di Gianmarco Di Napoli per IL7 Magazine
No, la pistola no. E’ stata una mia scelta, sin dal primo giorno. Un sindaco non può andare in giro armato”: Domenico Conte, in quella che è probabilmente la provincia italiana a più alto tasso di giunte cadute (sei su 20, quasi una su tre) resta saldamente in sella al Comune di San Vito dei Normanni del quale è diventato primo cittadino da out-sider, catapultato a Palazzo di Città dagli uffici della questura di Brindisi dove comandava la sezione Antidroga della Squadra mobile. Mica uno sbirro qualunque: i primi anni li ha trascorsi per strada a Napoli, nel periodo in cui i camorristi si scannavano ogni giorno. Poi il rientro a Brindisi quando la Sacra corona e il contrabbando si lasciavano una scia di morti e feriti e la Squadra mobile non era l’ambiente più sano. Ma questa è un’altra storia e non vogliamo ripercorrerla ora, con lui. Desideriamo invece capire come il sindaco-sbirro, sostenuto da Pd, Noi a Sinistra e da due liste civiche, eletto a sorpresa, sia ancora lì, solidamente alla guida del paese, mentre molti suoi colleghi sono tornati da tempo a casa. E San Vito riceve, unica in provincia di Brindisi, il premio nazionale per le Cento migliori mete italiane grazie ai progetti per il riutilizzo dei beni confiscati alla malavita.
Sindaco, ci sveli la formula vincente.
“Il primo ingrediente è stato il sorriso. Questa è la prima cosa che ho detto nella prima riunione pre-elettorale, se la ricordano tutti: armiamoci di sorriso e andiamo nelle case a parlare con a gente. Davanti a me avevo molti giovani, quasi tutti alla prima esperienza. Abbiamo percepito che la gente gradiva questo avvicinamento, voleva parlare ed essere rassicurata”.
Sì, d’accordo. Il sorriso. Magari buono per farsi eleggere. Ma il problema, più che arrivare, è restarci. A Brindisi, ad esempio. Simpatia, sorrisi, incontri con la gente e poi neanche un anno di vita. Francavilla è l’ultima nobile decaduta.
“Ci sono state due chiavi decisive: la prima è stata quella, durante il ballottaggio, di non fare accordi con nessuno. E questa è stata una mia condizione che, in un primo tempo, è stata vista con una certa preoccupazione. Dissi: nessun apparentamento con chi non ha condiviso dal primo momento il programma e il nostro modo di vedere le politiche per San Vito. Abbiamo le nostre quattro liste, andiamo avanti così. Questo penso sia stato decisivo, nonostante dall’altra parte si fossero collegate ben undici liste. Praticamente tutti i nostri avversari uniti contro di noi: ma avevo percepito che la gente non aveva gradito questo ricongiungimento tra vari fronti del centrodestra tant’è che sono certo di aver ricevuto moltissimi voti da elettori di destra. La seconda scelta vincente è stata quella degli assessori: avevo promesso che la giunta sarebbe stata composta esclusivamente dai consiglieri più votati e così ho fatto. Ho ritenuto di non dare spazio a nessun esterno. Ero stato chiaro sin dall’inizio. E così gli assessori con cui ho iniziato quest’avventura sono ancora lì”.
Ma non sempre i più votati hanno le qualità specifiche per diventare assessori.
