Forever young: 40 anni fa la grande avventura di Radio Giovane

di Gianmarco Di Napoli per IL7 Magazine

ronto, Radio Giovane. Mi mettete un disco?
Non fosse stato per quel trasmettitore da 10 watt arrivato con qualche giorno di ritardo, la frequenza 101.5 Mhz sarebbe stata la prima a illuminare l’inesplorato universo Fm. E invece il primo buongiorno in Fm arrivò, in quella magica estate del 1975, sui 103 Mhz di Radio Video Brindisi, con Mimmo Mennitti e la sua squadra di cronisti e speaker in erba.
Radio Giovane arrivò seconda, ma la storia la scrisse lo stesso e forse di più. In maniera così profonda e unica che vive anche oggi una sua vita, 40 anni dopo l’ultima trasmissione.
Pronto, Radio Giovane. Ci vediamo?
Ai tempi di Facebook è facile invitare, molto meno trasformare la socialità virtuale in presenza fisica. La pagina “Radio Giovane Brindisi” è dominata dalla foto di una squadra di calcio sulla terra battuta del collegio navale: sono i ragazzi della radio, negli anni Settanta.
Pronto, Radio Giovane? Vi aspetto.
Una scommessa. Verranno in due, tre, cinque? Nella mente, sbiaditi ricordi di bambino, l’emozione di una telefonata in diretta una domenica mattina con mio padre che compose il numero 20884 di Radio Giovane lasciando andare il disco con l’ultima cifra quando la telefonata precedente si era appena conclusa. Era il trucco per prendere la linea prima degli altri. Chiesi con voce tremolante una canzone e la dedicai al Brindisi che giocava quel pomeriggio. Chissà chi c’era dall’altra parte. Chissà se ci sarà questa sera.
Pronto, siamo Radio Giovane. Stavolta è il citofono. Sono venuti in una ventina. I ragazzi di quella radio oggi hanno tra i 50 e i 60 anni. Vite e strade diverse, ma quell’alchimia, l’aver condiviso gli anni più magici della loro giovinezza, li respiri in quegli abbracci, nei sorrisi di complicità che illuminano i volti, nella facilità con cui i sorrisi si intrecciano con i ricordi.

LA STORIA
Radio Giovane ha un papà e una mamma che non hanno mai parlato ai microfoni: Ferruccio Zaccaria e Giulia Savoia. Lui era dipendente della Banca d’Italia, lei discendente della famiglia Savoia, proprietaria dell’omonimo palazzo di corso Umberto che poi divenne Caravaglio. Avevano una casa su due piani al civico 24 di via Carmine e un figlio, Massimo, appassionato di musica e dischi. La piccola comitiva di adolescenti di cui Massimo faceva parte trascorreva i pomeriggi nei locali della vicina chiesetta di Sant’Anna o nel negozio di dischi di Mino Calia, “7 Note”, in corso Umberto, accanto all’armeria Mingolla. Massimo suonava anche in un complesso, “Le Incognite”, cercando di ricreare con l’amico Antonio Legittimo musiche dei Pink Floyd, Led Zeppelin, ma anche Beatles e Rolling Stones.
In città c’erano tanti complessi musicali, ma i ragazzi avevano anche un’altra passione: quella per il radiantismo. Praticamente in ogni casa c’era un baracchino e gli adolescenti si tenevano in contatto con le ricetrasmittenti. Antesignano sistema di social. Qualcuno cominciava a trasmettere musica per gli amici schiacciando il tasto di trasmissione e suonando dal vivo o mettendo un disco.

