La spiaggia di Giancola nell’incuria, ma i suoi fondali un patrimonio della Natura

Con l’estate, ahimè, oramai agli sgoccioli, il pretesto per poter parlare ancora del nostro mare, in particolare di un tratto di costa e di fondale non apprezzato dai brindisini per quello che, invece, offre sia dal punto di vista storico che naturalistico che, più semplicemente per la sua bellezza, mi viene offerta dalla partecipazione personale, assieme al gruppo sub gli ‘Ncilonauti del Marina di Brindisi di cui mi onoro far parte, agli amici di PuliamoilmareBrindisi e a tante altre associazione e volontari, un centinaio di persone in tutto, alla rimozione della plastica e pulizia della spiaggia e dei fondali di Giancola, sul litorale nord di Brindisi, fra la vecchia spiaggia della Provincia e l’antica Torre Costiera.
Su questo tratto di zona costiera ci sarebbe da dire, scrivere e mostrare tanto, in quanto si tratta di una zona davvero molto importante sia dal punto di vista storico che naturalistico, dal momento che il canale – meglio sarebbe dire il torrente per non ricadere nell’equivoco che possa trattarsi di un qualcosa di artificiale creato a fini irrigui – Giancola ricade in zona SIC, acronimo di Sito di Interesse Comunitario, ai fini della conservazione degli habitat naturali e della flora e della fauna selvatiche, mentre la zona della foce del torrente è, probabilmente, quello che fu scelto dagli uomini primitivi per creare il primo insediamento sulla zona costiera brindisina, oltre 10.000 anni addietro.
Al fine di non mettere a dura prova la pazienza dei lettori, limito volentieri la mia “testimonianza” odierna alla spiaggia ed ai fondali di Giancola.
Come di consueto alcuni giorni prima dell’evento, mi sono recato sul posto di buonora, precisamente poco dopo l’alba del giorno di Ferragosto, per dare un’occhiata, in beata solitudine, al vecchio lido e poter scegliere con attenzione il punto migliore per calarci in mare.
Lasciata l’auto dal lato opposto della litoranea, per giungere al lido attraverso con attenzione un tratto di dune letteralmente “invase” da Gigli di mare in fiore e, man mano che mi avvicino alle vecchie e abbandonate strutture di quella che un tempo era stata la Spiaggia della Provincia, in quanto per un quarto di secolo destinata ai dipendenti dell’Ente Provinciale e che poi e fino a pochi anni fa è rimasta in auge, gestita da privati, provo una stretta al cuore vedendo la situazione in cui si trova ora, con le cabine quasi tutte distrutte mentre ancora reggono con decoro le costruzioni un tempo adibite a bar e punto ristoro.
Anche se il lido continua ad essere utilizzato e frequentato da centinaia di bagnanti come spiaggia libera, per quanto riguarda il contorno sembra essere in zona di guerra e le tonnellate di rifiuti presenti sull’arenile e nei pressi del canale, fino ad intasarlo, rendono ancora più drammatica la situazione e rendono evidente come non si possa fare affidamento solo sulle striminzite finanze pubbliche per mantenere al di sopra dei limiti della decenza ciò che è patrimonio di tutti.
Sappiamo da anni che lo stabilimento balneare dell’Amministrazione Provinciale in località Giancola è destinato alla demolizione, almeno da quando l’Agenzia del Demanio Marittimo ha negato sia il rinnovo della concessione che il subentro di una nuova società nella gestione del Lido, come sappiamo anche da tempo che, in un futuro più o meno vicino o lontano, l’area di Giancola sarà interessata da importanti interventi per la sua valorizzazione e fruizione come patrimonio naturale facente parte della Rete Ecologica Regionale.
Ciò che non sappiamo, non ci spieghiamo e non capiremo mai, è per quale ragione, dal momento che, come insegna il caso Materdomini, fra il dire ed il fare, oltre che di mezzo il mare, c’è anche l’incuria e la sciattezza degli uomini, non si provvede a radicali interventi di bonifica e pulizia e, di poi, alle ordinarie e periodiche operazioni di pulizia che, fino a quando la Provincia è stato un Ente con un proprio patrimonio, attrezzature adeguate ed una propria dignità, si erano sempre fatte e non solo in questa zona.