“E proprio questa è stata una fortuna. Io ho una fede profonda e penso che in alcune decisioni, oltre alla mia personale analisi, mi abbia anche aiutato molto il Signore. Seguendo le preferenze ricevute dai sanvitesi abbiamo avuto un vicesindaco, assessore alle Attività produttive, che è un avvocato civilista, Valerio Longo. L’assessore all’Urbanistica (per la prima volta abbiamo raggruppato anche i Lavori pubblici perché sin dal primo momento abbiamo deciso di fare in questo settore una vera rivoluzione a San Vito) è un architetto urbanista, Vincenzo Sardelli, che ha lasciato totalmente tutti i suoi incarichi per dedicarsi a questo. Assessore all’Ambiente è Vanna Sabatelli che è un ingegnere ambientale, molto capace, giovanissima, 32 anni. Assessore alle Finanze, un ragioniere commercialista, Enzo Francavilla, titolare di uno studio avviatissimo. Assessore ai Servizi sociali e Pubblica istruzione un’insegnante, Lena Gaeta, con un’esperienza precedente di 13 anni all’interno dell’ente comunale. Un gruppo forte, determinato dagli elettori, non dalla politica. E anche dal destino”.
A San Vito i più votati sono stati professionisti. Come mai in altre realtà, come ad esempio Brindisi, i professionisti preferiscono non mettersi in gioco lasciando la scena politica spesso a chi non ha alcun titolo o lavoro?
“Le faccio l’esempio dell’architetto Sardelli. Lui ha avuto un grande coraggio a candidarsi e ad accettare di fare l’assessore all’Urbanistica. E’ molto determinato perché lui, andando a scardinare vecchi equilibri, non senza critiche e tra mille difficoltà, sta facendo cose rivoluzionarie. Un libero professionista quando si dedica alla politica e fa l’assessore deve mettere in conto che sotto l’aspetto professionale si sta rovinando o per lo meno rischia di avere delle ripercussioni negative enormi. Quindi mette in gioco la sua vita professionale e familiare. Non tutti sono disposti a farlo”.
In questa esperienza di Domenico Conte sindaco quanto c’è del Mimmo Conte poliziotto?
“Molto. C’entra molto il poliziotto e c’entra molto anche il sindacalista. Per quindici anni sono stato segretario provinciale del Siulp, per 20 anni consigliere nazionale di cui dieci da dirigente nazionale. L’aver fatto il sindacalista mi permette di guardare negli occhi le persone e di riuscire a pesare il tavolo a cui sto partecipando. Molte volte la mia mancanza di competenza in alcune materie viene compensata dalla mia capacità di riconoscere le persone per quanto possono essere attive e leali. E questa cosa mi è servita dal primo giorno che sono stato lì dentro. Io ho cambiato il segretario comunale, un segretario che era lì da 14 anni e che aveva in mano tutti i settori. Ecco, quella è stata una scelta fatta anche grazie alla mia esperienza».
Ha detto di avere un rapporto particolare con la Fede.
«La fede è un risvolto intimo della vita di ognuno. Per me ha un valore importante nella vita quotidiana e cerco di viverla applicando i miei principi ad ogni momento della giornata. Sin dal primo giorno di questo percorso politico mi sono rapportato con il Signore, così come faccio giornalmente.
La Fede mi ha aiutato e sostenuto in momenti difficili e nelle decisioni importanti da prendere”.
E’ sempre stato un cattolico praticante?
“No, prima non avevo questa fede. Il mio percorso che è nato a Medjugorje, nel 1996, durante un viaggio compiuto con mia moglie per un’esigenza intima, personale. In quel momento in Jugoslavia c’era l’ultima coda della guerra, non partivano le navi. Si viaggiava un solo giorno alla settimana per Spalato da Ancona. Ma noi siamo voluti andare e da quel viaggio è cambiato tutto”.
E il suo percorso religioso come si è intrecciato con quello politico?
“Quando ho affrontato la campagna elettorale, da due anni avevo intrapreso un cammino di fede con don Giuseppe Laghezza. Partecipavo regolarmente all’adorazione eucaristica che si teneva il martedì. Il primo che ha saputo della mia candidatura è stato proprio lui, don Giuseppe che è stato il mio padre spirituale. Quando ho iniziato la campagna elettorale non ho smesso di partecipare agli incontri eucaristici del martedì sera, chiedendo addirittura – in una occasione – di rinviare una coincidente visita di un parlamentare. Nessuno sapeva cosa facessi il martedì sera, forse pensavano che giocassi a calcetto o qualcos’altro. Hanno saputo la verità solo un anno dopo che ero stato eletto sindaco. E poi c’è stato un altro segnale”.
