Invece di salvare gli immigrati trafficavano sigarette e farmaci contro l’impotenza

Il 25 giugno 2018 l’allora ministro degli Interni, Matteo Salvini, è sul ponte di comando della nave Caprera, ormeggiata a una banchina del porto di Tripoli per l’Operazione Nauras: “Sono onorato di portare il sostegno del popolo italiano ai ragazzi che sono a bordo della Caprera a coordinare, educare, istruire e salvare”. E accusa le Omg: “Il business dell’immigrazione clandestina è alimentato dalle navi di quelle associazioni che aspettano solo di recuperare esseri umani per continuare a giustificare la loro esistenza in vita. Mentre la Marina Militare Italiana e la Guardia costiera libica sono quelle che veramente aiutano, salvano e si propongono di bloccare partenze e diminuire il numero dei morti”.
Non sa il ministro Salvini che, mentre gli consegnano a bordo la maglietta con la scritta «Nave Caprera», esattamente sotto i suoi piedi, nella stiva della nave destinata a custodire pezzi di ricambio, sono stipati 70 cartoni di sigarette di contrabbando acquistati proprio grazie alla collaborazione criminale tra esponenti della Marina militare e un ufficiale della guardia costiera libica, pagandoli con il denaro che lo Stato italiano aveva messo a disposizione per salvare vite umane arginando le partenze di disperati.
Sono stati la procura di Brindisi e gli investigatori del Nucleo di polizia economico finanziaria della Guardia di finanza a ricostruire in oltre un anno di indagini il traffico di sigarette, al quale si aggiunge quello di medicinali contro la disfunzione erettile, effettuato utilizzando almeno una nave della nostra Marina militare e a individuare nel tenente di vascello Marco Corbisiero, torinese di nascita ma tarantino d’adozione, colui il quale – inviato a Tripoli per le sue capacità tecniche con il nobile obiettivo di supportare i libici nell’allestimento di una flotta in grado di interrompere le partenze di clandestini – avrebbe creato una fitta rete illegale finalizzata al proprio arricchimento personale, utilizzando impropriamente la cassa della nave Caprera (ossia il denaro dello Stato italiano destinato alla missione) per i propri affari.
Un arricchimento talmente ostentato che durante la festa di fine missione sulla Caprera, celebrata sulla nave con tanto di foto, a Corbisiero viene donata dai commilitoni (Castiglione in particolare) una torta con la scritta “Corby 100” in cui il numero, secondo la Procura di Brindisi, indicherebbe in migliaia di euro la somma guadagnata dall’ufficiale a Tripoli, solo 33mila dei quali di indennità erogate dalla Marina militare e il resto provento dei suoi «traffici».
Corbisiero è l’unico arrestato rinchiuso in carcere. Sono invece agli arresti Roberto Castiglione di Taranto, Antonio Filogamo di Villaricca (Napoli) e Antonio Mosca di Mesagne. Tutti militari della Marina in missione sulla Caprera. Ai domiciliari dovrebbe andare, ma qui c’è un problema di cattura internazionale, anche un ufficiale della guardia costiera libica: Mohamed Hamza Ben Abulad, di Tripoli, che però è ancora a piede libero nel suo Paese. Per un altro marinaio in servizio a Taranto, Mario Ortelli di Napoli, è stato disposto l’obbligo di dimora. Le misure cautelari sono state ordinate dal gip del Tribunale di Brindisi Vittorio Testi, su richiesta dei pm Giuseppe De Nozza e Alfredo Manca, coordinati dal procuratore aggiunto Antonio Negro.
Nelle ultime ore sono stati iscritti nel registro degli indagati altri due ufficiali: il fasanese Nicola Petrelli e il tarantino Francesco Castano. L’inchiesta potrebbe avere dunque ulteriori sviluppi.
Le accuse ipotizzate a vario titolo sono di contrabbando di sigarette e del farmaco Cialis, imbarco arbitrario di merci di contrabbando su una nave militare, peculato d’uso, istigazione alla corruzione, corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio e falso ideologico.
