di Gianmarco Di Napoli per IL7 Magazine
L’ex commissario prefettizio Santi Giuffrè è rientrato a Brindisi qualche giorno fa per approvare con i poteri del Consiglio comunale (quello nuovo viene proclamato solo giovedì 2 agosto) gli equilibri di Bilancio. Stavolta non sono stati però convocati né fotografi né giornalisti per immortalare l’evento.
Sembra passata una vita (e sono invece trascorse solo poche settimane) da quando Giuffrè salutò la città in una interminabile serie di conferenze di commiato e con tanto di video autocelebrativo della durata record di un quarto d’ora.
Ma questa volta non c’è assolutamente nulla da celebrare. E anzi ci sarebbe da essere un pochino seccati. Il sindaco Riccardo Rossi, fresco fresco, ha scoperto che la situazione economica del Comune è tutt’altro che rosea come si pretendeva di far apparire durante la gestione commissariale.
In particolare ha scoperto che le somme inserite nel Bilancio di previsione dal Giuffrè medesimo (circa otto milioni di euro, per l’esattezza) sono più virtuali che reali e quasi tutte impossibili da incamerare, soprattutto nei tempi brevi in cui sarebbero servite.
Per fare quadrare i conti, il commissario Giuffrè aveva inserito nel previsionale 2018 – come se fosse scontata e dunque denaro che sarebbe entrato sicuramente nelle casse – la vendita di parte del patrimonio immobiliare del Comune. Avete presente quel vecchio casermone sgarrupato che un tempo ospitava l’Agenzia delle entrate nella zona del parco della Rimembranza? Sì, proprio quello sulla collinetta che rischia di franare da un momento all’altro e che ci vorrebbero milioni per rimetterlo in sesto. Ebbene Giuffrè ha previsto che entro l’anno sarebbe stato venduto per oltre tre milioni di euro. Il bando per la vendita è andato invece deserto. Nessuno potrebbe pensare di acquistare quegli edifici che rischiano di restare in quelle condizioni per tanti anni, al punto che si era ipotizzato di abbatterli.
La seconda entrata in ordine di importanza prevista in Bilancio (due milioni e mezzo di euro) da Giuffrè era subordinata alla riapertura della discarica di Autigno che il commissario aveva data per scontata presentando alla magistratura un’istanza di dissequestro (i sigilli erano stati posti tre anni fa a causa della contaminazione della falda acquifera). Quando già il commissario aveva lasciato la città si è venuto a sapere che in realtà la Procura aveva negato la restituzione a causa di problemi che non saranno risolti di certo a breve. E dunque altri due milioni svaniti che per il commissario invece dovevano entrare.
Nel Bilancio di previsione Giuffrè aveva poi inserito ottimistiche speranze relative alle entrate tributarie: una Tosap che doveva portare introiti quasi triplicati rispetto agli anni precedenti, ma anche la Tari e la tassa per la pubblicità che andavano ben oltre ogni più rosea aspettativa.
Insomma il sindaco Rossi si trova subito un bel regalino lasciatogli in eredità dal suo celebratissimo precedecessore, al punto che se l’assessore Cristiano D’Errico non individua le contromisure, il Comune rischia immediatamente il dissesto economico.
E’ un po’ come se fosse tornata la padrona di casa dopo un periodo di vacanza e avesse scoperto che chi le aveva tenuto in ordine l’appartamento aveva nascosto la polvere sotto i tappeti con una tale perizia che tutto sembrava pulito e in ordine.
Come se non bastasse, ed è notizia delle ultime ore, è stata respinta la richiesta di sospensione del pignoramento di oltre un milione 200 mila euro promosso dalla Formica Ambiente che il Comune dovrebbe sborsare immediatamente. Il commissario Giuffrè aveva deciso di avvalersi, nel procedimento civile, della consulenza di un avvocato esterno invece di utilizzare l’ufficio legale interno del Comune, composto da professionisti di comprovata capacità, andando così a gravare ulteriormente sulle casse pubbliche.
Il sindaco si trova ad affrontare quest’altra grana che si aggiunge a quella – pesantissima – degli otto milioni del Bilancio 2018 e che bisognerà andare a recuperare da qualche altra parte. Ora sì che lo rivorremmo il commissario prefettizio: per chiedergli di dare un’occhiata sotto i tappeti.