Finta veggente, chiesti 10 anni di carcere per Paola Catanzaro

Richieste di condanna molto pesanti nei confronti di Paola Catanzaro e dei suoi presunti complici: il pm Luca Miceli, al termine della sua requisitoria, ha chiesto la condanna a 10 anni di reclusione per la finta veggente, sette anni per il marito Francesco Rizzo, sei anni e sei mesi per la sorella Giuseppina Catanzaro, sei anni e sei mesi per Giuseppe Conte, quattro anni a testa per le sorelle Anna e Stefania Casciaro, due anni per Lucia Borrelli e Anna Picoco.
I reati contestati sono l’associazione per delinquere, nell’ambito del quale a Paola Catanzaro (già Paolo, alias “il mistico” o Sveva Cardinale) viene dato ruolo di promotore, capo e organizzatore del sodalizio con compiti di decisione, pianificazione e di individuazione delle vittime. Poi c’è la truffa, che avrebbe consentito a Paola di incassare “grosse somme di denaro”, almeno 4 milioni di euro in totale, per evitare disgrazie varie o per finanziare “la diffusione del messaggio evangelico”. In questo contesto si inquadra il progetto che sarebbe dovuto consistere, afferma il pm, nella “realizzazione e diffusione nel mondo di croci”.
A “Sveva” viene anche contestata l’evasione fiscale: non avrebbe dichiarato elementi attivi di reddito per complessivi 200mila euro, evadendo così le imposte dirette per circa 80mila euro. Insieme al marito avrebbe poi compiuto azioni tali da “rendere in parte inefficace la procedura di riscossione coattiva su una polizza di importo di 44mila euro”.
Le parti civili hanno chiesto un risarcimento per complessivi sei milioni di euro. Erano rappresentate dagli avvocati Gianluca Zilli e Antonio Falagario del foro di Bari e Giovanni e Valerio De Cataldis del foro di Taranto.
La prossima udienza è fissata per il 26 novembre quando prenderanno la parola le difese.
Nel settembre 2019 era arrivata la prima condanna penale per Paola Catanzaro: un anno di reclusione per reati fiscali con rito abbreviato. La sentenza venne pronunciata dal giudice monocratico Luca Scuzzarella in un processo nato da una tranche delle indagini condotte dal Nucleo di polizia ecomico finanziaria della guardia di finanza e coordinate dal pm Luca Miceli, in questo caso ipotizzando esclusivamente reati di natura fiscale. Le fiamme gialle hanno appurato che nel solo 2016 la Catanzaro, nella dichiarazione Irpef avrebbe dichiarato redditi per 1.348 euro a fronte dei 530mila accertati. Evadendo quindi l’imposta per 221.497 euro: un importo ben superiore alla soglia di punibilità prevista dalla legge e fissata in 150mila euro.