La nave Caprera, varata nel novembre 1986, è una delle sei unità in dotazione alla Marina del tipo “Moto trasporto costiero” appartenenti alla classe Gorgona. Si tratta di piccole navi-officina che possono trasportare al massimo una cinquantina di persone tra equipaggio e squadra tecnica, il cosiddetto “Sistema nave”. A Tripoli la Caprera era stata inviata in sostituzione della gemella Capri che aveva stazionato nel porto libico dal dicembre 2017 al marzo 2018. Ed è rimasta ormeggiata ininterrottamente nella base navale di Abu Sitta di Tripoli per cento giorni, sino al 12 luglio 2018, quando è salpata alla volta del porto di Brindisi.
MARE SICURO
L’Operazione Mare Sicuro voluta dal governo italiano e affidata alla Marina militare aveva un obiettivo essenziale: fare in modo che la Libia controllasse le proprie coste impedendo la partenza di imbarcazioni cariche di immigrati verso l’Italia. Per far ciò aveva donato alla guardia costiera libica dodici vecchie motovedette della guardia di finanza per pattugliare agevolmente le coste. L’obiettivo principale della permanenza a Tripoli di nave Capri e poi di nave Caprera era appunto quello di assistenza tecnica ai libici per rimettere in sesto il naviglio e metterlo nelle condizioni di prendere il mare.
La base di Abu Sitta era presidiata da guardie armate, all’equipaggio della nave era assolutamente vietato entrare in contatto e avere rapporti con cittadini libici con l’eccezione del gruppo di lavoro destinato alla rimessa in efficienza del naviglio libico e del capo missione che, operando a stretto contatto con la guardia costiera libica, godevano di margini di libertà di movimento. A capo del personale c’era il tenente di vascello Marco Corbisiero che guidava già la parte tecnica della missione con nave Capri e che era rimasto a bordo della Caprera sino al 6 maggio 2018 quando, dopo la già citata festa con torta, era rientrato nella base navale di Taranto, sua abituale sede di lavoro presso il Servizio di efficienza naviglio (Sen).
A capo della componente “Sistema Nave” era stato posto, per tutta la durata della missione, il maresciallo Roberto Castiglione. Della stessa squadra faceva parte l’elettricista Antonio Filogamo, il quale aveva condiviso con Castiglione la gestione e la custodia di un ambiente della nave denominato “Cala dei pezzi di rispetto”, o più semplicemente “Cala direttore”, una zona della stiva in cui erano custoditi i pezzi di ricambio della nave Caprera, pronti a essere utilizzati in caso di necessità durante la missione.
LO SBARCO DELLE SIGARETTE
La vicenda giudiziaria, che getta un’ombra pesante su tutta la missione della nostra Marina in Libia, inizia di domenica, in una calda mattina d’estate, quando – poche ore dopo l’ormeggio della Caprera alla banchina chiamata (guarda il destino) Garibaldi, nel porto militare di Brindisi, mentre l’equipaggio è a pranzo all’interno della nave, il sottocapo mesagnese Antonio Mosca scarica a terra alcuni sacchi neri con la scritta “Attenzione, contiene amianto: respirare polvere di amianto è pericoloso per la salute, seguire le norme di sicurezza”. Il contenuto di quei sacchi è davvero dannoso da respirare, ma non si tratta di amianto, bensì di cartoni di sigarette di contrabbando. Qualcuno probabilmente a bordo era conoscenza dell’esistenza di quel carico proibito, nascosto da mesi nella Cala Direttore, ma – ipotizza la guardia di finanza – «il traffico emerge solo a causa di un conflitto interno all’equipaggio del Caprera, sorto tra i militari permanenti e quelli in temporaneo imbarco a bordo della nave». Perché quelle sigarette erano a bordo almeno dai primi giorni di maggio, quindi oltre due mesi prima.
