Questa volta voglio vedere il bicchiere mezzo pieno ed essere ottimista. Per questo ho accolto con piacere la notizia che, almeno per qualche mese, Cala Materdomini viene restituita ai brindisini che potranno, così, colorarla di ombrelloni e teli mare nell’imminente periodo ferragostano.
A 12 anni dai primi annunci in pompa magna, a cinque anni dall’avvio delle procedure di gara per la bonifica e la rinascita della vecchia spiaggia della Marina Militare, a due anni e tre mesi dall’avvio dei lavori e dopo due anni di stop totale del cantiere – anche se è ben lontana dall’essere il lido attrezzato comunale, libero e con servizi, un punto bar ed un punto ristoro e con facile e libero accesso anche per i portatori di handicap, che era stato previsto – Cala Materdomini, per il momento, è stata messa in sicurezza, i vecchi ferri di cantiere abbandonati sul posto sono stati tolti, la zona è stata recitata con una gradevole palizzata in legno ed il libero accesso verrà finalmente consentito ai bagnanti.
Il tutto senza l’incubo delle contravvenzioni e dei verbali (per occupazione abusiva di area di cantiere … di un cantiere ormai inesistente), fatti a coppie di anziani e madri di famiglia con numerosa figliolanza al seguito che, negli scorsi anni, ha trasformato in incubo il sogno di una giornata al mare per molte persone che altro mare non potevano permettersi.
Plaudo incondizionatamente alla scelta compiuta dalla Civica Amministrazione ed, in primis, dall’assessore arch. Roberta Lopalco, di prendere atto della situazione di empasse che si è venuta a creare e ad incancrenirsi con la ditta che avrebbe dovuto effettuare i lavori e che li ha eseguiti, per ragioni che qui non interessano, solo in parte, e rendere comunque fruibile la spiaggia almeno per quest’ultimo scorcio di estate che va dalla seconda settimana di agosto alla metà di settembre, salvo a verificare, in autunno, se sussitono le condizioni per ricantierizzare il tutto fino al completamento effettivo dei lavori per la prossima stagione estiva.
Tenendo conto del vecchio cronoprogramma, che prevedeva la demolizione delle cabine e strutture fisse della Spiaggia della Marina e dell’Estoril, la rinaturalizzazione ed il ripascimento con sabbia dell’arenile colpito dall’erosione costiera, oltre che la creazione di tutti i servizi all’uopo previsti, in poco più di cento giorni e dal momento che almeno i lavori di demolizione furono immediatamente portati a termine, è prevedibile che dalla ripresa effettiva dei lavori alla consegna della struttura al Comune dovrebbero essere sufficienti un paio di mesi al massimo.
Staremo a vedere, però, intanto, godiamoci, come ho effettivamente fatto in questi giorni, la bellezza naturalistica di questo luogo cult dei brindisini che, negli anni sessanta e settanta potevano godere di servizi e strutture che attiravano turisti, VIP e visitatori da mezza Italia, fino a divenire il simbolo stesso della movida salentina con i suoi rinomati locali, a partire dall’Estoril, che fu il primo night club pugliese in cui fu sdoganato lo spogliarello e che era frequentato da artisti e cantanti al culmine della carriera in quegli anni come Domenico Modugno e Peppino di Capri, ma anche dall’allora giovanissimo Lucio Battisti, ed i tanti rinomati ristorantini sul mare come la Lampara di Aiello la Sciaia a mare di Malcarne e, l’unico il cui rudere è ancora presente, il Picnic.
Dopo questi fasti antichi e qualche anno ancora a vivacchiare sugli antichi splendori, per quasi un quarto di secolo, quello di Materdomini ebbe a diventare il più trascurato, denigrato e degradato tratto della litoranea brindisina, se non di tutta la Puglia.
Anche per questo non può che prendersi con ottimismo e positività la notizia della apertura al pubblico, come spiaggia libera, di questo litorale.
Per un’opera che pian piano prende forma e consistenza, ce ne sono altre che si profilano all’orizzonte e che potrebbero rappresentare ulteriori problemi, come è il caso della Spiaggia del Sole, un tempo rinomato circolo esclusivo, con le sue bianche cabine abbarbicate sul punto più alto della scogliera a far da divisorio fra la Spiaggia della Marina e la mitica Conca, che da quest’anno è stata rilasciata dai vecchi gestori e rischia di trasformarsi in breve in una nuova discarica a cielo aperto, lasciata in mano a predoni, vandali e saccheggiatori di ogni genere..
