Dagli avi veneti emigrati a Brindisi alla passione per la radio: ritratto di Dario Bresolin

Nella mattinata di lunedì 17 giugno è deceduto Dario Bresolin, storica voce di Ciccio Riccio, speaker della rete “Dario Bresolin Comunicazione”, protagonista di centinaia di spot radiofonici a livello internazionale, come lo splendido racconto de “Il Piccolo Principe” narrato dalla sua voce, e autore del libro “Sangue brindisino”, ma non solo. Dario è stato amato per molto altro dai suoi amici brindisini, oltre che per il suo divino timbro di voce che ha deliziato migliaia di ascoltatori della radio per 40 anni, anche per la sua purezza e semplicità. Da anni aiutava le persone più bisognose, in particolare i “suoi ragazzi” fratelli di colore, rifiutando per altro ogni tipo di merito che doverosamente gli veniva attribuito.
E questo essere di Dario, cinico e generoso al tempo stesso, lo ha accompagnato sino all’ultimo istante della sua vita. Lunedì mattina si è recato in autobus all’Ospedale Perrino, in modo che nessuno potesse preoccuparsi delle sue condizioni che lentamente degeneravano. Si è spento proprio in reparto, poco tempo dopo aver inviato un selfie del suo arrivo in ospedale a un suo caro amico, come testimonianza, per un’ultima volta, che lui ce la faceva anche da solo, in tutto e per tutto. La sua morte ha generato incredulità in tutti coloro che ci avevano scambiato qualche chiacchiera anche solo per qualche istante: era una vera icona nel Centro di Brindisi, amava star seduto sulla sua panchina di piazza Cairoli, dalla quale osservava i passanti che molto spesso venivano sorpresi da una sua improvvisa battuta, l’aveva sempre pronta (e mai banale). Lì Dario era sempre a suo agio, con tutti, era diventata la sua seconda casa, o forse la prima, aveva realizzato il sogno di trovare una “big family”, come ha definito le sue numerose amicizie di Facebook in una intervista del 2012 per lo studio di “C9WebTV”.
Lui, che la famiglia la aveva molto lontana, viste le sue radici venete, qui ne aveva trovata una più numerosa. Infatti la chiesa San Vito, martedì pomeriggio, in occasione del suo funerale, era stracolma di persone che non si sarebbero perse per nulla al mondo l’ultimo saluto a Dario, tra cui anche numerosi ragazzi di colore, per i quali soprattutto negli ultimi anni ha combattuto numerose battaglie in difesa dei loro diritti, e nessuno di loro è riuscito a trattenere le lacrime. A Brindisi aveva la sua mamma, Claudia, donna anziana che sta affrontando un dolore tremendo, e un fratello che vive in Veneto, il quale nel giro di poche ore è dovuto catapultarsi a Brindisi.
Dario si trovava a Brindisi grazie a un suo antenato di nome Angelo Feltrin, di origine veneta, regione che nel secondo dopoguerra era una delle più povere e per questo segnata dall’emigrazione verso le Americhe. Feltrin era stato a Brindisi durante la Seconda Guerra mondiale, e nel ’46 decise di tornarci per aprire un’officina in via Appia: aveva un marchingegno per vulcanizzare le gomme, quando nel Sud Italia c’erano soltanto i carretti. Angelo Feltrin era trevigiano, sposato con Amalia Bresolin, e nel ’47 porta con sé a Brindisi il fratello minore di sua moglie, Rino, il futuro papà di Dario, impiegato anche lui nella riparazione delle gomme nell’officina. Da lì resteranno per sempre a Brindisi, dove Dario nasce nel 1959 dal matrimonio del padre Rino, emigrato dal Veneto in Puglia, e sua madre Claudia. Martedì, durante il suo funerale, è stata letta un’orazione che lui dedicò al padre quando morì: ammetteva che quando porgeva una mano verso un ragazzo di colore emigrato era come se la stesse portando verso il suo papà. Dario ha sempre sostenuto che siamo tutti figli di immigrati, e ha raccontato questo senso di solitudine che talvolta colpiva il padre quando ripensava alla sua città natale, andava nei bar dove prendeva due caffè, uno per lui e l’altro offerto a una persona nella speranza che, prima o poi, stesse con lui. Sembra la trama di un film la vita di Dario Bresolin: nato da una famiglia di emigrati trascorre l’ultimo decennio della sua vita sostenendo tutti i centri di accoglienza, e mettendo anima e corpo per difendere i suoi fratelli di colore da facili pregiudizi. E lui si sentiva come loro, cambiava solo il Paese di provenienza.