Lo sbarco delle sigarette viene segnalato con un messaggio Whatsapp inviato da un militare di guardia alla nave al comandante Oscar Altiero, in quel momento non a bordo e lontano dalla base della Marina: “Comandante, dispiace disturbarla, tra quelle buste ci stanno quelle famose sigarette, giusto per avvisarla”. Al messaggio viene allegata una foto. Il comandante dà ordine di riportare a bordo i sette bustoni in cellophane e di custodirli nel proprio camerino sino al suo rientro. Nel frattempo sulla banchina Garibaldi arriva dal comando di Taranto un Fiat Ducato furgonato con le insegne della Marina a bordo del quale si trova Corbisiero e che è condotto dal sottocapo Mario Ortelli, anch’egli dipendente delle officine Sen della Marina di Taranto. Devono ritirare una parte del carico di sigarette che il tenente di vascello pare abbia già venduto ai suoi colleghi tarantini. Ma il progetto, quello sì, va in fumo.
Corbisiero non si dà per vinto e si rivolge al nostromo della nave chiedendo di poter recuperare almeno i sette cartoni, confidandogli che quelle stecche erano destinate a numerose altre persone in servizio presso la Marina militare e che lui aveva “anticipato i soldi a tutti”. Corbisiero avrebbe lasciato intendere al collega che se gli avessero dato la possibilità di ritirare quei cartoni, gli altri rimasti nella nave (una sessantina) sarebbero rimasti a disposizione dell’equipaggio.
L’ARRIVO DELLA FINANZA
Il tenente di vascello, non avendo ottenuto ciò che voleva, tenta persino la carta disperata di rivolgersi allo stesso comandante. Ma quest’ultimo, la mattina successiva, informa dell’accaduto i suoi superiori e poi la procura militare e quella presso il Tribunale di Brindisi. Alle ore 14 di lunedì la procura di Brindisi invita il colonnello Gabriele Gargano, comandante del Nucleo di polizia economico finanziaria della guardia di finanza di Brindisi, a intervenire sulla nave. I cartoni di sigarette riportati a bordo dalla banchina si trovano nel camerino del comandante: contengono ognuno 50 stecche da dieci pacchetti. Il peso complessivo è di 80 chili.
Ma il grosso della merce viene rinvenuto nel corso dell’ispezione sulla nave effettuata dalla guardia di finanza quando, su indicazione dello stesso comandante, nella cala dei pezzi di rispetto ci sono altri 57 bustoni identici contenenti sigarette e altri quattro cartoni vengono ritrovati nel locale “girobussola”.
In totale vengono sequestrati 733 chili di sigarette: 3.150 stecche di “Maxico Gold Original”, di produzione libica e 300 stecche delle più “nobili” Rothmans (produzione inglese). Per un valore complessivo (all’acquisto sul mercato libico) di circa 22 mila euro.
Nel corso di una successiva perquisizione negli armadiettri dell’equipaggio saltano fuori anche 10 confezioni integre e un barattolo di Cialis. Si tratta di un farmaco, simile al più noto Viagra, che combatte la disfunzione erettile. A differenza del Viagra, che resterebbe in circolo per quattro ore, il Cialis può rimanere attivo per 36 ore. Anche i medicinali sarebbero stati commercializzati, persino sulla nave, da Corbisiero.
IL BRINDISINO
L’inchiesta si snoda tra Brindisi, Taranto e Napoli, base di stanza per nave Caprera. Unico brindisino arrestato è il sottocapo di prima classe Antonio Mosca, 41 anni, nato a Mesagne, residente a Latiano ma domiciliato a Brindisi, effettivo su nave San Giorgio. E’ stato membro in temporaneo imbarco del Sistema Nave sulla Caprera durante la missione a Tripoli. Dall’ascolto di molti testimoni e dalle riprese delle videocamere della Base navale di Brindisi, emerge che fu lui a scaricare sulla banchina i bustoni contenenti i cartoni di sigarette nella piena consapevolezza del loro contenuto. Secondo gli inquirenti sarebbe stato sempre lui a caricarli a bordo della Caprera quando era ormeggiata nel porto di Tripoli. Le operazioni di carico sarebbero avvenute nella notte tra il 18 e il 19 maggio 2018 a bordo del transpallet (mezzo formato da due forche in acciaio collegate a un braccio centrale e spinto a mano) in dotazione alla Caprera. Alla nave infatti non era possibile accostare mezzi pesanti perché, per prevenire attentati, la strada era sbarrata da new jersey in cemento armato. Quella notte la guardia tecnica era affidata a Castiglione, Filogamo e Mosca.
