Fiume Grande, meraviglia naturalistica che rischia di scomparire

Da un paio di settimane a questa parte si fa un gran parlare, non solo fra gli addetti ai lavori, delle future opere di completamento della infrastrutturazione portuale mediante banchinamento e realizzazione di una colmata tra il pontile del Petrolchimico e Costa Morena Est che l’Autorità di Sistema Portuale ha in animo di realizzare negli anni a venire e per cui ha presentato il progetto definitivo con tanto di Studio di Impatto Ambientale.
Fin qui, almeno in teoria, nulla di allarmante, specie per chi non è ben informato sulla zona interessata dalla colmata che, nei desideri dell’Ente proponente, si trova esattamente presso la Foce di Fiume Grande il cui invaso, anche se situato nel bel mezzo della Zona Industriale di Brindisi, fa parte integrante del Parco Naturale Regionale “Saline Punta della Contessa”.
La cosa non poteva sfuggire ad un osservatore attento e preparato come l’Assessore all’Urbanistica ed alla Rigenerazione Urbana e della Costa, l’ingegnere Dino Borri, un super tecnico dal curriculum di tutto rispetto, fortemente voluto in giunta dal sindaco Riccardo Rossi, che è letteralmente trasecolato quando ha dato un’occhiata al progetto ed ha sollevato un polverone in quanto la cassa di colmata progettata dall’Autorità di Sistema Portuale – la quale, da quel che si legge nelle stesse carte dell’Ente Portuale, dovrebbe raccogliere non solo i fanghi rivenienti dal dragaggio del porto di Brindisi, ma anche quelli degli altri porti pugliesi – è prevista proprio alla foce di Fiume Grande, per cui è concreto il rischio che possa fungere da tappo in quanto lascerebbe solo un piccolo rivolo laterale che potrebbe essere insufficiente con rischio concreto di esondazione.

Da queste esternazioni ne è nata una vera e propria polemica, dai toni anche accesi su cui politici, operatori economici e tecnici, probabilmente, si scorneranno a lungo, e che ha dato il “la” a tutta una serie di osservazioni che lo stesso Comune di Brindisi, ma anche l’Ordine degli Architetti, Legambiente ed il Partito Repubblicano, hanno inviato al competente Ministero, affinchè tale progetto fosse quanto meno modificato e, in ogni caso, la cassa di colmata costruita altrove..
Sapendo, per esperienza personale e vecchi ricordi legati alle mie scorrazzate in bicicletta quando ero ragazzo, che tanto la foce di Fiume Grande, quanto l’area retrostante, sono particolarmente ricche di fauna selvatica, ho provato anche io a dare una lettura a quel che, al riguardo, era scritto nello Studio di Impatto Ambientale e, con grande sorpresa, ho letto non solo che, a parere dell’estensore, l’area di intervento non ricade direttamente all’interno di alcun parco regionale ma viene addirittura minimizzata la necessità di tutela affermando, sic et simpliciter, che l’attività industriale aveva, nel tempo, ridotto per non dire del tutto annullato la vegetazione e la fauna selvatica esistente.
A questo punto, essendo conscio del contrario, ho chiesto ancora una volta alla biologa Paola Pino d’Astore, studiosa ed esperta di fauna selvatica, di accompagnarmi in un breve tour presso Fiume Grande per verificare l’attuale stato dell’arte, anche alla luce della recente querelle insorta riguardo l’opportunità di posizionare proprio alla foce del fiume la cassa di colmata.

