La cocaina nella testa dei giovani rampanti della «Brindisi bene»

Il dirigente di un ente, il ristoratore, il commerciante d’abbigliamento, il rappresentante di cosmetici, il rivenditore d’auto: tutti quarantenni, in carriera, benestanti. Tutti cocainomani.
Il loro pusher, fratello di un personaggio di spicco della criminalità locale, accolto con la familiarità di un’amicizia malata, alimentata da una dipendenza cronica, autorizzato a effettuare le consegne di droga raggiungendo i clienti a domicilio. Perché i buoni clienti della coca vanno serviti a casa, non vanno agli angoli delle strade a cercare lo spacciatore come chi compra il fumo o l’eroina
E’ il quadro che emerge dall’indagine condotta a Brindisi dai carabinieri che ha portato all’arresto di otto persone, sei delle quali coinvolte in un traffico internazionale di droga.
Uno degli indagati, l’unico che ha ottenuto gli arresti domiciliari, non si dedicava al commercio in quantità industriali di marijuana, destinate in gran parte a essere spedita in altre parti d’Italia, ma alla vendita al dettaglio di cocaina, con un rapporto diretto con i clienti. Amichevole come lo si può avere con il conoscente che la domenica ti porta a casa il pesce fresco, i frutti di mare, la cassetta di frutta appena raccolta. Ma è droga.
Ronzino Lorenzo, 55 anni, brindisino, fratello del più noto Luigi (detto Banana), quest’ultimo considerato uno dei capi dell’organizzazione, aveva l’autorizzazione alla vendita delle dosi di cocaina a una clientela “selezionata”, costituita da giovani “rampanti” di quella che viene considerata la “Brindisi Bene”, quella produttiva. I nomi dei sei consumatori di cocaina, intercettati e registrati dai carabinieri più volte mentre effettuavano le ordinazioni e ricevevano la sostanza stupefacente, sono inseriti nell’ordinanza d’arresto e sono stati segnalati alla prefettura come assuntori di droga. Ovviamente non sono indagati, come ogni tossicomane.
Lorenzo non fa parte dell’organizzazione e, dalle indagini, emergerebbe che lavori in proprio, probabilmente con il benestare del fratello. Utilizza un seminterrato in via Lauro, nel centro storico di Brindisi, fornitagli in comodato gratuito da un pensionato, per lo stoccaggio e la custodia delle dosi di cocaina. E’ questa la sua base operativa in cui i carabinieri fanno irruzione il 17 ottobre 2019 e sequestrano 73 grammi di cocaina già suddivisi in vari involucri, pronti a essere smerciati. Lorenzo è furbo, non va in giro con la droga: riceve le ordinazioni per telefono, o via messaggio, ed effettua la consegna a domicilio della quantità richiesta. Tra i suoi fornitori, il titolare di una stazione di servizio tra Brindisi e San Pietro Vernotico. Quasi ogni giorno, Lorenzo si riforniva di cocaina e la trasferiva nella cantina di via Lauro. La consegna avveniva a bordo della sua Fiat Punto, sulla quale i carabinieri hanno collocato un gps e una microspia. Registrando tutte le conversazioni ambientali, oltre a quelle telefoniche del suo cellulare.
Ne viene fuori un mondo parallelo a quello reale in cui giovani che hanno dato spesso prova nella loro vita professionale di avere capacità e di essersi costruiti un’immagine positiva nei loro campi lavorativi, quasi sempre felicemente sposati con bambini in tenera età, si riforniscono in maniera patologica con frequenza quasi quotidiana di cocaina. C’è il commerciante d’auto che si fa portare la droga in officina, ma che non esita a farsela consegnare anche in una stradina del centro mentre è a passeggio con moglie e figlio. C’è il ristoratore che ordina la cocaina presso il suo locale e così fa anche il negoziante d’abbigliamento. La droga ceduta tra i clienti.
Il pusher ha con tutti un rapporto molto confidenziale, ricambiato dai cocainomani che lo chiamano Ronzino e che apprezzano anche la sua tolleranza quando non pagano le dosi. Qualcuno di loro arriva ad accumulare anche debiti che superano le mille euro. Ma Lorenzo è paziente, sa che i suoi clienti sono facoltosi e onoreranno il loro debito.
Il responsabile dell’ente, secondo quanto emerge dalle intercettazioni, commissiona le consegne nel centro cittadino, tra corso Roma e piazza Matteotti, davanti a un bar o anche nel suo ufficio.
I suoni che la microspia cattura nell’auto al momento della consegna sono sempre gli stessi: quello delle banconote che vengono contate e quello degli involucri di cellophane che contengono la cocaina. Uno scambio rapidissimo, lontano da occhi indiscreti, ma non da orecchie elettroniche.
Nessuno parla mai di droga esplicitamente, ma secondo gli investigatori non esistono dubbi: si fa riferimento al numero delle dosi richieste, al denaro dovuto o preteso. Ogni incontro concordato viene preceduto dal solito viaggio che Ronzino Lorenzo compie verso il seminterrato di via Lauro, quello in cui poi i carabinieri nell’ottobre 2019 sequestrarono i 73 grammi di cocaina, oltre a sostanza da taglio, bilancino e circa 1.200 euro in banconote di piccolo taglio.
“Non vi è dubbio”, scrive il magistrato inquirente nella sua ordinanza di custodia cautelare, sulle finalità degli incontri “periodici e metodici” tra Lorenzo e i sei assuntori di cocaina. “Tutti clienti (anche facoltosi) dell’indagato, stabilmente riforniti da questi di cocaina in dosi già preconfezionate dietro corrispettivo denaro contante e a prezzi di mercato (se è vero com’è vero che alcuni avevano accumulato debiti nell’ordine di alcune migliaia di euro).