Altra fitta al cuore quando, dopo dieci minuti di camminata, giungo dietro Torre Testa – il cui nome completa sarebbe Torre delle Teste di Gallico o Jaddico che dir si voglia – e scopro che la piattaforma–basamento di roccia da cui, fin da ragazzi, ci calavamo in mare per raggiungere a nuoto per immergerci al Taglio di Giancola, non esiste più, essendo franato in mare.
Mentalmente cerco di ricordare a quando risale l’ultima immersione fatta via terra su quel taglio ricco di pesce e vita sottomarina e credo che fosse nei primi anni del nuovo millennio, in quanto, successivamente la pigrizia e l’età che avanzava, ci ha spinti a raggiungere il sito con il gommone ed a scegliere luoghi più agevoli e più facilmente accessibili e vicini alla costa per le immersioni via terra.
Stante l’impossibilità di poter prendere il mare dal promontorio della vecchia Torre, stante il rischio di sfracellarci sulle rocce, il giorno prescelto per le operazioni di pulizia, il 19 agosto alle 17,00, dopo aver salutato gli amici impegnati sulla spiaggia, prendiamo il mare, armati di capienti retini e buona volontà, dall’arenile sabbioso e raggiungiamo a nuoto il costone roccioso sotto la torre e la falesia, dove le correnti hanno fatto annidare rifiuti di ogni genere, che è persino inutile voler riassumere, mentre sicuramente molto meglio è raccontare la magia e la bellezza di una immersione in un posto, grazie alla relativa lontananza dalla costa, quasi incontaminato dall’uomo
Si tratta di un’immersione consigliabile anche ai neofiti, dal momento che la profondità massima non supera mai i 18 metri e, partendo dalla costa, è possibile ammirare fin da subito non solo begli scenari naturalistici, ricchi di fauna e flora marina, ma anche alcuni segni dell’antico passato.
Il riferimento è soprattutto alle numerose terrecotte antiche, oramai incrostate ed incastonate alle rocce tanto da divenire un tutt’uno con i fondali ricoperti di coralligeno.
È tutt’altro che raro che pezzi di anfore ed altri materiali naturali e non si siano nei secoli trasformati in tranquilli rifugi per la fauna marina: polpi, gamberi, granchi e piccoli pesci amano colonizzare questi laterizi.
Si tratta probabilmente di lavorazioni gettate in mare in quanto difettose o rotte, provenienti dalle varie fornaci che in epoca imperiale erano state impiantate nella zona di Giancola per riempirle di pregiato vino locale destinato al resto del mondo conosciuto, sfruttando a scopi commerciali la gran quantità di creta della falesia, quella stessa falesia che ai giorni d’oggi sta creando sempre più problemi di stabilità a causa dell’erosione della costa, tanto da mettere a rischio strade e costruzioni che lambiscono la costa
Giungendo più al largo, lì dove il fondale giunge a -16/18 metri, si giunge sul punto più bello, naturalisticamente parlando, della zona.
Il ciglio roccioso ed i grossi massi incrostati di vegetazione, soprattutto caluerpa – un’alga infestante di origine tropicale che non permette alla vegetazione autoctona di crescere e proliferare come prima, ma che ha, comunque, una sua bellezza estetica, – sono pieni di anfratti e fessurazioni densamente abitate da pesci di ogni genere, da giovani murene che condividono la loro tana con gamberetti pulitori che si nutrono dei residui di cibo rimasti fra gli aguzzi denti della vorace coinquilina con cui hanno imparato a convivere in armonia, a quelle occupate da vere e proprie colonie di saraghi od occhiate anche di notevole pezzatura.
Per chi è appassionato di fotografia subacquea è una vera pacchia poter inquadrare gli animali in tana, che a differenza dei pesci al passo, come le Ricciole, abbastanza comuni da avvistare in questa zona sul finir dell’estate, non si allontanano ma, al più, si rintanano ancora più all’interno fino quasi a mettersi in posa per l’obiettivo.
La visibilità è quasi sempre perfetta in quanto in tutto lo specchio acqueo che va da Torre Guaceto a Punta Penne il mare, grazie al gioco perenne delle correnti, è particolarmente limpido e cristallino.