Quale?
“Quando monsignor Fabio Ciollaro da San Vito è stato trasferito al Duomo di Brindisi (un sacerdote che in dieci anni ha svolto un lavoro eccellente per la nostra comunità), ho saputo che don Claudio Macchitella, cappellano provinciale della Polizia di Stato, era stato inviato al suo posto alla chiesa madre di San Vito. In giunta informai i miei assessori del trasferimento di don Fabio e loro erano tutti comprensibilmente dispiaciuti perché arciprete molto stimato. Ma io dissi scherzosamente: non vi preoccupate, a San Vito sta arrivando un altro «poliziotto». Capisce? In questo percorso che si sta compiendo ci sono tanti segni. E don Claudio, sicuramente consapevole del testimone importante da lui raccolto, a San Vito sta svolgendo un lavoro altrettanto fondamentale per l’ulteriore crescita della nostra comunità. Un progetto che condivido e al quale tento giornalmente di dare il mio contributo. Perché non è solo un cammino di fede, ma anche di apertura alla gente perché le parrocchie non sono soltanto luoghi di preghiera, ma di aggregazione, di confronto, di crescita”.
San Vito ha vissuto un lungo percorso di sofferenza. E’ stato il paese tristemente famoso in Italia per le estorsioni, poi uno dei capofila per la lotta al racket con i commercianti a far fronte unico contro la malavita.
“Anche in questo caso ci sono una serie di circostanze che sembrano far parte di un unico disegno. La candidatura di Domenico Conte è arrivata parallelamente a quella alla Regione di Michele Emiliano. Il suo battesimo politico è avvenuto proprio qui, a San Vito, quando da pm organizzò una riunione con i commercianti nella parrocchia San Francesco con i padri mercedari e poi l’incontro con Tano Grasso. Io quella notte, in cui poi la malavita rispose con una bomba a una scuola, ero in servizio. Il racket pochi mesi dopo fu sconfitto e iniziò un percorso di rinascita per il paese. Emiliano non sapeva della mia candidatura a sindaco, quando ne è venuto a conoscenza eravamo già in corsa. Ci siamo sentiti di notte, le telefonate tra noi sono da mezzanotte alle due. Esiste un legame forte con me e soprattutto con San Vito”.
E adesso arriva un premio nazionale collegato ai progetti realizzati con gli immobili sequestrati proprio a quella malavita che negli anni Novanta aveva marchiato il paese.
“C’era stato già un primo riconoscimento perché Il sindaco di San Vito ora è consigliere regionale Anci. E proprio mentre partivo per andare a Montecitorio in rappresentanza di Anci Puglia mi è arrivata la notizia del premio, “Le cento mete d’Italia”. Io sono molto diffidente in questi casi, perché quasi sempre si tratta di iniziative in cui per essere inclusi bisogna contribuire economicamente. Siccome il Comune di San Vito ha risorse irrisorie da destinare a questi progetti, mi hanno inseguito per dieci giorni sino a quando non ci siamo resi conto che era una cosa davvero seria e che San Vito era stato scelto, unico comune della provincia di Brindisi e tra sei o sette della Puglia”.
Non un riconoscimento turistico, ma forse più importante.
