Il progetto per la creazione di un forno crematorio si trasforma in qualcosa di altrettanto rovente per l’Amministrazione comunale di Brindisi: il legale della società che lo aveva presentato, all’indomani dell’annullamento della Conferenza di servizi programmata dal Comune per l’eventuale autorizzazione, chiede all’ente di esprimersi sulla fattibilità del progetto e annuncia una possibile richiesta di risarcimento del danno subìto. Inoltre, nella missiva inviata via Pec al Comune, l’avvocato Roberto Francioso indica nomi e cognomi degli amministratori e dei politici che il titolare dell’azienda avrebbe incontrato nel corso dell’ultimo anno e che avrebbero sostenuto la realizzabilità del progetto fornendo indicazioni su come articolarlo.
Di “tempio crematorio” si era iniziato a parlare già nel 2015 quando durante l’amministrazione Consales venne inserita nel Programma triennale delle opere pubbliche la realizzazione di una struttura (tuttora inesistente in provincia di Brindisi) all’interno del cimitero comunale di Tuturano. Si trattava di un semplice progetto presentato con la formula del project financing e che non ebbe alcun seguito anche perché la giunta Consales cadde poco dopo.
IL PROGETTO
Il 23 ottobre 2018 l’imprenditore brindisino Massimo Bottallo presenta un progetto di fattibilità anch’egli sotto forma di “project financing”, un’operazione di finanziamento che consente a un privato di realizzare, gestire e farsi carico dei costi di opere pubbliche, o che hanno a vedere con la pubblica utilità, ottenendo come ristoro del finanziamento i flussi di cassa previsti dalla gestione dell’opera. E un crematorio viene considerato a tutti gli effetti una struttura di pubblica utilità.
Secondo quanto ricostruisce l’avvocato Francioso, successivamente al deposito del progetto imprenditoriale, il Comune (amministrazione Riccardo Rossi) inserisce il progetto in un Piano triennale delle opere pubbliche “tanto che si susseguivano diversi incontri con le parti dirigenziali e politiche – scrive il legale – finalizzati alla risoluzione di eventuali criticità ma, soprattutto, mirate all’individuazione di un sito idoneo a ospitare la struttura.
Perché la legge (esiste un decreto del presidente della Repubblica del 1990) impone che i forni crematori siano costruiti entro i recinti dei cimiteri e sono soggetti alla vigilanza del sindaco. E i progetti di costruzione sono deliberati dal Consiglio comunale.
GLI INCONTRI CON I POLITICI
Ma Bottallo vuole realizzare la struttura fuori dal cimitero, perché quello di Brindisi non ha spazio sufficiente ed evidentemente ritiene quello di Tuturano non funzionale. Così – sempre secondo quanto scritto nella missiva inviata dall’avvocato Francioso al Comune – nel mese di gennaio 2019 Bottallo incontra l’assessore Oreste Pinto, il consigliere comunale del Pd Antonio Elefante e il segretario cittadino del Pd Francesco Cannalire: “Al mio cliente veniva proposto e suggerito un sito, individuato nel Terminal Bus posto di fronte all’ingresso del cimitero comunale che poteva, a loro dire, ritenersi idoneo e conforme alle previsioni legali in tema di forni crematori”.
Ma in realtà quel sito non può essere utilizzato, non tanto perché si trova fuori dal camposanto (sarebbe sufficiente, con i pareri favorevoli di Asl e Asi una delibera del Consiglio comunale) quanto perché i templi crematori devono essere realizzati a una distanza dal centro abitato non inferiore ai 200 metri, con l’ulteriore vincolo dato dall’impossibilità di costruire intorno agli stessi nuovi edifici e ampliare quelli preesistenti entro il raggio di ulteriori 200 metri. E il Terminal si trova incollato alle case del rione Perrino.
“Con il consiglio e il beneplacito dei presenti il mio assistito optava per un investimento totalmente privato e con assunzione del rischio d’impresa”, scrive l’avvocato. Nella consapevolezza che comunque il progetto – prevedendo la struttura all’esterno dell’area cimiteriale – avrebbe dovuto essere approvato dal Consiglio comunale. “Successivamente – aggiunge il legale – si sono succeduti diversi incontri tra il signor Bottallo e il vicesindaco Tiziana Brigante la quale forniva anche un plauso all’iniziativa imprenditoriale, data la reale mancanza di loculi all’interno delle mura cimiteriali”.
IL NUOVO SITO
Sulla scorta delle intese di massima raggiunte con l’Amministrazione comunale, con l’individuazione del nuovo sito (nella zona industriale, poco lontano dalla Sfir e dalla vecchia spiaggia di Sant’Apollinare), Bottallo il 4 febbraio 2019 procede alla costituzione della società “Theobald Srls”, capitale sociale 1.000 euro, della quale è amministratore unico e che ha come oggetto “Lavori di costruzione, manutenzione e gestione di un impianto di cremazione di salme umane», quindi nella stessa giornata integra il progetto presentato in precedenza con la nuova collocazione all’interno della zona industriale e una diversa piantina della struttura, da realizzare dove sorgevano una fabbrica di pavimenti appartenente alla famiglia Annicchiarico e una cabina elettrica a torre in disuso. La Theobald aveva già avviato le fasi d’acquisto dell’area con la formula del “rent to buy”, un tipo di contratto con cui il proprietario consegna sin da subito l’immobile al futuro acquirente il quale paga il canone; dopo un periodo di tempo fissato nello stesso contratto, il conduttore può decidere se acquistare il bene, detraendo dal prezzo i canoni già pagati.