Al secondo piano della casa di via Carmine, il sabato sera i ragazzi si ritrovavano per le feste da ballo, ma i tempi ormai erano maturi per altro: “In quel periodo non c’era una normativa precisa per regolarizzare le trasmissioni radio e ci rendemmo conto che bastava poco”, ricorda Massimo Zaccaria. “Così con Antonio Legittimo nacque l’idea di far conoscere noi la buona musica per radio. L’etere era libero: bastava poco, ma ci mancava il supporto tecnico”.
Massimo e Antonio andarono nel laboratorio di Felice Profilo, radioamatore con ottime conoscenze tecniche: “Nella sua casa entrammo in una stanza in cui bisognava stare attenti a non inciampare, tra cavi, attrezzi e macchinari vari per radioamatori. Felice ci rispose entusiasta all’idea di aprire una radio e trasferì tutto ciò che aveva a casa mia”.
Sì perché papà Ferruccio aveva già dato il via libera. La Radio poteva nascere in casa, al piano di sopra. Lui avrebbe pagato le spese di luce e telefono ma a un patto. A mezzanotte dovevano andare tutti a casa. “Cominciammo a costruire la nostra radio”, ricorda Massimo. “Avevo i giradischi, il registratore (in gergo chiamato piastra), i microfoni, le aste, l’amplificatore della chitarra andava bene. Il mixer l’avrebbe costruito Felice, ma mancavano l’antenna e soprattutto il trasmettitore. L’antenna avrebbe cercato di adattarla tagliandone una usata per i baracchini, ma il trasmettitore dovevamo acquistarlo: il più economico, da 10 watt, lo ordinammo a San Vito dei Normanni”.
Ora bisognava attendere. Massimo, Antonio e Felice erano impazienti di cominciare. Ma nel frattempo a loro si avvicinavano altri amici conquistati dal sogno di realizzare una radio: “Ne eravamo contenti perché eravamo coscienti che non avremmo potuto affrontare una tale e misteriosa avventura da soli”.

C’era da scegliere il nome, ma non ci volle molto. Era una radio fatta da giovani, ma era anche un’idea nuova, alternativa, importante per tutti. Fu chiamata Radio Giovane.
Alla fine di luglio 1975 finalmente era “on air”. Per avere una specie di “ritorno” e controllare la qualità di ciò che veniva trasmesso, una piccola radio venne piazzata su un balcone. Il problema vero era che nelle case in pochi possedevano una radio Fm o che ne conoscevano l’esistenza. Le trasmissioni nazionali e internazionali infatti erano tutte in AM.
Ma al di là dei problemi di trasmissione e ricezione, l’aspetto pionieristico era un altro: non esistendo altre radio a cui ispirarsi, tutto era nuovo, inventato sul momento. E sperimentato in diretta. La prima trasmissione preparata a tavolino fu “Folk music”, condotta da Mino Montanaro e Antonio Caputo. Non mandavano solo dischi: “Un giorno consegnammo a un fattore un magnetofono e gli facemmo registrare dal vivo la voce delle ragazze che cantavano nei campi”, racconta Montanaro.

Nacque subito una trasmissione sportiva che fu affidata a un altro musicista, il batterista Marco Sciarra. Aveva fatto parte dei Casanova, un complesso composto da quattro ragazzini brindisini all’epoca famosi in tutta Italia e che a 13 anni vinsero numerosi premi. Sino a quando i genitori, oculatamente, non decisero di riportarli sui banchi di scuola. Sciarra è stato anche un calciatore a buoni livelli. Nella trasmissione fu affiancato da Pino Argentieri, conosciuto a Brindisi come Pino “Herrera”, dal cognome dell’allenatore della grande Inter della quale è tifoso. Argentieri era figlio di Ugo, vecchia gloria della Brindisi Sport.
C’erano anche i più “anziani” a dare una mano ai ragazzini: l’ingegnere Antonio Livieri, uno che a trent’anni aveva già girato il mondo, mise al servizio la sua esperienza tecnica ma anche la sua verve al microfono. Le notizie venivano curate dal giornalista Antonio Bianco e il radiogiornale trasmesso da Massimo Zaccaria e Sabino Porro.
Erano gli anni in cui si cercava di scavare nei grandi misteri. E così Franco Profico e Antonio Legittimo si dedicarono al paranormale con la trasmissione “Delvish” che prendeva il nome da un brano del cantautore brindisino Gianni D’Errico dedicato alla reincarnazione. Degli Ufo invece di occupavano Sergio Pizzi e Lino Carlino. Lo stesso Pizzi, insieme alla futura moglie Matilde Imperatrice, si inventarono una trasmissione medica durante la quale, telefonicamente, gli specialisti rispondevano alle domande degli ascoltatori.

