L’evacuazione della città, le scelte delle istituzioni e mio cugino l’artificiere

Durante le operazioni di neutralizzazione dell’ordigno potrebbe verificarsi un’esplosione non intenzionale con conseguente propagazione dell’onda di sovrappressione e dell’effetto di frammentazione primaria e secondaria, per cui tutte le persone all’interno dell’area di sgombero stimata sono esposte a rischio e di conseguenza devono essere allontanate e posizionate fuori dall’area di pericolo”.
Ancora: “La distanza per la frammentazione pericolosa diretta è di 203 metri, la distanza di sicurezza iniziale sul piano orizzontale è di 1.617 metri, la distanza di sicurezza iniziale sul piano verticale di 1.244 metri”.
Quelle riportate non sono le ipotesi di improvvisati opinionisti, ma le valutazioni del rischio sottoscritte nella relazione tecnica sull’operazione di bonifica del territorio da ordigni esplosivi residuati bellici consegnata alla prefettura di Brindisi dagli artificieri dell’11° Reggimento Genio guastatori di Foggia. Si tratta dell’organo delle Forze Armate preposto alla bonifica del territorio nazionale da ordigni esplosivi residuati bellici, con competenza nelle regioni Molise, Puglia, Basilicata, Calabria e Provincie di Chieti e Pescara, come stabilito da Circolare di 2° F.O.D. inviata alle Prefetture ed ai Comandi Provinciali dell’Arma dei Carabinieri, competenti per territorio.
In sostanza, per la Legge italiana, questi artificieri sono gli unici titolati, per capacità e competenze acquisite durante meticolosi addestramenti, a intervenire per il disinnesco degli ordigni bellici inesplosi che, purtroppo, sono ancora numerosi sul territorio nazionale.
La delicatezza del lavoro su questo tipo di bombe, quasi sempre aeree (che rende necessaria una specializzazione precisa acquisita dall’Esercito italiano, nato nel 1946, proprio all’indomani della fine del Secondo conflitto mondiale e la cui prima attività è stata proprio quella di sminamento e di neutralizzazione dei migliaia di ordigni inesplosi dei quali la Penisola era piena) è legata non solo alla tipologia della bomba ma soprattutto al grado di deterioramento che essa ha raggiunto nel corso dei quasi 80 anni di permanenza nel terreno.
I calcoli sul livello di pericolosità non sono dunque standard ma vincolati alle condizioni dell’ordigno piuttosto che alle sue caratteristiche tecniche. Nel caso della bomba d’aereo MK V rinvenuta a Brindisi c’è una variabile in più: la spoletta posteriore che aziona il detonatore è stata pericolosamente danneggiata, probabilmente dalla pala meccanica con la quale venivano effettuati i lavori di sbancamento per l’ampliamento della multisala.
Nelle ultime settimane in molti hanno criticato l’ostinazione con cui la Prefettura e in seconda batttuta il Comune di Brindisi hanno dato seguito alla relazione degli artificieri, individuando in oltre 1.600 metri la zona di rischio e disponendo lo sgombero dei residenti in quell’area. Oltre 53mila brindisini, più della metà dell’intera popolazione cittadina. Qualcuno ha anche preteso di confrontare tempi e modalità d’intervento con quelli ritenuti analoghi, effettuati recentemente in altre zone d’Italia.
In molti, privi di qualsiasi competenza specifica, si sono lanciati in valutazioni e ipotesi da bar. Molto ironica, ma che dà uno spaccato preciso della situazione, è la pagina Facebook creata per l’occasione dal titolo «Mio cugino l’artificiere – Brindisi Bomba Day» in cui vengono raccolte tutte le più incredibili castronerie scritte sui social nelle ultime settimane.
La scelta delle istituzioni locali invece va condivisa appieno.
Il prefetto Guidato ha deciso di affidarsi alla valutazione tecnica degli unici esperti deputati a occuparsi di ordigni da guerra i quali hanno stabilito il raggio entro il quale persone e animali corrono rischi per la propria incolumità. Sarebbe stato quantomeno azzardato pensare di ridimensionare l’area di rischio, senza alcuna competenza tecnica e in contrasto con quanto affermato dagli esperti, restringendo la presunta area di rischio a poche centinaia di metri per evitare un’operazione di evacuazione complessa.
Bisogna dare atto invece al prefetto, al sindaco e alla Protezione civile di aver scelto con coscienza di affrontare un’azione comunque complicata e mai effettuata prima nella storia, come l’allontanamento di 53 mila persone dalle loro abitazioni, per garantire la sicurezza di ogni essere umano che potenzialmente si trova in una situazione di rischio. E nessuno può pensare che Guidato, Rossi e il resto della task force stiano affrontando l’evacuazione come un momento di divertimento né che abbiano voluto accendere su di sé i riflettori di un’operazione così complessa nella quale avranno comunque la responsabilità di assicurare che il deflusso dei cittadini e il loro rientro avvenga senza alcun incidente o intoppo.
Domenica 15 dicembre sarà per tutti una giornata molto complicata, in cui sicuramente sorgeranno difficoltà e imprevisti non essendoci alcun precedente al quale fare riferimento. Per questo ogni cittadino di Brindisi, mettendo parte sterili e a questo punto inutili polemiche, avrà il dovere di fornire il proprio contributo di piena responsabilità, considerandosi parte attiva di una situazione di emergenza in cui anche il comportamento dei singoli sarà determinante.
La città, per la prima volta e per fortuna non a causa di una calamità naturale, si appresta a dare prova di essere nelle condizioni di organizzarsi, in assenza di un precedente, vero piano di sgombero, a parte quello decennale che prevederebbe addirittura il trasferimento dei brindisini in Montenegro.
E’ opportuno quindi non solo smetterla con le critiche, ma impegnarsi – ognuno nel suo piccolo – per semplificare le fasi di evacuazione e di rientro, rispettando le indicazioni che saranno fornite a tutti: un contributo che renderà più semplice il compito di chi (nell’interesse dei cittadini) dovrà garantire tutto questo.
Non solo. In queste settimane si è forse perso di vista un passaggio importante. Il 15 dicembre non ci sarà un trasloco. Un ristretto gruppo di persone sarà chiamato a disinnescare una bomba che, in caso di esplosione, probabilmente le ucciderebbe all’istante.
Non dimentichiamolo da oggi e sino a quella domenica, non perdiamo di vista il significato di quanto sta avvenendo: mentre ognuno di noi cercherà, più o meno scazzato, un modo per trascorrere la domenica, forzatamente fuori di casa, qualcuno starà rischiando la sua vita per la nostra, altri saranno impegnati a sorvegliare le nostre case e a garantire che tutto fili liscio.
E quando tutto sarà finito, la città intera dovrebbe festeggiare. Per la bomba finalmente portata via e per una grande prova di maturità collettiva e di responsabilità.