LE AUTORIZZAZIONI
Il progetto sembra andare avanti senza problemi: il 21 marzo 2019 il dirigente del settore Lavori pubblici inoltra una richiesta di parere preliminare al Dipartimento di prevenzione della Asl. La risposta arriva il 16 maggio: il dirigente medico Antonella Maci esprime un «parere favorevole di massima» per quanto di competenza e ai fini igienico-sanitario, ma pone una serie di condizioni, tra cui quella che la cremazione di un cadavere debba avvenire unicamente in crematori costruiti all’interno dei cimiteri.
Il 9 luglio 2019 Lacinio chiede, come da prassi, il parere preliminare al Consorzio Asi. La risposta arriva il 6 agosto: “L’attività crematoria non rientra sia per previsioni urbanistiche che per le vigenti leggi in quanto è previsto che i crematori debbano costruirsi all’interno dei cimiteri, soggetti alla vigilanza del sindaco”, chiarisce l’Asi. Ma specifica anche che ove fosse consentito un procedimento con cui il Consiglio comunale autorizzasse la realizzazione fuori dal perimetro cimiteriale e ritenesse necessario per la cittadinanza un suolo nell’area industriale di Brindisi, l’ente sarebbe disponibile a concederlo. L’Asi indica però come location ottimale una zona ai margini dell’agglomerato industriale, con accesso diretto dalla strada provinciale n.88, ossia la litoranea che conduce a Cerano.
Insomma sia Asl che Asi sembrano intenzionati ad autorizzare nel caso in cui il Consiglio comunale dovesse deliberare la realizzazione del forno crematorio fuori dal cimitero.
IL PROGETTO
Ma cosa prevede il progetto di fattibilità depositato dalla “Theobald” e redatto dall’ing. Pietro Di Stefano? Il lotto di terreno destinato all’impianto di cremazione è di circa 10 mila metri quadrati. L’architettura prevista è molto sobria, priva di simbolismi particolari, in modo da accomunare qualsiasi professione religiosa. Oltre alla zona tecnica che ospita l’impianto vero e proprio è prevista una sala capiente destinata alla cerimonia di commiato. All’esterno i camini saranno mascherati in modo da confondersi e limitare l’impatto visivo. L’impianto crematorio è composto da un’area in cui sono collocati quattro forni alimentati a metano con una temperatura di funzionamento di 850°C e le celle refrigerate, e da un’area di attesa con sala mortuaria.
Sono possibili otto o più cremazioni al giorno e periodi di cremazione della durata dai 60 ai 120 minuti per volta.
L’impianto per la depurazione dei fumi – si legge nel progetto – consente di ottenere livelli di emissioni inquinanti che, oltre al rispetto dei parametri massimi fissati dagli organi competenti, consentono addirittura di rispettare i limiti previsti con le più recenti normative europee in campo di incenerimento. Per evitare l’emissione di fumo nero o odori sgradevoli l’impianto è dotato di una camera di postcombustione.
Secondo il cronoprogramma contenuto nel progetto, sarebbero necessari complessivamente 22 mesi per la messa in esercizio dell’impianto, partendo dal periodo necessario per la definizione dell’appalto.
L’EPILOGO
Ottenuti pareri in linea di massima favorevoli da Asl e Asi, la Theobald sollecita la convocazione di servizi che viene indetta il 31 dicembre 2019 e prevista per il successivo 28 gennaio 2020. E’ ancora il dirigente del settore Lavori pubblici, Fabio Lacinio, ad assumere l’iniziativa e a convocare Asi, Arpa Puglia, Asl Brindisi, il responsabile dello Sportello unico delle Attività produttive, il comandante della Polizia municipale, il responsabile della Protezione civile, il progettista e, ovviamente, il titolare della Theobald.
Ma tre giorni prima della data prevista, il dirigente comunale comunica che la Conferenza di servizi è annullata perché il settore Lavori pubblici non era legittimato al rilascio di atti amministrativi su interventi privati, seppur di pubblica utilità e sotto vigilanza del sindaco, rimettendo ogni decisione alle competenze dello Sportello unico delle Attività produttive. Il successivo 7 febbraio, il dirigente del Suap, Marina Carrozzo, invia a sua volta alla Theobald una comunicazione indirizzata anche al dirigente dei Lavori pubblici con la quale si rimanda al mittente (lo stesso Lacinio) l’esamina del progetto, sottolineandone le competenze e rimettendogli in mano il cerino.
“Tralasciando, in questa fase, ogni commento circa l’atteggiamento che gli uffici preposti hanno assunto, appare del tutto evidente che il comportamento omissivo del Comune di Brindisi sta provocando un serio danno alla Theobald srls, la quale ha investito ingenti somme di denaro nel progetto di finanza sottoposto al vaglio della pubblica amministrazione, senza però ottenere alcuna valutazione di merito”, scrive l’avvocato dell’azienda nella “pec” inviata al Comune che sottolinea come non si comprendano le ragioni del silenzio, visto che l’ente ha il dovere di concludere un procedimento seguito ad un’istanza con l’adozione di un provvedimento.
Il legale diffida l’ente a esprimersi entro e non oltre 5 giorni dal ricevimento della missiva (inviata via web il 26 febbraio) e riservandosi di avviare eventuali azioni per la valutazione dei danni subiti e subendi.
La Theobald chiarisce, attraverso il suo legale, un altro aspetto: “La società vanta comunque un diritto di prelazione sul progetto formulato rispetto ad altri proponenti o nel caso in cui il Comune intendesse procedere alla pubblicazione di un apposito bando, diffidando l’ente a non rendere noto il contenuto del progetto senza l’acquisizione della preventiva autorizzazione”.