Il porto di Brindisi sull’orlo del baratro: la sentenza del Tar avalla l’inchiesta della Procura

L’Autorità portuale di Brindisi incassa un’altra clamorosa battuta d’arresto sulla questione delle infrastrutture di security, già oggetto di una complessa inchiesta penale: il Tar ha respinto il ricorso con il quale l’ente presieduto da Ugo Patroni Griffi impugnava il rigetto della domanda di conformità urbanistica del progetto che riguarda la famosa recinzione, i varchi doganali e tutto quanto già oggetto dell’indagine condotta dal Nucleo di polizia economico finanziaria della Guardia di finanza.
Cosa significa in concreto? Che se anche il Consiglio di Stato, cui prevedibilmente farà ricorso l’ente portuale, dovesse confermare la sentenza, l’Authority sarebbe costretta ad abbattere buona parte delle opere che aveva realizzato nel corso degli anni per adeguare la security interna alle nuove norme internazionali. Quindi la contestatissima recinzione di via del Mare, le strutture realizzate presso tutti i varchi d’accesso, la strada a quattro corsie e così via. Tutto costruito arbitrariamente, secondo quanto stabilito dal Tar, oltre che in maniera illegale, come ipotizzato dal pm Raffaele Casto che coordina le indagini.
Sul porto di Brindisi, che già negli ultimi anni non se l’era passata bene, c’è all’orizzonte insomma un rischio di deriva tangibile per altri due motivi essenziali: il primo riguarda la possibilità che il presidente Ugo Patroni Griffi possa essere sospeso per otto mesi dall’incarico. La decisione finale, dopo il decreto del Tribunale del Riesame di Lecce che sanciva la sospensione, spetta alla Corte di Cassazione. E in questo caso, una volta che la vicenda finisce sul tavolo del ministero, sarebbe probabile un commissariamento non solo del porto di Brindisi ma di tutti gli altri che fanno parte dell’Autorità di sistema portuale dell’Adriatico meridionale, ossia Bari, Manfredonia, Barletta e Monopoli e che sono guidati dallo stesso Patroni Griffi.
Il secondo rischio concreto è che la Corte dei Conti si affacci sul porto di Brindisi per chiedere il risarcimento dei milioni di euro spesi dall’Autorità portuale per finanziare opere pubbliche realizzate senza rispettare i canoni dettati dalla legge. Denaro che sarà sborsato da chi eventualmente sarà riconosciuto responsabile della realizzazione di quelle opere.
In questo senso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale, potrebbe fare da spartiacque alla vicenda e supportare ulteriormente il teorema accusatorio sul versante penale. La procura, in sostanza, ha ipotizzato che l’ente portuale abbia costruito infrastrutture e immobili, nell’ambito del sistema di security, senza attenersi al Piano regolatore portuale e senza fare riferimento agli organi preposti.
Secondo l’Authority le opere realizzate sarebbero conformi alle destinazioni urbanistiche del Piano regolatore generale in quanto il Piano regolatore portuale non avrebbe natura urbanistica e dunque le sue previsioni (difformi da quanto realizzato) dovrebbero non avere alcun rilievo.
Ma l’ipotesi prospettata dall’ente non ha convinto i giudici del Tar. Intanto perché non risulta dimostrata neanche la conformità delle opere al PRG e in ogni caso perché – come chiarito dal Consiglio di Stato – il Piano regolatore portuale rappresenta a tutti gli effetti uno strumento di pianificazione urbanistica rispetto al quale va dunque valutata la conformità di ogni singolo intervento edilizio.
Il Tar chiarisce poi due aspetti fondamentali: il primo è che il PRP rappresenta lo strumento di pianificazione urbanistica dei porti, integrandosi con il PRG rispetto al quale deve sussistere perfetta coerenza e compatibilità; ovviamente, la legge non si preoccuperebbe di richiedere la conformità del PRP al PRG, se il primo non avesse natura urbanistica.
Il secondo è che non può ipotizzarsi – come sosteneva l’Autorità portuale – che il il PRP del Comune di Brindisi, in quanto approvato in data antecedente alla legge del 1994 non abbia natura urbanistica, visto che lo stesso è stato sottoposto, successivamente all’entrata in vigore della legge citata, nell’anno 2006 ad una variante attraverso la quale lo stesso è stato “aggiornato”.
Il Tar sostiene che l’Autorità portuale non aveva ricevuto alcun riconoscimento di conformità urbanistica per l’esecuzione di un “intervento di trasformazione urbanistico-edilizia del territorio operato mediante un insieme sistematico di opere, manufatti, recinzioni afferenti alla infrastrutturazione di security portuale già realizzati prima di richiedere il riconoscimento e ricadenti in aree inquadrate da differenti regimi proprietari (demanio portuale, patrimonio comunale e dell’ASI), su beni immobili sottoposti a vincolo paesaggistico e culturale e disciplinate dal Piano Stralcio di Assetto Idrogeologico, nonché inserite in zona Sin”. I giudici rilevano che la Regione Puglia, con memorie difensive, ha rilevato che le opere “non consistono in una sola recinzione – ma si sostanziano anche in edifici ai varchi, impiantistica di supporto al sistema di security, una strada a quattro corsie, un ponte e una tettoia – peraltro oggetto di decreto di sequestro preventivo disposto dal G.I.P. del Tribunale di Brindisi, confermato dal Tribunale del Riesame.
Il Tar esclude l’esistenza di alcun legittimo affidamento all’Autorità portuale tale da giustificare l’esecuzione di opere in assenza delle autorizzazioni previste dalla legge. E sottolinea come, prima di procedere alla localizzazione di un’opera pubblica di interesse statale che sia difforme dagli strumenti urbanistici vigenti, la decisione doveva essere assunta da un’apposita conferenza di servizi: “solo la conclusione positiva della conferenza di servizi avrebbe potuto comportare anche l’approvazione delle necessarie varianti”. In ogni caso l’istanza proposta dall’Autorità portuale non riguardava affatto la richiesta di variante al Piano regolatore portuale ma solo l’accertamento di conformità urbanistica degli interventi.
Insomma, la sentenza del Tar sembra avallare appieno l’esistenza di irregolarità che sul piano penale sono sfociate nella sospensione per otto mesi disposta nei confronti di Ugo Patroni Griffi e del suo dirigente Francesco Di Leverano. Gli altri indagati sono il direttore dei lavori di ampliamento della strada, Gianluca Fischetto; l’imprenditore Gaetano Giordano; la responsabile del monitoraggio archeologico della Soprintendenza, Antonella Antonazzo, e il collaudatore tecnico amministrativo delle opere, Antonio Iaia, funzionario del Comune di Brindisi.
Dal 21 novembre sono posti sotto sequestro i varchi d’accesso perché ne sono stati realizzati 17 rispetti ai tre previsti dal piano regolatore.
Ma l’improvvisa svolta determinata dalla decisione del Tar, che fa il paio con quella assunta in sede penale dai giudici del Riesame di Lecce, riconduce la vicenda su un unico binario. Che potrebbe portare a conseguenze gravissime per il futuro prossimo del porto di Brindisi.