Dal lato opposto rispetto alla conca, poi, c’è ancora, si spera per poco, la situazione degradata dell’ex Picnic, in un’area demaniale di competenza – per chissà quale svista dei tecnici che a suo tempo ne disegnarono i confini, dal momento che si affaccia non già sul porto ma sul mare aperto – dell’Autorità Portuale, ed i cui lavori di risanamento e ristrutturazione, a carico per intero del privato che lo ha preso in concessione, tardano ad avviarsi, imbrigliati come sono da mille pastoie burocratiche e dai rimbalzi fra i diversi enti che hanno difficoltà a dialogare tra loro.
Ma torniamo all’aspetto naturalistico di cala Materdomini, che è l’unico di cui al momento si può discorrere e che, per la mia esperienza personale, sento di poter approfondire condividendone la conoscenza.
A voler spiegare la conformazione di Cala Materdomini, potremmo definirla come una piccola baia, posta sul litorale nord di Brindisi, che parte dalla Diga di Bocche di Puglia e termina a nord della Conca, il luogo di ritrovo estivo – ma anche invernale se pensiamo all’evento del Tuffo di Capodanno – di almeno tre generazioni di bagnanti che, negli anni, ha sempre fieramente mantenuto la sua vocazione “nazional popolare”, con la sua infinita serie di scogli e calette che portano verso la Punta del Serrone.
La cala propriamente detta ha uno sviluppo lineare, in superficie, di circa 800 metri, di cui quasi 700 di scoglio roccioso e poco più di un centinaio di litorale, mentre, sott’acqua, queste proporzioni si invertono decisamente ed il fondale della cala a partire dalla ex spiaggia della marina e fino al mare aperto è prettamente sabbioso, mentre il costone roccioso, solido e compatto sul lato della conca ed in gran parte franato dal lato del Picnic, copre meno di un quarto della intera superficie della baia.
Occorrono sicuramente svariate immersioni, almeno una mezza dozzina, per poter visitare, con criterio, l’intera baia e, avendo alle spalle la spiaggia, quella effettuata sul lato destro è sicuramente quella più semplice anche per i neofiti ed ottima anche per chi si diletta a fare snorkeling con pinne ai piedi, maschera in faccia e boccaglio fra i denti : fin da quando si mette il volto sott’acqua ci si può rendere conto che questo tratto di fondale oltre che di facile accesso è davvero meraviglioso e tale, per le sue caratteristiche morfologiche e naturali, da poter essere goduto appieno da chiunque ama dilettarsi in questo genere di escursioni sottomarine. La profondità ridotta – fra i 6 ed i 12 metri – ed il mare quasi sempre calmo e limpido, in quanto la zona è riparata dai principali venti, consente di godere in tutta calma della incredibile bellezza dei luoghi e di entrare in contatto con le diverse e spesso coloratissime specie marine che l’azzurro mare di Brindisi offre.
L’itinerario sottomarino che così si prospetta immergendosi da riva è un misto di sabbioso e roccioso che consente di apprezzare appieno la biodiversità marina.
Mantenendo sulla propria destra il luogo dove un tempo vi era il ristorante La Lampara, lo spettacolo di vita sottomarina che si vede sul costone roccioso parzialmente franato in mare ed i giochi di luce che filtrano insieme coi raggi del sole che attraversa le onde del mare, sono davvero unici e, continuando a pinneggiare in direzione della Diga, quando il fondale degrada di qualche metro, si nota la bella e ricca parete rocciosa colonizzata dal coralligeno.
Seguendo questo semplice percorso che porta dalla Lampara al Picnic, si attraversano nugoli di pescetti, dalle mere castagnole alle luccicanti salpe, per niente spaventate dalla presenza umana.
Un po’ più prudenti, quasi sapessero di essere appetitosi per l’uomo, sono i diversi tipi di sarago che, seguendo un riflesso atavico, si allontanano dai subacquei, intuendone un potenziale pericolo, ma basta voltarsi un attimo indietro per notare che tornano subito al loro posto e, anzi, come anche le triglie e le donzelle (cazzi di re), approfittano del movimento della sabbia del fondale causato dalle nostre pine per banchettare coi piccoli organismi che, inavvertitamente, abbiamo sballottolato.
