
L’indagine è partita dal rinvenimento di piccole tracce di droga all’interno di un’officina meccanica di Torchiarolo e ha avuto il suo momento decisivo con il sequestro di un gommone nei cui tubolari erano stati nascosti 250 chili di marijuana prodotti in Albania e destinati al mercato salentino: nove mesi durante i quali i carabinieri hanno individuato, uno per uno, i componenti di una banda, tutta brindisina e leccese, che non solo si occupava del trasporto della droga da una sponda all’altra dell’Adriatico ma che ne gestiva poi lo stoccaggio e la cessione ai rifornitori dei pusher.
Sei persone sono state tratte in arresto questa mattina all’alba tra Tuturano, Torchiarolo e Galatone in un blitz condotto dai carabinieri della compagnia di Brindisi ed effettuato con il supporto dei militari del comando provinciale, dei militari del nucleo cinofili di Modugno e di quelli del nuovo squadrone Cacciatori del Gargano. Il tutto con il supporto di un elicottero dell’Arma, alzatosi in volo quando era ancora notte da Bari.
In carcere sono finiti Giuseppe Ferrero, 38 anni, Cesare Iaia, di 43, Cosimo Laporta, 32 anni, Maurizio Lasalvia, 33, Pierpaolo Maiorano, 26 e Mattia Pano, vent’anni. Sono tutti accusati di detenzione e spaccio di sostanza stupefacente con l’aggravante di averne commercializzato ingenti quantità.
Le ordinanze di custodia cautelare sono state emesse dal gip del Tribunale di Brindisi su richiesta del pm Luca Miceli.
Nel corso delle indagini sono stati sequestrati oltre 250 chili di marijuana e mezzo chilo di cocaina.
Il gruppo di trafficanti è stato il primo in Italia a utilizzare i tubolari dei gommoni come doppiofondo per il trasporto della marijuana. La droga veniva inserita nella camera d’aria, all’interno della quale erano poi collocati alcuni diffusori di flagranze al gelsomino. L’obiettivo era, una volta che il natante fosse giunto a terra e collocato su un carrello per essere trainato verso la destinazione finale, di confondere eventuali controlli effettuati lungo la strada da parte delle forze dell’ordine con l’ausilio dei cani antidroga.
Nel corso delle indagini, i carabinieri – mentre pedinavano e intercettavano le conversazioni di alcuni indagati – hanno impedito con alcuni escamotage l’effettuazione di spedizioni punitive ai danni di alcuni acquirenti di droga che non avevano adempiuto ai pagamenti, vittime a loro volta di minacce e ritorsioni, anche di una certa gravità.
I trafficanti utilizzavano solo telefoni cellulari intestati a prestanome con i quali si scambiavano informazioni e ordini per organizzare le forniture. Adottando, ovviamente, un linguaggio in codice. Un chilo di droga veniva ad esempio indicato come un pollo da un chilo, mentre per la marijuana si parlava di motori.
Decisivo il lavoro svolto dai carabinieri della stazione di Torchiarolo: l’ inchiesta ha infatti avuto avvio nel dicembre dello scorso dopo il ritrovamento di una piccola quantità di droga nella scrivania dell’officina di uno degli indagati. Da qui le indagini a ritroso per scoprire in che modo la droga fosse arrivata e la successiva scoperta dell’esistenza di una rete, tutta salentina, che che era riuscita a inserirsi nel prolifico traffico di marijuana tra l’Albania e l’Italia, sulle rotte che un tempo venivano coperte dai contrabbandieri di sigarette.