Attrezzati con stivaloni, binocolo e macchina fotografica ed approfittando di una giornata, sia pure invernale, particolarmente mite, dopo aver percorso per intero la via Enrico Fermi, siamo giunti su Fiume Grande, ed abbiamo parcheggiato l’auto proprio dove l’acqua dolce del grande invaso posto alle spalle della vecchia Centrale Termoelettrica Brindisi Nord, che già alcuni decenni addietro tombò parzialmente la foce del fiume, viene canalizzato prima di immettersi in mare.
Risalgono probabilmente a quell’epoca i tanti cartelli che avvisano del rischio di esondazioni ed onde di piena improvvise, giusto per non dimenticare che la natura tende, nel tempo, a riprendersi, quello che l’uomo gli ha sottratto e che la stragrande maggioranza dei disastri naturali è causata o, quanto meno, agevolata e favorita, dall’opera sconsiderata dell’uomo. Numerosi anche i cartelli di divieto di caccia a riprova della presenza di fauna selvatica protetta.
Anziché recarci subito verso il mare, come era nei nostri programmi iniziali, la nostra attenzione è attratta da tre maestosi Falchi di palude, dalla grande apertura alare, che volteggiano nel cielo, per poi planare verso lo specchio d’acqua interamente circondato da cannucce di palude e colonizzato da neri cormorani ed anatre di diversa specie oltre che da alcuni Aironi cenerini, di casa ai margini del canneto: il tutto è ben visibile per chiunque dal parcheggio della Basell, posto a non più di trecento metri dal mare ed a pochi passi dall’invaso.

Tornati alla nostra “missione” originale ci rechiamo alla foce del fiume e, proprio mentre mi accingevo a percorrere la stradina sterrata che porta giù verso il mare, Paola mi fa segno di fermarmi e mi indica, proprio sul bordo in cemento a margine della strada asfaltata un coloratissimo Martin pescatore che, veloce nello spiccare il volo, dopo una virata a fil d’acqua, si nasconde nel fitto del canneto, senza lasciarmi nemmeno il tempo di immortalarlo in uno scatto decente.
Direttomi con cautela verso la foce, riesco ad avvicinarmi a distanza di sicurezza ad una bella Garzetta che, di tanto in tanto, si sposta in volo di qualche decina di metri fra una sponda e l’altra della foce o verso il pontile del molo già esistente; un gruppo di Cormorani prende il sole sugli scogli mentre decine di Piovanelli pancianera si nutrono, indisturbati, di crostacei, vermi e molluschi marini di cui sono particolarmente ricchi i sedimenti marini depositatisi naturalmente ai margini dell’ampia foce di Fiume Grande.
Va da sé che tutti gli uccelli selvatici avvistati in questa breve passeggiata, oltre che di interesse pubblico in quanto fauna selvatica e quindi patrimonio indisponibile dello Stato, appartengono a specie protette secondo normative vigenti, anche comunitarie.

A questo punto sembra evidente che se solo si fosse fatta non dico una approfondita indagine od uno studio specifico, ma almeno una passeggiata, fosse anche per diletto e con la famiglia, alla foce di Fiume Grande, non si sarebbe mai incorsi nell’errore di scrivere, per di più in un documento ufficiale, che in loco non vi è fauna selvatica o che quella che eventualmente fosse presente è solo residuale, per cui non rappresenta un problema privarla del proprio ambiente naturale.
Commentando proprio questo con la nostra amica biologa, le ho posto qualche domanda più specifica, anche per fare chiarezza su quella che è l’importanza della Foce di Fiume Grande per l’ecosistema brindisino e per la sua biodiversità.
Anche se la risposta, alla luce di tutto questo ben di Dio che abbiamo potuto vedere in appena un’oretta di passeggiata sul posto, appare scontata, la domanda è d’obbligo: si può affermare che presso la foce di Fiume Grande non vi è fauna selvatica?
“Assolutamente no. Le acque di Fiume Grande sfociano, con tutto il loro carico di nutrienti, in una insenatura naturale del porto medio di Brindisi. Qui l’acqua dolce si mescola a quella marina e l’apporto di sostanza organica e di sedimenti favorisce condizioni biologiche idonee per l’alimentazione di diverse specie di uccelli acquatici, nonché di tartarughe marine.