A spiare nei numerosi anfratt venutisi a creare per il franare del costone, scopriamo numerosi spazi, che si rivelano essere tane ideali di buffe bavose che ti scrutano incuriosite e pigri scorfani che, convinti come sono di essere mimetici ed invisibili, non si scuotono neanche di un millimetro anche se rimani fisso a guardarli da pochi centimetri di distanza.
Ripetendo la immersione di notte o al crepuscolo, mentre gli abitanti “diurni” cercano rifugi dove passare la notte, sono i polpi, le polpesse, le seppie, ma anche gronghi e murene a farla da padrone andandosene spavaldamente in giro, mentre spiando negli anfratti più profondi, è possibili scoprire, appese capovolte, grosse cicale di mare, ma anche pesci da tana come corvine e musdee.
Immancabili sul lato sabbioso, già a poca profondità, piccole sogliole dai curiosi occhi asimmetrici, che assumono la stessa colorazione del fondale, i curiosi gronghetti delle Baleari, dei serpentelli che, in caso di prelicolo, si rifugiano, a retromarcia, sotto la sabbia e le temibili ed insidiose parasaule, che vivono seminascoste nel fondale.
A proposito di quest’ultimo pesce, il cui nome scientifico è Tracina drago, e che ogni anno con la sua puntura infelicita l’estate di decine e decine di persone, va detto che trascorre il giorno semisommerso nella sabbia, aspettando che piccoli animaletti capitino a tiro della sua vorace bocca, ma madre natura lo ha dotato, a scopo difensivo, anche di una pungente pinna dorsale che secerne veleno, che può essere anche mortale per altri pesci che volessero ingerire, ma maledettamente doloroso anche quando viene iniettato sotto il piede dell’ignaro bagnante che ha la sventura di calpestarne uno posizionato troppo vicino a riva. Chi lo ha provato sa benissimo che si tratta di un dolore talmente intenso, lancinante ed acuto difficile da spiegare a chi questo genere di esperienza non l’abbia mai fatta. Il migliore rimedio, per il malcapitato, è quello del lavaggio immediato, se possibile, con acqua bollente, in quanto il calore fa dissolvere immediatamente il veleno iniettato nel piede ed assolutamente necessario, non solo consigliato, è andare al Pronto Soccorso anche se al tempo dei nostri padri il consiglio della nonna era di orinare immediatamente sulla parte punta dalla Parasaula, ma si pensa che più che l’ammoniaca presente in questo liquido corporeo era più che altro il suo calore a dare un qualche momentaneo sollievo al povero sventurato
Tornando alla nostra immersione, attraversando il tratto sabbioso e spostandosi sul lato sinistro della baia, il costone roccioso è più alto e compatto ed è ricco di tante insenature e, probabilmente anche per la maggiore profondità, è possibile incontrare pesci di taglia decisamente più grossa e fare incontri non solo con banchi di grossi cefali e saraghi taglia XL, ma specie nel periodo in cui il mare sottocosta è ricco di pesce azzurro come alici ed altri pescetti, assistere alle incursioni di predatori come le ricciole, i dentici ed i barracuda che si avventurano fino all’interno delle più piccole calette dove imprigionano i pescetti e ne fanno lauto banchetto.
All’interno delle fessurazioni della roccia è tutto un mondo a parte e illuminandone l’interno con una torcia subacquea, è facile destare i colori di diverse specie di gamberetti di ogni forma e dimensione, il mio preferito è, scuramente, il cosiddetto gamberetto meccanico, la cui denominazione scientifica è Stenopus spinosus o Alifantozza: pur se sottilissimo la sua taglia è discreta, potendo superare anche i dieci centimetri, ed è di una stupenda colorazione arancione, deve il suo nome comune alle lunghe e curiose chele, in eterno movimento, che tanto ricordano le tenaglie di un meccanico
Questo appena descritto è appena un piccolissimo esempio di quello che Cala Materdomini può offrire a chi ama il mare e si vuole spingere nei suoi abissi per esplorarlo e confido che, non appena anche la parte terrestre sarà risanata – potrebbe essere il 2021 l’anno buono ma, personalmente, metterei la firma anche per il 2022 – e resa, oltre che fruibile, anche dotata di tutti gli idonei servizi, potrà tornare ad essere il centro ed il fulcro dell’estate dei brindisini, un vanto per tutti, da godere a chilometri zero.