Quattrocentottanquattro euro è il compenso totale ricevuto solo qualche giorno fa da Elisa, mantovana di origine ma cegliese d’adozione, per i suoi primi (ed ultimi) 24 giorni di lavoro come cameriera stagionale in un ristorante messapico.
Ventidue euro circa al giorno che diviso per le 7 ore previste ( ma anche 9 nei fine settimana ), fa poco più di 2 euro all’ora. Tutto “a nero”, senza nessun contratto.
Elisa si è trasferita in Puglia a 14 anni per frequentare il Liceo quadriennale di Brindisi dove si è diplomata l’anno scorso.
In tutti questi mesi ha vissuto a Ceglie, ospite da amici cegliesi, città dove torna spesso per le vacanze estive e invernali perché ha creato un legame forte con i suoi amici cegliesi e con la famiglia che l’ha ospitata.
Ma soprattutto perché considera Ceglie come la sua prima casa e dove riesce a stare davvero bene, sia per l’ambiente ma anche per la bontà e l’empatia delle persone che ha incontrato.
“Questa estate sono scesa cercando di unire l’utile con il dilettevole ed ho cercato lavoro a Ceglie – racconta Elisa, studentessa presso l’Università di Parma. Era la prima volta che mi cimentavo in questa esperienza. Volevo mettere da parte dei soldi, seppur relativamente, ma che mi avrebbero consentito di coprire piccole spese o sfizi senza gravare, ulteriormente, sulla Famiglia che sostiene, già, i miei studi universitari. Così, attraverso un amico, ho saputo che questo ristorante cercava una cameriera e così a metà giugno mi sono presentata da loro. Ho parlato con uno dei titolari che, specifico, non sono di Ceglie, il quale, però, fin dall’inizio, non ha mai menzionato le parole “contratto” e “soldi”. Sinceramente, essendo alla prima esperienza, mi sono fidata. Per giunta, avevo ricevuto offerte di lavoro anche da altri locali ma ho rifiutato perché avevo già preso l’impegno con loro. E tutto questo per sentirmi dire, alla fine di tutto, che lui non aveva bisogno di me ma mi teneva lì per farmi un favore.”
Fin dal primo giorno di lavoro, il 20 giugno, Elisa si è presentata alle ore 18 per concludere intorno alla mezzanotte ma anche alle 2.
Dalle 18 fino all’apertura della ristorante, alle 19, portava fuori i tavoli e le sedie, apparecchiava sia in sala che fuori, puliva per terra, lavava i bagni, riordinava bicchieri e svuotava gli scatoloni delle birre e di bevande varie per sistemarle nel frigo.
“I primi giorni – continua Elisa – insieme al lavapiatti, abbiamo riordinato una specie di magazzino dove c’erano ancora le vecchie cose della precedente gestione, tra muffa, ragnatele e sporcizia varia. Essendo stata ‘assunta’ come cameriera, dovevo occuparmi delle comande, inserirle sul computer e portare i vari piatti ai clienti, dalla cucina, situata al piano inferiore, ai tavoli che erano fuori oppure in sala. Tutto questo mentre il proprietario mi urlava in faccia dicendomi che stavo facendo delle cazzate perché, ad esempio, avevo servito prima l’uomo della donna. Una volta gli ho risposto di spiegarmi dove stavo sbagliando in modo da migliorarmi e lui mi ha detto, sempre sbraitando, che dovevo stare zitta. Almeno un paio di volte, su loro richiesta, mi sono presentata in orario extra per aiutare a fare i dolci e rimanevo per almeno tre ore, gratuitamente. Inoltre gestivo le pagine social (Facebook ed Instagram) spendendo altro tempo per creare post, fare foto e creare una grafica generale. Anche questo gratuitamente. Più volte, in quelle settimane ho chiesto della mia retribuzione o del contratto ma mi sono sentita rispondere che il commercialista stava provvedendo. Il 23 luglio sono andata via perché dovevo ritornare a Parma e i proprietari sapevano, fin dall’inizio, che non potevo coprire il mese di agosto. Non ho visto soldi, né contratto. Ho chiamato decine di volte il proprietario senza avere risposta fino a quando, intorno al 10 agosto ha risposto chiedendomi l’Iban e aggiungendo che non poteva darmi oltre le 20 euro al giorno perché stavo sempre seduta a non fare niente, che mi teneva lì per farmi un favore ma, soprattutto, mi ha accusata di aver sottratto soldi dalla cassa. Oltre al danno, la beffa. Un’esperienza da dimenticare. I soldi, per correttezza d’informazione, sono arrivati il 20 agosto”.
Se da un lato, quindi, secondo i dati della ricerca di Unioncamere, ci sarebbero migliaia di posti vacanti nel settore della ristorazione ed, in particolare, la categoria dei “camerieri”verrebbe descritta come “fannullona”, dall’altro lato ci si scontra, come nel caso di Elisa, con un’esperienza dove le condizioni di lavoro ed economiche non raggiungono il limite della legalità ma ci sono la voglia di lavorare ed imparare.
“Ciò che più mi ha fatto male di questa esperienza – conclude Elisa – è l’aver dato fiducia a persone che non riescono a vedere niente oltre che al proprio interesse personale. L’essermi fidata di adulti che reputavo, fondamentalmente, buoni e capaci di voler bene. Invece ho dovuto realizzare che il mio datore di lavoro ed il suo amico cameriere, sono persone davvero infelici e misere che cercano nei soldi ciò che non sono in grado di costruire nelle relazioni umane. E’ stato davvero umiliante lavorare in questo ristorante, sentirmi dire che stavo seduta a non fare niente quando, invece, tornavo a casa con i crampi ai piedi ed il mal di testa. Dover subire la rabbia di adulti frustrati, essere stata sfruttata ed annullata come persona. In più l’essere stata accusata di aver rubato dalla cassa solo per non pagarmi le ore di lavoro mi fa capire la povertà morale che inonda il mio datore di lavoro. Ho sacrificato le mie vacanze estive, la mia dignità ed il mio tempo. Spero solo che queste persone abbiano un minimo di consapevolezza per poter capire che vivere in questo modo subdolo e falso non farà altro che allontanarli ancora di più dalla possibilità di costruire relazioni sane e circondarsi di vera felicità, che non ha niente da spartire con il Dio Denaro. La prima esperienza lavorativa, come anche le successive, a mio parere, dovrebbe essere una scoperta di valore e quindi qualcosa di costruttivo. Ogni datore di lavoro dovrebbe assumersi la responsabilità di creare un ambiente sereno, eticamente corretto, in grado di farti crescere come persona e come professionista. Raramente è così. Ma finché facciamo passare per normalità lo sfruttamento giovanile, le cose non cambieranno. Vorrei sottolineare, infine, che lo sfruttamento non è avvenuto perché siamo al Sud, cadendo nei soliti cliché, ma perché esistono persone non oneste, ovunque. A prescindere dal luogo geografico.”