Contrabbando su nave Caprera: il caso finisce sul New York Times

Questa nave ha fermato i migranti, ma ha contrabbandato sigarette”: è il titolo con cui il New York Times, uno dei più prestigiosi quotidiani al mondo, apre la sezione internazionale del giornale il 29 settembre 2020. La nave in questione e la Caprera, della Marina militare italia. L’operazione di polizia internazionale è quella del Nucleo di polizia economico-finanziaria della guardia di Finanza di Brindisi che nel luglio 2018 sequestrò a bordo della nave classe “Gorgona” della nostra Marina 700 chili di sigarette di contrabbando, oltre a farmaci contro la disfunzione erettile importati illecitamente. Le sigarette e i medicinali sono stati acquistati dai militari italiani utilizzando i fondi a disposizione della nave ormeggiata nel porto di Tripoli per intercettare alla partenza i barconi di migranti.
Il caso viene esaminato politicamente dal New York Times che da un lato sottolinea l’estrema gravità dell’accaduto relativamente al contrabbando di sigarette compiuto su una nave da guerra, ma dall’altro evidenzia come parte dell’equipaggio avrebbe violato diverse volte l’embargo – così come riconosciuto nel 2019 dalle Nazioni Unite – fornendo riparazioni a una nave da guerra libica. I documenti – secondo il NY Times – dimostrerebbero che i marinai della Caprera avrebbero violato l’embargo in almeno altre tre occasioni.
I documenti dimostrerebbero anche che in alcuni casi la Guardia costiera italiana sarebbe stata avvisata in ritardo della presenza di migranti nel sud del Mediterraneo per dare il tempo ai militari libici di intercettarli e riportarli in una Libia martoriata dalla guerra civile. Durante un’operazione, in cui sono morti diversi migranti, la Guardia costiera italiana avrebbe ritirato le sue navi dalla zona per dare la possibilità alla Guardia costiera di Tripoli di operare.
C’è poi l’aspetto, devastante per l’immagine della nostra Marina, del contrabbando di sigarette: “Mi sentivo come se Dante stesse scendendo nel’inferno. Ho visto molti trafficanti di sigarette, ma 70 cartoni su una nave militare? Non ho mai l’ho visto in tutta la mia vita”, ha dichiarato al quotidiano americano il tenente colonnello Gabriele Gargano, comandante del Nucleo di polizia economico finanziaria di Brindisi e a capo del blitz che portò al sequestro delle sigarette e delle successive indagini che si sono concretizzate anche in cinque arresti.
“Questa vicenda potrebbe essere molto più grande e potrebbe coinvolgere più navi”, ha aggiunto Gargano, che sta indagando sull’equipaggio a bordo di almeno un’altra nave”.
La Marina militare italiana contattata dai giornalisti del New York Times, si sarebbe rifiutata di commentare, così come l’imprendibile Hamza Bin Abulad, militare di riferimento per l’acquisto di sigarette di contrabbando ma anche per le presunte operazioni di violazioni dell’embargo che è stato colpito a sua volta da ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip presso il Tribunale di Brindisi. Abulad non solo non è mai stato consegnato alla giustizia italiana ma è stato promosso capo ingegnere della Guardia costiera libica.
Nell’articolo del NY Times si fa anche riferimento, proprio in apertura, agli elogi pubblicamente espressi dall’allora ministro dell’Interno italiano, Matteo Salvini (definito “nazionalista antimigranti”) all’equipaggio di nave Caprera che aveva intercettato più di 80 barconi al largo della Libia. Salvini aveva lodato la nave “per difendere la nostra sicurezza, con onore”.
Al centro dell’inchiesta il tenente di vascello Marco Corbisiero, torinese di nascita ma tarantino d’adozione, colui il quale – inviato a Tripoli per le sue capacità tecniche con il nobile obiettivo di supportare i libici nell’allestimento di una flotta in grado di interrompere le partenze di clandestini – avrebbe creato una fitta rete illegale finalizzata al proprio arricchimento personale, utilizzando impropriamente la cassa della nave Caprera (ossia il denaro dello Stato italiano destinato alla missione) per i propri affari.
Un arricchimento talmente ostentato che durante la festa di fine missione sulla Caprera, celebrata sulla nave con tanto di foto, a Corbisiero viene donata dai commilitoni (Castiglione in particolare) una torta con la scritta “Corby 100” in cui il numero, secondo la Procura di Brindisi, indicherebbe in migliaia di euro la somma guadagnata dall’ufficiale a Tripoli, solo 33mila dei quali di indennità erogate dalla Marina militare e il resto provento dei suoi «traffici».
Corbisiero è l’unico arrestato che nel maggio scorso venne rinchiuso in carcere. Agli arresti domiciliari finirono Roberto Castiglione di Taranto, Antonio Filogamo di Villaricca (Napoli) e Antonio Mosca di Mesagne. Tutti militari della Marina in missione sulla Caprera. Indagati a piede libero altri due ufficiali: il fasanese Nicola Petrelli e il tarantino Francesco Castano.
Durissime le conclusioni del gip di Brindisi Vittorio Testi nell’ordinanza di custodia cautelare in carcere per il tenente di vascello: “Non ha esitato ad approfittare di una nobile missione internazionale, deputata a limitate il traffico di essere umani dalla Libia verso l’Italia, missione affidata alla Marina militare italiana, tra le più prestigiose e vitali dello Stato, che in virtù della sua condotta è stata sottoposta a un enorme danno dell’immagine, danno che in parte già si è concretizzato, sia all’interno dell’amministrazione che all’esterno di essa, nel momento in cui è divenuto di pubblico dominio il sequestro di sigarette di contrabbando. Corbisiero ha approfittato di quella missione perché si è appropriato del denaro dei contribuenti italiani, denaro che era stato destinato a potenziare l’intervento della Guardia costiera libica contro il turpe traffico di minori, donne, anziani, e di quell’umanità disperata che, quotidianamente e da lungo tempo, identifica quel tratto di mare compreso tra la Libia e l’Italia come l’unica via per dare voce alla speranza”.