di GIANMARCO DI NAPOLI per IL7 MAGAZINE
Il dottor Fernando Marino, presidente del Movimento politico “Brindisi in Alto”, ha voluto dedicare al sottoscritto un lungo e isterico monologo sulla sua pagina Facebook. Pur non ritenendomi io così importante da meritare che distraesse tutto quel tempo alle sue ben più rilevanti attività, devo dire che ne aveva facoltà, perché siamo in un paese libero e democratico, in cui ognuno può (e deve) esprimere il proprio parere. E non starei qui a tediare i nostri lettori (che pure loro avrebbero diritto a leggere di questioni più interessanti) se Marino, nel suo rabbioso soliloquio non avesse finalmente svelato pubblicamente quale sia la sua idea sulla libertà di pensiero e soprattutto quale ruolo egli attribuisca alla stampa, convinzioni che in realtà erano tracimate qua e là a durante il suo zoppicante percorso politico, ma che non aveva prima d’ora mai messo per iscritto.
Oggi finalmente si svela: i giornalisti per lui dovrebbero essere releganti al ruolo di zerbino, o nel suo caso di tappetino posteriore.
E’ però necessario fare un piccolo passo indietro per ricordare cosa avevamo scritto su queste stesse pagine, la scorsa settimana, e che ha provocato una reazione così scomposta e piena di rancore. Ma soprattutto ingiustificata. Nell’editoriale che avevamo dedicato all’elegante gesto compiuto da Roberto Cavalera, candidato sindaco sconfitto, recatosi immediatamente a stringere la mano al suo avversario vincitore Riccardo Rossi, avevamo sottolineato che un simile atto di correttezza politica non era stato compiuto dal suo precedessore il quale (unico caso che si ricordi, forse nell’Italia intera) non aveva mai riconosciuto il successo di Angela Carluccio, al punto da non farle neanche una telefonata, con l’aggravante della totale assenza di cavalleria. E avevamo sottolineato come quel gesto avesse innescato una serie di reazioni a catena che avevano pregiudicato non solo la storia di quella amministrazione, ma anche la carriera politica dello stesso Marino il quale dopo quella clamorosa sconfitta ne aveva incassate altre due a stretto giro di posta: prima sostenendo la candidatura al Parlamento di Vittorio Zizza e poi quella a sindaco di Cavalera. Entrambi sconfitti.
Al movimento di Marino è toccato così un solo consigliere comunale, l’esordiente Umberto Ribezzi, che sarà il “giocatore” a disposizione del coach, ruolo che notoriamente il presidente di Brindisi in Alto si è autoaffidato.
Riteniamo, in quell’editoriale, di aver riportato fatti oggettivi e incontestabili, oltre a riflessioni che possono essere condivise o meno, ma garantite dalla libertà di pensiero sancita dalla Costituzione. Riflessioni che di certo non erano “palesemente denigratorie”, come definite nel suo monologo su Facebook da Fernando Marino. E lui lo sa bene perché nei confronti dei giornalisti che scrivono il falso la norma garantisce di tutelarsi in sede penale e in sede civile: esistono la querela e la richiesta del risarcimento del danno, laddove qualcuno si senta diffamato. E se Marino avesse davvero ritenuto di essere stato denigrato si sarebbe potuto rivolgere a un avvocato invece di affidarsi a Facebook. Non c’è alcuna diffamazione o falsità. Semplicemente il nostro non gradisce che qualcuno possa mettere in dubbio le sue qualità e la legittimità delle sue scelte.
E veniamo al clamoroso outing compiuto da Marino, con il quale è lui stesso a ufficializzare in che modo tratta i giornalisti scomodi: “Nel 2015, per valutazioni esclusivamente di merito ed a lungo soppesate, io e il mio staff decidiamo di sostituire Gianmarco Di Napoli, affidando ad Antonio Celeste il ruolo di telecronista ufficiale delle partite della squadra di basket”. All’epoca pensai che quella decisione fosse stata legittimamente assunta dall’editore della tv, padrone di scegliere a chi affidare le proprie trasmissioni, tanto più che Celeste è un ottimo professionista e che nel nostro mestiere fa parte del gioco sostituire o essere sostituiti. Del resto io stesso ero subentrato ad Antonio e per diversi anni – prima con Ciccio Riccio e poi con Studio 100 – mi ero occupato del basket. Lo avevo preso come un hobby, dedicandomi io ad altro tipo di giornalismo, e per questo lo avevo fatto per tutti quegli anni senza mai chiedere e ricevere un euro, né da un’emittente né dall’altra. Per la semplice passione, per il desiderio di contribuire al successo di una cosa nostra, tutta brindisina, la nostra squadra di pallacanestro.