Due suoi grandi amici e compagni di viaggio durante i suoi anni a Ciccio Riccio sono Mino Molfetta, editore e voce storica della radio brindisina, e Sandro Toffi, oggi direttore di Radio Manbassa. Tra loro è nata un’amicizia fraterna durata quasi mezzo secolo, e non a caso è Mino a dedicargli una commovente orazione durante la messa: “In una società in cui il merito si traducesse in denaro, Dario sarebbe diventato ricchissimo. Lui era geniale su moltissimi fronti che riguardano il mondo e la comunicazione; molto meno bravo, e neanche troppo interessato, a diventare ricco. Insieme abbiamo condiviso in oltre 40 anni di amicizia e collaborazione tanti momenti di vita alcuni lieti e altri tristi. Lui ha presenziato immancabile ai nostri matrimoni, alle nascite dei nostri figli, li ha visti crescere e per alcuni di loro era semplicemente zio Dario. Avrebbe potuto vantare crediti di riconoscenza e di stima che gli avrebbero permesso di vivere e lavorare agiatamente, ma non ha mai chiesto nulla a nessuno per sé, cosa che non risparmiava di fare per conto di coloro che avesse a cuore, soprattutto i più deboli e sfortunati. Sempre ribelle, mai accettando compromessi, se ne va lasciando un vuoto rumoroso con un ultimo gesto di ribellione tra l’affetto e la stima di tanti in una città che forse adesso, come succede con i migliori che in vita restano umili, gli riconoscerà il meritato tributo”.
Mino Molfetta, ancora fortemente emozionato dopo il saluto a Dario, continua a ricordare il suo grande amico: “Ci siamo conosciuti ai tempi della radio TRT, negli anni ’70, da lì è iniziata una bella collaborazione, che in fretta è diventata una grande amicizia” – racconta Mino – “eravamo compagni di tante notti passate a chiacchierare e a sognare un bel futuro del mondo della radio, scambiandoci opinioni su come tale strumento sarebbe potuto crescere e diventare uno strumento di grande importanza sociale, come lo è oggi. Passavamo intere serate nella sua auto ascoltando musica accompagnata da bottiglie di birra, a quei tempi non esistevano i pub e per molto tempo, sino agli anni ’80, ci siamo arrangiati in questo modo, divertendoci ugualmente.
“Negli ultimi anni Dario si innamorava e disinnamorava facilmente di molte iniziative, per cui l’ultima collaborazione con Ciccio Riccio risale a un anno fa circa, con un ciclo di trasmissioni del mattino. Ma poi purtroppo ha avuto le prime difficoltà ad alzarsi al mattino presto, sono iniziati i primi problemi di salute, ha trascurato un po’ il suo corpo negli ultimi anni e adesso manca a tutti noi. E’ stato parte della nostra vita in tutto: ha visto nascere e crescere i nostri figli, partecipato a battesimi, cresime, funerali, pranzi di fine anno, era un familiare, non un semplice amico; quando ci si trovava in una qualunque occasione a invitare amici e parenti lui non poteva mancare e non è mai mancato. Si è potuto notare che martedì è stato in grado di far entrare in chiesa persone di diverse etnie e religioni, probabilmente non sarebbero mai entrati in una chiesa cattolica considerate le loro credenze, ma per Dario lo hanno fatto. Amava lasciarsi andare quando si trattava di stare tutti insieme, e si dava delle arie, in maniera ironica, in particolare quando era in compagnia degli amici più intimi.
“Nel lavoro era una persona di grande professionalità, cercava sempre la perfezione tecnica, era un tuttologo, quando si occupava di qualcosa doveva essere sempre perfettamente informato perché quando interveniva non lo voleva fare per il semplice gusto di aprir bocca. Nei progetti di comunicazione, laddove veniva incaricato, rispondeva con la ragione di causa, non parlava per dare fiato alle trombe. Avrebbe potuto ambire a livello nazionale nel suo lavoro, laddove si fosse anche solo spostato, ma anche a Brindisi stessa se avesse avuto un carattere meno forte sarebbe stato protagonista di una carriera ad alti livelli. Ma noi gli volevamo bene così, se lo conosci non può essere che così, da lontano poteva apparire antipatico; ma io eccome se l’ho conosciuto: sapevo che si doveva prendere i suoi periodi di pausa per ricaricarsi e poi tornare a fare ciò che amava”.
