni familiari, ha alle sue spalle una grandissima esperienza imprenditoriale: è amministratore unico della Novalink srl, una società di consulenza aziendale e amministrativa nata nel 1992 e con capitale sociale di 10 mila euro. Ma evidentemente nel momento in cui era stato eletto, la limitata esperienza imprenditoriale di Marcucci non aveva preoccupato chi a Confindustria lo aveva scelto come candidato ideale, e anzi proprio la sua inesperienza aveva paradossalmente forse giocato a suo favore.
Ma la sua avventura al timone di Confindustria si è interrotta all’improvviso e in maniera clamorosa: con una decisione che non aveva avuto alcun precedente in Italia, il presidente è stato destituito dai probiviri. Un siluramento-lampo, senza alcun segnale preparatorio, né dai soci né dall’assemblea, deciso da tre persone riunite in collegio che hanno deliberato l’estromissione di un presidente eletto in maniera democratica. Un provvedimento che non è stato assunto neanche a Milano (dove il presidente di Confindustria era indagato per finanziamento illecito) o a Bari (dove si ipotizzava la bancarotta fraudolenta). Lì i probiviri hanno atteso la giustizia.
In questo caso invece l’azione è stata drastica, ma mancano due aspetti essenziali: comprendere da chi essa è stata avviata e soprattutto quali sarebbero le responsabilità di Marcucci, talmente gravi, dal determinare un’azione così immediata e dura, anche nei modi con cui è stata resa nota.
Non si sa dunque quale sia la motivazione ufficiale, ma si intuisce quale potrebbe essere la causa dell’improvvisa crollo di gradimento nei confronti di Marcucci ai piani alti dell’associazione. Pochi giorni prima della sua destituzione egli aveva formalizzato una proposta per ridimensionare, pare del 20 per cento, le consulenze di almeno tre dirigenti che incidono notevolmente sulle casse associative e di fare ricorso al Fondi di integrazione salariale per sette dipendenti di Confindustria con l’obiettivo del contenimento dei costi nel periodo immediatamente successivo alla emergenza sanitaria indotta dal COVID 19. Ma quella sua proposta non è mai arrivata alla discussione della giunta perché nel frattempo Marcucci è stato rimandato a casa. “Le motivazioni che hanno condotto gli organi di Confindustria a destituirmi, a mio avviso, sono ingiuste ed ingiustificate ed oltre a suscitare nella mia persona una intensa amarezza mi motivano ad avviare una strenua difesa in tutte le sedi più opportune per tutelare la mia immagine e la mia stessa dignità̀ personale e, soprattutto, per fare emergere la verità”, ha scritto l’ex presidente dopo qualche giorno di silenzio.
La fase del “licenziamento” di Marcucci, con una serie di comunicati stampa che non hanno riservato – per usare un eufemismo – alcun trattamento di riguardo nei confronti del presidente, è stata gestita da colui il quale viene considerato da anni il vero plenipotenziario di Confindustria di Brindisi: il direttore Angelo Guarini. Andato in pensione da oltre un decennio, dopo aver svolto un ruolo chiave a partire dagli anni Ottanta, Guarini è rientrato nella stanza dei bottoni di Confindustria con contratto di consulenza e uno stipendio di circa 10mila euro al mese. E’ lui, va detto per inciso, uno dei tre dirigenti cui Marcucci voleva ridurre sensibilmente il compenso. Guarini, in una delle note inviate in quei giorni caldi alla stampa, ha scritto che “Marcucci è cessato dalla carica di presidente in seguito ad un provvedimento sanzionatorio del Collegio Speciale dei Probiviri dell’Associazione, che ha deliberato la decadenza immediata del presidente dalla carica, con l’effetto della conseguente ineleggibilità ad altre cariche del Sistema”. Quest’ultimo passaggio, in particolare, è sembrato ai più molto duro e in qualche maniera avrebbe cristallizzato il ruolo determinante che Guarini ha voluto – anche pubblicamente assumersi – nella destituzione di Marcucci.
E che Guarini continui ad avere un ruolo centrale, da vero deus ex machina, è emerso anche nei giorni successivi quando ha ufficializzato l’avvenuta nomina di Lippolis quale commissario incaricato di gestire il momento più delicato della storia della Confindustria locale, e contestualmente sparando un’altra bordata a Marcucci: “L’organo di controllo ha accertato la presenza di situazioni eccezionali che avrebbero reso non adeguata ogni diversa misura organizzativa a presidio di quanto prescritto dall’Ordinamento istituzionale in tema di legittimo funzionamento degli organi”. Ma ancora una volta senza comunicare ai cittadini, e soprattutto agli imprenditori associati, cosa avrebbe fatto di così grave il presidente per meritare un simile trattamento.
Annunciando la scelta del giovane Lippolis, Guarini ha anche voluto in qualche maniera dimostrare che l’inesperienza “food and beverage” del giovane imprenditore sarebbe stata compensata facendolo affiancare da un imprenditore invece esperto e per altro per ben nove anni presidente di Confindustria Brindisi, il carovignese Giuseppe Marinò cui è stata riconosciuta d’emblée la funzione di delegato del collegio speciale. Con Marinò del resto Guarini aveva avuto ottimi rapporti per gli otto anni di presidenza più quello suppletivo. Peccato però che nel frattempo la situazione di Marinò non sia più la stessa di un tempo: all’epoca era amministratore unico della Leucci Costruzioni, un’azienda metalmeccanica che è però stata dichiarata fallita nel mese di novembre dello scorso anno con il conseguente licenziamento di tutti i dipendenti.
In questo scenario ingarbugliato della sua classe imprenditoriale, Brindisi si prepara ad affrontare uno dei passaggi più delicati della sua storia industriale. Carbone o gas, benzene o torce. Posti di lavoro e ambiente in gioco, per i prossimi decenni. E nel frattempo nelle stanze segrete (ma ormai non troppo) di Confindustria si cerca di individuare il nome del successore di Marcucci. Mentre, viste le premesse c’è il rischio di una clamorosa fuga dei big dall’associazione.