Latiano, un paese tutto casa-famiglia

di Gianmarco Di Napoli per IL7 Magazine

Anna Maria Lombardi, 46enne originaria di Apricena (Fg), nel 2013 uccise con 87 coltellate l’amante, un imprenditore foggiano che non si decideva a lasciare la moglie per fuggire con lei. L’efferato delitto avvenne nelle campagne alla periferia del capoluogo dauno e lei fu catturata poco dopo, grazie al video di una telecamera di sorveglianza. Qualche giorno fa, dopo la condanna della Corte d’Appello di Bari a una pena residua di quasi dieci anni di carcere, l’omicida è stata arrestata dai carabinieri di Latiano. L’hanno prelevata dalla comunità riabilitativa psichiatrica “Villa Carlo Alberto Dalla Chiesa”, sulla via per San Michele Salentino, dov’era ospite in attesa della sentenza.
Allo stesso indirizzo e numero civico di Latiano, via Lamarina 75, oltre a “Villa Dalla Chiesa” hanno sede legale altre due comunità riabilitative psichiatriche gestite sempre dalla cooperativa “Città solidale”: Villa del Sole (in via Di Vittorio) e Casa Lilla (via Santa Margherita). La stessa cooperativa, sempre a Latiano, gestisce la residenza socio sanitaria assistenziale “Rosa Aloisio”, in via De Gasperi, e due “case per la vita”: la “Giovanni Falcone” (sempre in via Santa Margherita) e la “Basaglia”, in via Gioberti.

La “Città solidale” è solo una delle tante società (tutte esclusivamente cooperative ad eccezione di una) che hanno fatto di Latiano un caso unico in Italia: con oltre 40 case-famiglia nate come funghi in una ventina d’anni e collocate tra il centro cittadino e la periferia, a fronte di una popolazione di meno di 15 mila abitanti, è la località con il maggior numero di posti letto destinati all’assistenza di detenuti in prova, minori senza famiglia, disabili, anziani, ragazze-madri con figli a carico, malati psichiatrici. Cifre tutt’altro che di poco conto, se si considera che aumentano del 10% la popolazione del paese con una tipologia di ospiti che non sono certamente equiparabili a turisti.

La caserma dei carabinieri, composta da 12 unità (numero determinato in funzione della popolazione residente e che non tiene conto del lavoro quotidiano di controllo dei pregiudicati alloggiati nelle case-famiglia) è attualmente sotto organico e si trova a gestire una mole notevole di persone a rischio, compresi detenuti ai domiciliari, in libertà vigilata o messi in prova. Stesse difficoltà per l’ufficio Servizi sociali del Comune, strutturato per affrontare le esigenze degli abitanti del paese e non le frequenti emergenze determinate dagli ospiti delle case-famiglia.
Il business fu “scoperto” una ventina d’anni fa dal compianto Tommaso Mola, ex sindaco di Latiano che fondò la cooperativa “Integrazione sociale lavoro”. Un altro pioniere che aprì la strada alle case-famiglia fu un sacerdote che a Latiano gestisce tuttora diverse strutture: don Franco Galiano, che con la sua fondazione che porta il nome del Beato Bartolo Longo. La Fondazione dispone di una tale liquidità che ha addirittura tentato di acquistare per 400 mila euro la casa natale di Bartolo Longo, poi invece acquisita dal Comune.

L’INIZIO. Sulle orme di Mola e del sacerdote, decine di latianesi hanno deciso di riconvertire la vecchia abitazione di campagna, o la casa disabitata in paese in struttura sanitaria: è stato sufficiente creare una cooperativa, presentare un progetto, ottenere dalla Regione le relative autorizzazioni e aprire la struttura. L’attività è finanziata, a seconda delle finalità, dalla Regione Puglia, dalla Asl (che ha dato in gestione anche suoi immobili) e dal Comune di Latiano. Cifre importanti, che partono dai 70 euro e possono arrivare anche ai 200 euro al giorno per ogni singolo ospite delle strutture.
Ogni «casa» provvede ad assumere autonomamente il personale: infermieri, psicologi, terapisti, autisti, assistenti sociali, operatori socio-sanitari), creando un notevole giro di posti di lavoro. E, dicono i maligni, anche un cospicuo numero di voti, visto che molte cooperative pare facciano riferimento a personaggi politici, anche di rilevanza regionale.

A volte la situazione sfugge di mano. Il caso più grave avvenne nel dicembre 2013, quando un ragazzo brindisino che si trovava agli arresti domiciliari presso la “Villa del Sole”, fece irruzione in una gioielleria di Latiano, picchiò e violentò una commessa prima di mettere a segno la rapina. La perizia psichiatrica disposta dalla magistratura accertò che il bandito era capace di intendere e volere e per lui scattò l’incriminazione, oltre che per rapina, anche per violenza sessuale. Dopo il suo arresto ci si chiese come avesse potuto lasciare la struttura per andare a compiere la rapina. E per la prima volta, forese, ci si rese davvero conto del numero spropositato di case-famiglia raggiunto a Latiano: alla fine del 2013 erano 24. Oggi, meno di cinque anni dopo, sono quasi raddoppiate.