L’altra testimonianza è dell’altro amico fraterno di Dario, Sandro Toffi, oggi direttore di Radio Manbassa, ma che ha sempre nel cuore gli amici di Ciccio Riccio: “Ci siamo conosciuti nel 1983, quando è nato Ciccio Riccio” – ricorda Sandro – “lui era già un veterano della radiofonia, aveva fatto parte delle radio più importanti di Brindisi dell’epoca, come Trbc, Radio Video Brindisi, Canale 94. Lui è la voce per antonomasia, noi tutti possiamo dire di essere bravi speaker, ma al tempo stesso abbiamo sempre riconosciuto la sua superiorità a livello di timbrica, proprietà di linguaggio, intonazione, è stato un maestro di radiofonia e di come si usa la voce. Sarebbe riduttivo considerarla semplicemente una voce radiofonica, ha dato l’anima ogni qualvolta doveva utilizzarla, per documentari di tutti i generi, dall’industriale alla moda. La sua timbrica era perfetta.
“Non a caso l’anagramma di Dario è radio, lui si è sempre vantato di questo. Non è un semplice caso, la sua è stata un’arte, pochi in Italia hanno usato la propria voce in quel modo, oltre alla dote naturale quanto lui ha fatto è segno di una grande e rara intelligenza. Siamo sempre stati legatissimi, dopo tanti anni a Ciccio Riccio insieme mi ha seguito a Radio Manbassa a Lecce. D’altra parte lui ha un carattere particolare, non è mai stato soddisfatto a pieno e non ha mai portato del tutto a termine una sua attività, tant’è che oggi non saprei rispondere se qualcuno mi chiedesse di che cosa si stesse occupando nell’ultimo periodo. Voleva sempre di più, dunque aveva un’insoddisfazione profonda, per questo ha interrotto ogni percorso iniziato, continuando però sempre a collaborare sia con me che con Ciccio Riccio per l’amicizia che ci legava.
“Ha avuto un carattere sempre tosto, non è mai sceso a compromessi di alcun tipo, non ci sono soldi che tengano per fargli cambiare idea se la pensava in un modo ben preciso. Dignità e orgoglio con la d e la o maiuscole. Lo definisco come un genio incompreso per questo motivo, per il suo carattere la gente non ha avuto la voglia e la pazienza di dargli possibilità di esprimere le sue qualità professionali e artistiche; incompreso perché una radio importante avrebbe potuto puntare seriamente su di lui, anche a livello nazionale, e nonostante ciò è rimasto genio, ma non ha mai fatto quel salto che meritava la sua genialità. Non siamo riusciti a instradarlo e farlo esprimere al massimo delle sue grandi potenzialità; magari si può fare una questione anche sui casi della vita, magari in un certo momento della vita poteva conoscere la persona giusta e oggi parleremmo di un personaggio famosissimo in Italia, probabilmente non ha avuto l’occasione giusta per arrivare ai livelli che gli spettavano.
«Al di fuori di questo carattere era una persona meravigliosa, generosa, pungente, ironica, intelligentissima, aveva la battuta originale sempre pronta neanche facile da capire, era un personaggio unico. Combatteva il razzismo, era ben visto da tutti i ragazzi africani che vivono a Brindisi e che gli vogliono un gran bene, i quali al funerale hanno portato la bara come segno di riconoscenza, si è sempre dedicato a farli sentire come noi, cosa rarissima in Italia”.
Il silenzio che ha lasciato Dario è un silenzio assordante, in questi giorni tutti si aspettavano da un momento all’altro di riascoltare la sua voce deliziosa, anche solo per un altro istante. Anche questa volta è riuscito a stupire un’intera città e lasciarla senza parole, era abituato così, alle sue battute era quasi impossibile trovare una risposta, e l’ultima parola era sempre la sua. Ma questa volta, non ce ne voglia, non riesce a prenderci in giro, lui è sempre sulla sua panchina, non potrebbe mai abbandonarla, e si starà facendo anche una bella risata per il suo ultimo scherzo, riflettendo su come sia impossibile liberarsi di un personaggio come lui.
“Dio è uno solo, ma ha tanti nomi. Ho molti amici che appartengono a diverse religioni dal musulmano al buddista al presbiteriano, oltre che cristiana, che è peraltro la mia, ma in realtà Dio cambia nome solo a seconda del territorio in cui ci si trova”. Esordì così Dario nell’intervista nello studio di C9WebTV, e alla fine anche questo suo pensiero ha vinto: nel giorno del suo ultimo saluto la sua “big family” si è riunita nella stessa chiesa, nonostante le diverse credenze. Con Dario mai nulla è stato impossibile.