Ennio Masiello, un’intervista senza tempo di Maria Rita Greco

Per ricordare Ennio Masiello abbiamo scelto di proporre ai nostri lettori una splendida intervista di Maria Rita Greco pubblicata su Senzacolonne il 26 settembre 2004. Nonostante i 14 anni essa è straordinariamente attuale e descrive come poche, in tutte le sue sfaccettature, chi fosse davvero l’ex sindaco scomparso il 2 ottobre.

Ennio Masiello, stimatissimo avvocato, esercita la professione da 47 anni. Sindaco di Brindisi dal dicembre 1987 a dicembre 1988. Senatore della Repubblica italiana dal 1992 al 1994. Ho avuto modo di osservarlo spesso a distanza, e ogni volta ho avuto la sensazione di guardare un uomo insolito, poco banale, che vive fuori dalle righe. Mi ha ricevuta nel suo studio. Tra me e lui una nuvola di fumo di sigarette che, comunque, non mi ha impedito di intravedere lo spessore della sua personalità.
Con lei non posso che iniziare dalla politica. Qual è oggi il significato che si dà ad essa?
“Un tempo l’approdo alla politica rappresentava una forma di riconoscimento pubblico a una vita vissuta all’insegna dei valori e di una morale. L’entrata in politica di un uomo era il premio a una vita integerrima che consentiva di mettere in pratica i valori in cui si credeva. L’uomo rendeva prestigiosa la politica, oggi è la politica che rende prestigioso l’uomo.
Vuole spiegarmi meglio?
“La riforma della legge elettorale purtroppo sta facendo emergere sul nostro territorio delle nullità sociali che diventano qualcuno grazie al potere conferito loro dalla politica. Naturalmente ci sono le debite eccezioni. Il nostro nuovo sindaco Mennitti è una persona che stimo moltissimo. Lui è uno che sta facendo politica vera”. E’ encomiabile la coerenza che manifesta quando, nel distribuire gli assessorati, dice no agli uomini che hanno fatto parte della giunta Antonino. Questo è fare politica. Molti hanno solo tentato di trarne vantaggi personali rendendola inutile, sporca”.
Gli studi di psicologia politica sostengono che uno dei modelli del comportamento politico è quello del rapporto amico-nemico, in cui si tende a difendere gli amici e a combattere i nemici.
“È un modello che non mi convince. La connotazione amico-nemico deve essere data secondo principi oggettivi, secondo lo spirito della collettività. Un sindaco deve essere il sindaco di tutti, non può fare solo l’interesse dei suoi elettori. Se gli amici, in questo caso, sono i propri lettori il rischio è che il voto diventi voto di scambio e che l’interesse della collettività sia rappresentato dagli interessi degli amici lettori”.
Cosa succede allora se la politica viene così interpretata?
“Succede quello che è successo a Brindisi. Sono stati sostenuti gli amici e invece di fare politica si sono fatti affari. Mi piace ricordare a tale proposito una frase di Kennedy che spesso citavo quando ero sindaco: “Non pensate a quello che l’America può fare per voi ma a quello che voi potete fare per l’America”. Mi sembra che contenga un’impostazione mentale completamente diversa da quella che hanno avuto gli uomini che hanno governato la città con Antonino”.
Quale ritiene sia il compito dei governanti?
“Il compito primario deve essere la tutela dell’ambiente e della salute dei cittadini. La mia cultura di sinistra, mi definisco liberale di sinistra, mi porta a condividere quei due principi insieme a quelli della moralità nella vita pubblica, l’attenzione per i più deboli e la solidarietà”.
Lei si definisce un uomo di sinistra?
“Se la sinistra disattende questi valori allora prendo le distanze anche dai partiti di sinistra. Posso farlo perché sono svincolato da discipline di partito. Forse questo non è produttivo politicamente ma mi consente di essere libero e rimanere fedele a me stesso”.
Qualcuno dice che lei è un anarchico.
“No, non sono un anarchico perché non sovverto le regole. Io le regole le rispetto, obbedendo però anche alla mia coscienza. Sono libero perché nella vita ho sempre scelto di seguire la mia coscienza e non un partito”.
E’ questo che le consente di riconoscere pubblicamente le doti politiche del sindaco Mennitti?
“Sì, anche questo che mi consente di dichiarare pubblicamente che invece il presidente della Provincia, notaio Enrico,  mi lascia qualche perplessità. Non ho fiducia nella sua costanza, a volte parla troppo e poi è costretto a rimangiarsi le decisioni. Non lo sento un uomo di centrosinistra. In una biografia immaginaria su di lui scrissi che era nato a Nazareth e che se mangiando una fritta ci sporcavamo di olio i nostri genitori ci sgridavano. I suoi gli dicevano che era l’unto del Signore. Ecco, il notaio Errico lo vedo così”.
Non è difficile sorridere alle sue battute.
Lei è considerato un uomo di grande umorismo. In Tribunale, nei momenti di pausa, sono attese le sue barzellette.
Le barzellette servono a esorcizzare le miserie umane. Si ride per non piangere. Gliene racconto una. Due anziani conosciutisi in una casa di riposo decidono di sposarsi. Scelto il giorno, lui chiede a lei di seguirlo. Così Cosimina viene portata da ’Ntunucciu in farmacia. Rivoltosi alla farmacista chiede una borsa per l’acqua calda, una per il ghiaccio, un termometro, un clistere, un apparecchio per la pressione. Cosimina, guardandolo, gli chiede: ma ce sta’ faci, ’Ntunu?. E lui: la lista nozze. Lei capisce quale poter esorcizzante ha questa barzelletta per me che ho 75 anni? Oltre a essere ironico, riesco essere autoironico. Puoi scherzare su gli altri ma devi essere prima capace di scherzare su di te, altrimenti appari cattivo”.