“Senza dubbio. San Vito è stato premiato per Innovazione, trasparenza e legalità. Abbiamo ricevuto un immobile di 50 ettari, occupati da vigneti e uliveti provenienti da una confisca. Si tratta di una bella azienda e siccome abbiamo il problema del randagismo, ho pensato che un canile a sette chilometri dal paese, dove non avrebbe creato problemi a nessuno, poteva essere una soluzione giusta. L’idea era quella che il canile potrebbe essere utile anche ad altri. E così, grazie all’ottimo rapporto che abbiamo con i comuni vicini, si è trovato un accordo con Ostuni, Carovigno, Latiano, San Michele e Ceglie. Sarà un canile intercomunale con il patrocinio della Prefettura. E poi abbiamo un piccolo gioiello, una villa signorile bellissima, anche se ridotta male. Confiscata anch’essa. Abbiamo un altro cruccio, io e il mio presidente del Consiglio, Piero Iaia, un ragazzo è impegnato nel sociale. Creare un centro per bambini affetti da autismo. Ho pubblicato una manifestazione d’interesse sulla villa, hanno partecipato tre cooperative e una si è aggiudicata la gestione. Diventerà un centro polivalente per bambini autistici con una chicca: siccome lì c’è una dependance, l’idea è di realizzare degli appartamentini per ospitare i parenti dei ragazzi, per ricreare una vita familiare durante la giornata. Una delle tre ditte ha fatto ricorso, sostenendo che ci sono stati degli intoppi procedurali. Voglio capire bene cosa è accaduto e quali siano gli interessi in campo.
Riecco lo sbirro.
“Nel terzo settore ci sono dinamiche che andrebbero approfondite. Le cronache riportano casi di utilizzo di strutture destinate ai più deboli da parte della criminalità. Tutto ciò avviene a discapito di chi dovrebbe essere assistito e questo rende la cosa ancora più grave. Come andare a rubare negli ospedali. Finché sarò sindaco mi preoccuperò di vigilare molto attentamente che nel mio territorio questo non accada”.
Il poliziotto entra spesso in gioco, alla fine. Può essere un male?
«Molte volte l’opposizione strumentalizza la questione del sindaco poliziotto, come se con la ia presenza non si dovessero più consumare reati. Ma il sindaco poliziotto è consapevole che all’interno del territorio ci sono una stazione dei carabinieri e una compagnia. Svolgono un lavoro eccellente e io, così come i miei concittadini, abbiamo fiducia nel loro operato. Non mi intrometto mai nel loro lavoro, ma ogni qualvolta mi viene chiesto un consiglio, non mi sottraggo e cerco di dare il mio contributo attraverso la mia esperienza».
Ma per la malavita locale lei ritiene di essere un deterrente?
“Da quando è iniziata questa esperienza, le frequentazioni all’interno del Comune di alcuni soggetti sono finite, non perché prima fossero assidue. Ma più di qualcuno ha capito che chiedere qualcosa con la “fisicità” e l’intimidazione dello status di malavitoso non avrebbe nessuna influenza. Dopo di che se capita prendo il caffè e stringo anche la mano. Però sempre in maniera trasparente, alla luce del sole”.
Quando ritorna a casa qualcosa è cambiato? Prima faceva tardi da poliziotto, ora immagino faccia tardi da sindaco.
“La mia famiglia sin dal primo momento ha avuto perplessità sulla mia scelta. Tuttavia mi ha sempre sostenuto e mi sostiene. Posso raccontare un episodio. Un giorno, a tavola, quando già ero stato eletto, la mia figlia più piccola mi ha detto: io non ti voglio sindaco, ti voglio poliziotto. Le ho chiesto come mai non me l’avesse detto prima e lei mi ha risposto semplicemente: perché me ne sono accorta ora. La mia figlia più grande, in un compito in classe doveva parlare della politica e mi ha chiesto: papà, è vero che la politica è sporca? E le ho risposto: no, la politica è pulita, sono certi uomini che a volte la sporcano. Ecco, mi piacerebbe che pensassero che il loro padre anche questa volta è in missione, come quando tante volte non rientrava a casa per settimane, come successe quando catturammo il mostro che aveva ucciso Melissa Bassi. Garantire il futuro dei ragazzi come loro, fare in modo che la legalità sia rispettata, vedere San Vito rifiorire. Questo è ciò che sto cercando di fare per loro per i sanvitesi. Tengo molto alla stima dei miei concittadini, ma i tre voti cui tengo di più sono quelli della mia famiglia».