LA TORTA
Ci sono alcune foto che provano la presenza dei bustoni con le sigarette di contrabbando stipati nella cala della nave destinata a custodire i pezzi di ricambio. Le ha acquisite la procura e sono allegate all’ordinanza di custodia cautelare nei confronti dei sei indagati. In una immagine del 2 maggio 2018, durante la festa di addio a Corbisiero che stava per rientrare in Italia, a bordo della nave, si vedono lo stesso tenente di vascello insieme al maresciallo Castiglione. Davanti c’è la torta “Corby 100” e alle loro spalle i sacchi di cellophane nero che si scoprirà poi contenere cartoni di sigarette. Quella foto è un tassello importante contro Corbisiero perché dimostra che la fornitura di “bionde” era a bordo prima che egli lasciasse la nave per tornare a Taranto.
IL RETROSCENA
I passaggi che hanno preceduto il sequestro delle sigarette a Brindisi appaiono chiari, almeno secondo la ricostruzione effettuata dalla Procura e supportata da decine di testimonianze, oltre a intercettazioni telefoniche e ambientali, e all’acquisizione di filmati di videosorveglianza. Ma l’aspetto più inquietante della vicenda, se possibile, è nella descrizione degli eventi precedenti che dimostrerebbero come non solo Corbisiero avrebbe gestito il traffico di sigarette, ma anche come sarebbe riuscito ad acquistare il carico senza rimetterci un euro. Utilizzando invece il denaro che la nave aveva a disposizione per rimettere in sesto la flottiglia donata ai libici e fare in modo che essi potessero pattugliare le coste evitando le partenze di immigrati verso l’Italia.
IL LIBICO
Personaggio centrale nell’inchiesta viene considerato il capitano di corvetta della Guardia costiera libica Mohamed Hamza Ben Abulad, alter ego di Corbisiero a Tripoli. Intorno a lui ruota quasi per intero la gestione degli acquisti dei pezzi di rispetto e di vari altri generi (sigarette, medicinali, igiene per l’equipaggio, attrezzature sportive), di fatto monopolizzando – rilevano gli inquirenti – l’interscambio soldi-merci dell’intero contingente a Tripoli. Tutto ciò malgrado non vi fosse alcun accreditamento ufficiale per lui da parte dell’Autorità diplomatica o delle Forze armate libiche per la cooperazione con il contingente italiano.
Nel periodo in cui Corbisiero arriva in Libia, Hamza da semplice ufficiale della Guardia costiera, e pertanto un militare in servizio permanente ed effettivo, diventa l’esclusivo interlocutore del tenente di vascello che di fatto gestisce la cassa della nave Caprera. Corbisiero era proprio a capo di quella struttura deputata a garantire l’efficientamento delle 12 motovedette donate al governo libico ed era dunque l’unico interlocutore a ricevere le richieste di manutenzione da parte del comando di Tripoli. L’ufficiale italiano iniziò a dirottare tutte le richieste di fornitura verso un’impresa fino ad allora sconosciuta, la “Altikka for service” gestita da Hamza, pagando con il denaro prelevato dalle casse della Caprera. “Quanto più si inceppava il funzionamento del naviglio libico, tanto più Hamza fatturava e guadagnava e tanto maggiore – ipotizza la Procura di Brindisi – era verosimilmente la riconoscenza nei confronti di Corbisiero.