Ad ispezionare centimetro per centimetro le rocce sul fondale si scoprono e si notano tantissime forme di vita microscopiche, in genere molluschi nudibranchi, piccoli crostacei e vermi, dai variopinti colori.
Non c’è dubbio, però, che la regina del Taglio di Giancola è l’Aragosta, un tempo molto comune, ma che sopravvive ancora con qualche esemplare ed è sempre una emozione trovarsela di fronte e poterla immortalare in uno scatto.
Qualche pericolo, anche per l’uomo, può venire dal famigerato vermecane, un verme marino frequente in questo tratto di mare anche a pochissimi metri di profondità – hermodice carunculata è il suo nome scientifico – dall’aspetto assolutamente innocuo, anzi addirittura grazioso e simpatico, lungo una ventina di centimetri, dotato da madre natura di migliaia di setole urticanti (altro che pelosetto!) che, quando, viene appena sfiorato infligge dolorosissime irritazioni lanciando gli aghi a uncino verso la incauta vittima: ovviamente niente di letale, ma di doloroso certamente sì, e lasciatevelo dire da uno che ci è passato da questo calvario!
Un tempo fra le rocce e l’inizio della prateria di posidonia, oltre alle tante stelle marine, di ogni genere e colore, che ancora sono abbondanti, vi erano, numerose, le Pinnae nobilis, chiamate anche cozze penna, dei bivalvi pelosi lunghi più di mezzo metro con la punta sepolta nella sabbia, una specie già rara e protetta, che raramente veniva pescata a scopo edule in quanto le sue carni sono immangiabili, che da un paio di anni a questa parte, a causa di una epidemia, si sono quasi estinte nel bacino del Mediterraneo, e, infatti, le conchiglie che abbiamo visto ultimamente sono tutte quante vuote.
Purtroppo, ad ogni immersione, troviamo anche dei segni evidenti di pesca a strascico illegale, testimoniati dalle reti strappate dagli scogli aguzzi del fondo, e, recentemente, è capitato anche di scoprire, la presenza illegale di una lunga rete da posta non segnalata: davvero un grosso pericolo anche per un sub, come è già successo in passato, che si dovesse immergere in apnea in quanto si potrebbe impigliare e non riuscire più a riguadagnare la superficie.
Queste reti, è noto, costituiscono un pericolo grossissimo per delfini e tartarughe marine, specie protette nel Mediterraneo, che finendoci dentro, non riescono a ritornare in superficie e sono condannati ad una morte atroce per annegamento: non è allarmismo ma, purtroppo, più volte in passato abbiamo rinvenuto le carcasse di questi grossi animali drammaticamente aggrovigliate in reti da posta.
A proposito di Tartarughe marine, dal momento che stiamo visitando idealmente Giancola, non si può fare a meno di ricordare come questo lido, nell’estate del 2013 fu eccezionalmente scelto da una Caretta caretta per deporvi le uova, un qualcosa di raro, difficilmente ripetibile e assolutamente non prevedibile per questo tratto di costa. Ad accorgersene fu il gestore del Lido, allora ancora in funzione e furono ben 33 le piccole tartarughine, made in Brindisi, che dopo essere state assistite dal Centro di Fauna Selvatica della Provincia di Brindisi, con la biologa Paola Pino d’Astore in testa, presero il mare.
Ovviamente, come si è più volte ribadito, una sporadica deposizione di uova non è sufficiente a far ritenere Giancola come un sito di nidificazioni per tartarughe marine, sarebbe scientificamente scorretto farlo, ma rappresenta, pur sempre, una medaglia al petto per questa zona costiera baciata dal buon Dio ma dileggiata dagli uomini, come dimostrano i 40 metri cubi di rifiuti plastici, per un totale di tre tonnellate, raccolti in appena due ore il pomeriggio del 19 agosto dai volontari, smaltiti il giorno successivo da Ecotecnica.
E, ancora, non è stata interessata dalla pulizia – lo sarà probabilmente ad inizio settembre – né la foce del torrente Giancola, letteralmente invasa da rifiuti che hanno di fatto ostruito il canale né la piccola baia fra le falesie su cui il torrente sfocia, immediatamente a sud di Torre Testa.