Hanno un valore sociale l’ironia e la satira?
“Sicuramente, vengono dall’osservazione attenta della realtà dalla quale si riescono a trarre spunti oggettivi. La satira parte da una visione morale della vita, per questo riesce a fustigare costumi. Fa circolare idee, certo da solo non può essere sufficiente per cambiare i contesti”.
Brindisi cambierà?
“Brindisi è una città strana, mi fa pensare una frase di Ennio Flaiano che diceva che non vale la pena affrettarsi per costruire il futuro, tanto il futuro arriva, con noi e senza di noi. Questa filosofia il brindisino l’ha tradotta con la frase “cati piru ca ti mangiu”.
Lei ha fatto molto per valorizzare il dialetto brindisino.
“Credo di essere uno dei maggiori esperti di poesie dialettali. L’amore per il dialetto brindisino fa parte del mio amore sviscerato per Brindisi. Un amore irrazionale, senza ragione, come tutti gli amori. Trovo irragionevole amarla se penso alla sua indifferenza, a quanto sia priva di passioni. Forse questa città, caratterizzata da un individualismo acceso, non merita l’amore che molti di noi hanno per lei. Mentre dico questo penso, per esempio, a quanta fatica faccio per promuovere iniziative culturali. Anche se non costano niente non trovano riscontro. Qui la cultura fa fatica per imporsi. Le amministrazioni pubbliche non fanno la sponda. Ho dimostrato il mio amore per questa città anche quando facevo il sindaco. Ritengo di averla servita, ho vissuto quel mandato con spirito di servizio».
Ricordo che Tele Radio Città Bianca la intervistò dietro la sua scrivania, in Comune, il giorno di Ferragosto.
“Sì è vero. Ero convinto che proprio in quei giorni, mentre la gente si divertiva, poteva esserci il bisogno di una organizzazione comunale pronta e attenta”.
Si sente più un avvocato o un politico?
“Ero senatore da qualche mese quando il presidente della Corte d’assise, Dario Pafundi, mi chiese imbarazzato se doveva chiamarmi avvocato o senatore. Gli risposi che per fare l’avvocato ci avevo messo 24 anni di impegno, per fare il senatore quattro mesi di chiacchiere. Preferivo che mi chiamasse avvocato. Ho sempre considerato che quello dell’avvocato fosse il mio mestiere, quello del politico la mia missione. Una missione che non mi ha certamente arricchito. Povero ero e povero sono rimasto. Dei miei sei figli nessuno ha avuto il privilegio di occupare un posto di lavoro nella amministrazione pubblica. Sono riuscito a comprare la mia prima casa solo quattro anni fa. Ho fatto un mutuo e anche il contrarre questo debito ha un potere esorcizzante, come le barzellette. Ho esorcizzato il timore della vecchiaia, perché, per pagarlo, mi toccherà lavorare e vivere per almeno altri 10 anni”.
Torniamo alla cultura. Cosa è per lei?
“Non è solo conoscenza, è anche educazione morale, legalità. Fondare, come mi è capitato di fare insieme ai due sindaci Maggi ed Errico, un movimento di moralizzazione politica, ha significato fare cultura”.
La legge ha come simbolo archetipico la figura del padre. Come vede oggi, nella nostra società, la figura dei padri?
“Oscillano tra autoritarismo e permissivismo. Non trovano il punto di equilibro. Dei loro figli sono amici o nemici. Non riescono a trovare la distanza giusta, quella che educa e forma i figli, quella che li indirizza.
Lei è considerato un intenditore di donne.
“Non ho mai rifiutato una bella donna ma non credo di essere un intenditore. Quello che ho fatto, l’ho fatto alla luce del sole, anche qui ho mantenuto la mia coerenza, al contrario di molti uomini che si professano santi e tradiscono di nascosto”.
La sua cultura di sinistra le consente di avere un rapporto “femminista” con le donne?
“Per me esistono le persone, non ho mai praticato nessuna forma di sciovinismo maschile. Certo, se io sono al lavoro mi aspetto che mia moglie, che è a casa, lavi i piatti. Non è una questione di ruoli rigidi ma di suddivisione dei compiti. Io, per esempio, adoro cucinare. Se ho tempo da spendere a casa lo faccio volentieri”.
La sua ricetta preferita?
“Cucino volentieri fusilli al gratin con gamberi, vongole e cozze. La prima volta che ne lessi la ricetta mi “rizzicarunu li carni”.
Un momento in cui si è sentito grandioso?
«Ero in campagna con mio nipote, ho fatto un cappio con un filo di biada e ho catturato una lucertola. Lui l’ha mostrata ai suoi amici e ha detto: l’ha presa mio nonno».
Un momento in cui si è sentito vecchio?
“Per un altro nipote avevo costruito una sorta di carrarmato con un rocchetto, che si arrampicava faticosamente sul terreno discontinuo. Lui mi ha guardato mentre ero soddisfatto e mi ha chiesto: nonno, dove si mette la pila?”.
No, non è vecchio quest’uomo che ama Rimbaud, Montale e Neruda. Che appassionandosi a un libro è capace di passare notti insonni. Che riesce a rendere sempre compatibili le sue opinioni con i suoi comportamenti.