Secondo un elenco aggiornato fornito dai Servizi sociali del Comune di Latiano, sei sono le comunità per i minori: La tegola blu (coop Artemide) in viale Cotrino, l’Avvenire (Fondazione Bartolo Longo) in via Manzoni, il Riccio (Coop Giardini del sole) in via Moro, la Luce azzurra (coop Le Comete) in via Rosario, il Piccolo Principe (coop Kaleidos) in via Martiri della Libertà, Esperanto (coop Sole d’Oriente) in contrada Scazzeri. Ognuna di esse ospita decine di minori fuori dalle loro case d’origine. I bambini e i ragazzi alloggiati in queste comunità costano dai 70 ai 120 euro al giorno. Gli istituti sono pagati dal Comune e l’erogazione della retta prosegue per tutta la permanenza del bambino. Alcuni entrano nelle comunità da neonati e ne escono nella maggiore età: si tratta di figli allontanati dai genitori naturali o che non li hanno mai conosciuti. Per ogni minore l’istituto incassa una retta che va dai 2.000 ai 2.500 euro al mese. Denaro che – afferma qualcuno – se destinato alle famiglie in difficoltà potrebbe far sì che i minori fossero allevati nelle loro case e non affidati alle strutture private.

CONTROLLI. A effettuare il monitoraggio all’interno delle strutture, per verificare in che modi i minori vivano la loro quotidianità, sono chiamati gli assistenti sociali di un Comune, organizzati però per affrontare le problematiche realtive ai 15 mila abitanti del paese e non quelle aggiuntive delle 40 case famiglia.
Oltre alle comunità per bambini senza genitori, esiste un centro diurno per minori chiamato l’Acchiappasogni (coop Artemide), sulla via per Torre Santa Susanna. E ci sono poi ben cinque case-famiglia in cui vengono ospitate gestanti e madri con figli a carico: la Magnolia (coop Giardini del Sole), in viale Aldo Moro (stessa sede del Riccio), la Bussola (coop Sostegno), in via Francavilla, Casa Flora (coop Siderea) in via Di Vittorio, l’Oasi degli ulivi (coop Agape) in contrada Tanusci, Lo Spiraglio (coop Sole d’Oriente), sulla via per Torre.
Ancora ai minori sono riservati i tre asili nidi, gestiti anche questi da cooperative: la Girandola, Nel Paese delle meraviglie e La nuova bottega della fantasia.

Il comparto di assistenza a disabili, malati psichiatrici lievi o gravi è quello che copre una vasta fetta di mercato. Si comincia con le “case per la vita”, strutture residenziali a carattere socio-sanitario a bassa o media intensità assistenziale. Sono destinate ad accogliere, in via temporanea o permanente, persone con problematiche psico-sociali e pazienti psichiatrici stabilizzati usciti dal circuito psichiatrico riabilitativo residenziale, prive di validi riferimenti familiari.
A Latiano ce ne sono ben sei. Tra queste la Giovanni Paolo II (di proprietà dalla Fiordaliso srl) in via Garibaldi. La Fiordaliso è l’unica srl a gestire una casa-famiglia a Latiano. Amministratore unico è l’imprenditore Pino Natale. Lo stesso Natale è al timone della “San Bernardo”, cooperativa sociale onlus che si occupa di assistenza domiciliare e ai disabili e che gestisce il Centro radio-diagnostico e fisioterapico Igea di Grottaglie.

Le altre case-famiglia sono Universo amico (coop Il Giglio) in via Virgilio; Casa Margherita (coop Le Ali) in via Sant’Antonio; Madonna del Rosario (Fondazione opera Beato Bartolo Longo) in via Manzoni. Quest’ultima struttura è attigua alla comunità per minori curata dalla medesima fondazione che possiede nella stessa via anche una comunità di assistenza psichiatrica, “L’amicizia”. Le altre due case per la vita appartengono alla coop “Città solidale”: sono la “Falcone” e la “Basaglia”. I BIG. La cooperativa Città solidale, come si legge nel sito, accoglie nelle sue sette Comunità Residenziali 65 disabili e 24 persone anziane con il supporto di 85 operatori sociosanitari (psichiatri, psicologi, infermieri, terapisti, assistenti sociali, educatori professionali, maestri di svariate discipline, operatori socio-assistenziali). A Latiano gestisce anche la Residenza socio sanitaria assistenziale “Rosa Aloisio”, in via de Gasperi. Agli anziani è destinato anche il gruppo appartamento “La casa di Nina”, in piazza Rubino, gestito dalla coop Harmonia.
Due i centri socio-educativi e riabilitativi per disabili: “Si può fare”, in via Papadia, e “Il girasole”, in via Moro. Quest’ultima struttura è stata creata dalla cooperativa “I giardini del sole” e si trova all’interno dello stesso edificio di via Aldo Moro 3 che ospita anche la comunità per minori “Il riccio” e la casa-famiglia per madri con figli a carico “La magnolia”.

Il corposo elenco si chiude con il centro d’ascolto “La luna” della coop Artemide in via Caduti d’Africa e lo “Sprar Fara” per soggetti vulnerabili “Il Melograno” gestito dall’omonima cooperativa.
Molte strutture sono all’avanguardia, e per qualità dell’assistenza e per servizi forniti. Altre forse meno. Di certo l’attività di controllo non può essere garantita in un paese in cui i carabinieri (che pure qui a Latiano hanno il record di arresti compiuti in un anno in provincia di Brindisi) devono sorvegliare anche la folta comunità islamica che ogni venerdì raggiunge le 250 persone per la preghiera nella moschea del paese. E che hanno a che fare con colonie di parenti degli ospiti di alcune comunità i quali non sempre lasciano Latiano senza aver portato via un “ricordo”: furti in appartamenti e sulle auto aumentano in coincidenza della presenza dei “forestieri”.
E’ comunque un business in crescita e che rischia di non avere freni. I controlli finora si sono limitati alle verifiche sulle regolarità amministrative e sul rispetto dei parametri previsti. Ma se è già difficile avere un quadro chiaro, carte alla mano, della situazione, visto il numero di strutture coinvolte, sembra improbabile che i controlli possano essere costanti e meticolosi. Con il rischio che si perda di vista l’oggetto sociale che accomuna tutte queste aziende: l’assistenza ad esseri umani in difficoltà.