Rispondendo a una richiesta di informazioni del pm De Nozza, l’ambasciata d’Italia in Libia ha attestato che le fatture della Altikka pagate da Corbisiero erano sostanzialmente da ritenersi «false perché del tutto inesistente la società che le aveva emesse».
Quando si effettuava l’acquisto di materiale destinato al naviglio libico, l’ufficiale della Marina italiana redigeva una generica richiesta di acquisto di materiali necessari al ripristino delle unità navali senza giustificare l’acquisto.
Nel corso dei mesi in cui Corbisiero è stato a Tripoli, la inesistente Altikka dell’ufficiale libico ha incassato dallo Stato italiano oltre 122 mila euro. Con benefici per il naviglio libico inesistenti. L’ufficiale che lo sostituì da maggio 2018, Valentino Gullo ha dichiarato: “Rilevai il disappunto delle autorità libiche circa l’operato del mio predecessore: lamentavano, nonostante i numerosi interventi di riparazione, l’inefficienza di numerose unità navali. Al mio arrivo a Tripoli ho trovato solo una nave libica pienamente efficiente. Alla mia partenza ho lasciato al mio successore tutte e 12 le motovedette, sotto la nostra gestione, efficienti”
Utilizzando fondi ricavati da queste false fatturazioni , dicono i giudici brindisini, l’ufficiale italiano sarebbe riuscito a finanziare interamente l’acquisto delle sigarette di contrabbando per una somma che si aggira intorno ai 22 mila euro (19 mila per le Maxico e tremila per le Rothmans). La procura ipotizza sulla base di alcune intercettazioni che addirittura l’ufficiale italiano le avrebbe acquistate e custodite quando ancora a Tripoli si trovava nave Capri, richiamata all’improvviso in Italia. E che avrebbe poi trasferito le casse, dopo averle depositate in banchina avvolte nei sacchetti con la scritta “amianto”, sulla Caprera, giunta poche ore dopo a dare il cambio.
Gli uomini del Nucleo di polizia economico finanziaria della guardia di finanza hanno riscontrato su due conti correnti bancari e su una carta “Postepay evolution” un cospicuo numero di accrediti in suo favore iniziati nel mese di ottobre 2017 (e cioè proprio quando il militare iniziò la sua missione a Tripoli), e terminarono bel oltre il sequestro del carico di sigarette. Sarebbe la prova della cessione ai colleghi della Marina di Taranto di quote dei cartoni di “bionde”. E per la vendita delle pillole contro l’impotenza sessuale. Secondo gli investigatori, una parte rilevante dei medicinali furono recuperati da Corbisiero nel giorno del sequestro delle sigarette: approfittando delle loro piccole dimensioni riuscì a nasconderle tra gli effetti personali e trasportarle dalla nave al furgone Iveco con il quale avrebbe dovuto portare via dalla banchina di Brindisi il carico di sigarette.
LE CONCLUSIONI DEL GIP
Durissime le conclusioni del gip di Brindisi Vittorio Testi nell’ordinanza di custodia cautelare in carcere per il tenente di vascello: “Non ha esitato ad approfittare di una nobile missione internazionale, deputata a limitate il traffico di essere umani dalla Libia verso l’Italia, missione affidata alla Marina militare italiana, tra le più prestigiose e vitali dello Stato, che in virtù della sua condotta è stata sottoposta a un enorme danno dell’immagine, danno che in parte già si è concretizzato, sia all’interno dell’amministrazione che all’esterno di essa, nel momento in cui è divenuto di pubblico dominio il sequestro di sigarette di contrabbando. Corbisiero ha approfittato di quella missione perché si è appropriato del denaro dei contribuenti italiani, denaro che era stato destinato a potenziare l’intervento della Guardia costiera libica contro il turpe traffico di minori, donne, anziani, e di quell’umanità disperata che, quotidianamente e da lungo tempo, identifica quel tratto di mare compreso tra la Libia e l’Italia come l’unica via per dare voce alla speranza”.