La mia surroga con Celeste dunque scivolò serenamente e con il rispetto e la stima per un collega valido. Ma oggi resto sconcertato nell’apprendere da Marino che non fu l’editore della tv e neanche il direttore giornalistico, ma il presidente della New Basket e il suo staff a decidere chi dovesse essere il “telecronista”, allontanando chi come me non fornica alcuna garanzia di sudditanza e lo aveva dimostrato più volte, tanto da scatenare le ire del Marino medesimo, poco propenso ad accettare le critiche.
E in effetti, come egli stesso ricorda nella sua esternazione pubblica su Facebook, ma modificandone contenuti e contorni, fu protagonista di un gravissimo episodio di violenza nei miei confronti. Non è vero che mi “apostrofò malamente”, come ha scritto, al termine di una partita persa. In realtà tentò di aggredirmi fisicamente, per di più alle spalle, e non si fermò per sua volontà ma perché bloccato da quelli del suo “staff”.
Insomma Marino, nel caso la sua strada si incroci con qualcuno che non scrive ciò che lui vorrebbe, gli toglie il microfono e magari tenta anche di prenderlo a sberle in faccia, anzi alla schiena.
Un atteggiamento che ovviamente non ha tenuto solo con il sottoscritto ma anche con quelli (pochissimi) che in questi anni hanno osato mettere in dubbio la sua convinzione di essere infallibile e non criticabile. Basti ricordare le sgradevoli uscite nei confronti di alcune giornaliste, e in particolare delle colleghe Lucia Portolano e Roberta Grassi, che nel corso di conferenze-stampa osarono porgli domande non gradite. Con una tale rudezza che l’Ordine intervenne chiedendo “il rispetto della professionalità non solo delle due colleghe, ma dell’intera categoria che continua a fare il suo dovere, cioè informare i lettori”.
Se poi il giornalista che Marino dichiara di aver sostituito con uno di sua fiducia e che ha tentato invano di picchiare sul parquet del palasport viene persino assunto come responsabile della comunicazione di una sconosciuta candidata a sindaco e contribuisce (poco o tanto, importa relativamente) alla sua vittoria, proprio a scapito dell’ultrafavorito Marino, ecco che la frittata è fatta e il Nostro perde completamente la lucidità per comprendere ruoli e doveri.
Il sottoscritto, durante la campagna elettorale, e poi quando è stato assunto (per meriti, probabilmente) come “portavoce della sindaca” ha svolto solo il suo lavoro, che non era più – in quelle vesti – quello di informare giornalisticamente, ma di essere responsabile di un’informazione di parte, quella dell’Amministrazione comunale. Compito che impone al giornalista persino di staccarsi dall’Ordine professionale per tutto il periodo in cui svolge quel ruolo perché di fatto svolge altre mansioni. Aver interrotto quell’esperienza, seppur interessante e compiuta accanto a persone per bene, è stato tutt’altro che uno choc.
A me non interessava il posto fisso, caro Marino. Se fosse stato così nel 2002, quando ero uno dei cronisti più quotati a “Nuovo Quotidiano di Puglia”, dopo essermi occupato per 15 anni di criminalità organizzata in piena guerra di mafia, non mi sarei certo dimesso da quel giornale, rinunciando a un contratto a tempo indeterminato che mi sarei portato sino alla pensione. Altro che Checco Zalone.
Avevo un sogno: volevo realizzare un quotidiano che fosse davvero libero e soprattutto completamente brindisino. Ci sono riuscito, e l’avventura è andata avanti per quasi dieci anni. E i ragazzi venuti fuori dalla nidiata di Senzacolonne occupano tuttora le scrivanie più importanti di quasi tutti i giornali cartacei e on line di Brindisi e provincia. Purtroppo poi le cose sono andate male, è arrivato il web, le vendite sono calate e noi eravamo presi dalla frenesia di andare avanti ogni giorno, per sopravvivere. Non ci siamo riusciti.
Ora la cosa più triste è che lei tenti anche di strumentalizzare quei giorni in cui chiedemmo aiuto invano a tutti gli imprenditori brindisini. E non c’erano bilanci da mostrare ma solo risorse economiche da trovare per far sopravvivere qualcosa che apparteneva a tutta la città. E questa, come ha ben scritto lo squisito dott. Giuseppe Antonelli commentando il suo soliloquio, non può essere presentata come “un’opera di carità”. Non avevamo bisogno della sua carità, Marino e per fortuna non l’abbiamo trovata.
E non ci siamo arresi. La nostra passione, il desiderio di restituire a Brindisi un suo giornale cartaceo, anche a costo di mille sacrifici economici, ci ha ripagato. IL7 oggi è una splendida realtà, una delle più importanti del Salento. Così, purtroppo per lei e per tutti quelli che pensano che la stampa possa essere imbavagliata, andremo avanti, altro che “basta”. Continueremo a raccontare la verità, soprattutto quella sgradita.
E a lei, dott. Marino, oltre ad affidarsi ad altri eventuali monologhi in cerca di like, resta un’unica possibilità per farci tacere: riunisca di nuovo il suo staff, valuti e soppesi con attenzione le sue decisioni. E chieda al mio editore di cambiare direttore.