La foce è in unità ecologica con l’Invaso di Fiume Grande (distante pochi metri) che dal 2002 è parte integrante del Parco Naturale Regionale “Punta della Contessa”, nella cui zonizzazione è indicato come zona centrale, ovvero area di maggiore valore naturalistico, paesaggistico e culturale (L.R. istitutiva del Parco Naturale Regionale “Saline di Punta della Contessa”, n. 28 del 23 dicembre 2002).
Le insenature del porto di Brindisi, come quella della foce, sono da decenni monitorate durante le giornate nazionali dei censimenti degli uccelli acquatici svernanti da qualificati ed esperti ornitologi, coordinati dall’ex Istituto Nazionale Fauna Selvatica di Ozzano-Emilia, da qualche anno confluito in ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale). I dati raccolti non solo nell’area portuale, ma anche in tutte le zone umide e lungo il litorale del territorio provinciale di Brindisi, sono elaborati nell’ambito del progetto internazionale IWC (International Waterbird Census) che è una delle più estese forme di monitoraggio ornitologico ed ambientale, coordinato in Italia dall’ISPRA”.
Quali sono le specie che hai avuto modo di osservare personalmente nell’area della foce di Fiume Grande?
“Oltre al vistoso gruppo dei Cormorani e dei Gabbiani (spp.), nelle acque placide (lontane dal traffico marittimo) e di profondità decrescente verso la riva, si osservano grandi uccelli marini come la Strolaga mezzana, anatre tuffatrici come lo Smergo minore, nonché gli eleganti Svassi (spp).

Lungo i bordi ripariali della foce e nelle zone di accumulo di sedimenti fluviali, umidi e sabbio-limosi, sostano e si alimentano ardeidi come la Garzetta, l’Airone cenerino e l’Airone bianco maggiore e limicoli come il Piovanello pancianera, il Voltapietre, il Corriere grosso e il Gambecchio. Oltre l’immancabile e coloratissimo Martin pescatore.
Si tratta di specie protette, alcune rare, altre prioritarie per la comunità europea ed inserite nelle Direttive Comunitarie”.
Hai accennato anche alla presenza di tartarughe marine, puoi spiegarci meglio?
“Si, in effetti il porto di Brindisi, soprattutto quello medio ed esterno, è frequentato in ogni mese dell’anno da tartarughe marine della specie Caretta caretta, attratte da risorse alimentari che trovano anche qui, ovvero molluschi, crostacei, pesci e meduse.

L’insenatura marina dove sfocia Fiume Grande è di loro interesse come area trofica ed il rilevamento di questa specie è tra i risultati di un lavoro continuativo (per richieste di intervento sul campo) svolto dal 2002 al 2017 dal “Centro di prima accoglienza fauna selvatica in difficoltà” della Provincia di Brindisi, insieme alla Capitaneria di Porto e Nucleo Sommozzatori dei Vigili del Fuoco di Brindisi. In definitiva, la presenza di uccelli acquatici e tartarughe marine dovrebbe stimolare la curiosità (se non proprio la necessità, in caso di impatto antropico) di conoscere lo stato dei fondali e delle comunità animali e vegetali che popolano il nostro ambiente marino sommerso, anche in una semplice insenatura portuale”.
Un’ultima domanda: in tutta sincerità, da studiosa ed appassionata di fauna selvatica quale sei, cosa hai pensato quando hai dato un’occhiata al progetto per la realizzazione della cassa di colmata proprio alla foce di Fiume Grande”
“Ho pensato che è necessario stare attenti a che lo sviluppo (ammesso che ci sia) di un porto naturale e caratteristico come quello di Brindisi non debba passare attraverso il suo degrado; ho pensato che un’approfondita, precisa e puntuale Valutazione di Impatto Ambientale non possa non tener conto della immediata vicinanza, del sito scelto per quel progetto, all’Invaso di Fiume Grande che è parte sostanziale del Parco Naturale Regionale “Saline di Punta della Contessa” e non possa non tener conto del valore biologico rappresentato dalla foce, in quanto luogo di confluenza dell’acqua palustre in ambiente marino, il che richiama doverosamente ad una specifica, attuale e documentata indagine sullo stato delle biocenosi del fondale marino interessato”.