Il telefono, la possibilità per il pubblico di intervenire in trasmissione, fu la «scoperta» che fece decollare Radio Giovane: “Profilo aveva applicato una ventosa sulla cornetta per mandare in diretta chi era in linea”, ricorda Zaccaria. “In questo modo l’ascoltatore si trovava catapultato in prima persona nel programma”.
La prima diretta di un evento sportivo fu il racconto della “Brindisi in bicicletta”. Un baracchino venne montato sulla vecchia Fiat 500 bianca che era diventata l’auto di servizio della radio. Man mano che il corteo di bici si spostava per la città, i collegamenti in diretta erano assicurati dalle cabine telefoniche da dove venivano intervistati i passanti. Un’altra diretta storica fu uno “speciali giovani” trasmesso dalle Colonne romane.
Il pomeriggio era occupato dalla trasmissione “Speciale rock” in cui si dava spazio anche al pop, al blues e al jazz. La inventò Camillo Fasulo, insieme a Mario e Michele Lamarina, e a Marco Greco. Era la compagnia musicale per gli studenti impegnati con i compiti. Ma c’era lo spazio anche per i più piccoli con i programmi di Lena Altavilla e Felice Profilo. Al microfono c’era anche un bambino: il piccolo Giuseppe Zippo, figlio del fotografo Nino. Altre due giovanissime “star” di quel magico gruppo di ragazzi erano le gemelle Gabriella e Patrizia Zaccaria, ai microfoni a soli 14 anni: “Per noi fu un’esperienza straordinaria”, raccontano. “Eravamo ragazzine e ci tuffavamo in un mondo meraviglioso e unico”. Impossibile, anche nelle foto d’epoca, riconoscerle, essendo identiche: “Giocavamo molto su questo, anche con le nostre voci”. Erano loro due che avevano il compito di racimolare sponsor per i premi da mettere in palio nei quiz: “All’inizio i commercianti non conoscevano neanche la radio, ma comunque ci aiutavano: tra i più fedeli i negozi d’abbigliamento Levi’s e Jeans West, la profumeria Locatelli”.

Tra gli speaker, uno dei più amati era Antonio Miglietta, che venne ribattezzato “The Voice”, protagonista di varie trasmissioni. Ma anche Gianni Di Giulio e Gianfranco Napolitano, conduttori del seguitissimo quiz della domenica mattina. Decine e decine di chiamate al giorno, ma un giorno il telefono taceva misteriosamente. Loro continuarono senza preoccuparsene troppo, sino a quando un ascoltatore chiamò chiedendo se quella domenica la trasmissione sarebbe andata in onda: avevano dimenticato di accendere il trasmettitore.
Ma l’episodio forse più esaltante fu l’arrivo in studio di Moira Orfei, all’epoca all’apice del successo: “Il suo circo era in una città vicina e noi la invitammo a venire in radio”, ricorda Massimo Zaccaria. “Incredibilmente accettò: l’andammo a prendere con una Fiat 126 nella quale aveva difficoltà a entrare, vista la sua particolare capigliatura. Fu simpatica e gentile”.
L’avventura di Radio Giovane durò una manciata di anni. Il tempo di far nascere storie d’amicizia, d’amore e qualche matrimonio: “Alcuni hanno lasciato Brindisi per lavoro, altri hanno continuato a frequentarsi”, spiega Zaccaria. “Abbiamo creato su Facebook un gruppo con il nome della radio per mantenere viva un’avventura meravigliosa che ha coinvolto moltissimi giovani, realizzando le loro idee, inventando prodotti musicali di vario genere, in un tempo in cui la radio libera era davvero priva di qualsiasi tipo di pressione”.
Pronto, Radio Giovane? Complimenti per la trasmissione.