«Mio figlio morto in quell’auto. Ma la giustizia me lo ha ucciso di nuovo»

Lucia Pezzuto per il7 Magazine

Corre da una stanza all’altra della casa cercando di attirare l’ attenzione, ha solo tre anni ed ha i capelli castani e gli occhi neri come il suo papà, quel papà che non la vedrà crescere ma che lei non dimenticherà mai. “Lei chiede sempre quando tornerà il padre , ma poi sorride- racconta la nonna della piccola- e dice che lui vive con gli angioletti” . Il papà di questa bimba è Matteo Machì, il giovane brindisino morto 10 mesi fa in un tragico incidente stradale sulla complanare che collega il quartiere La Rosa al quartiere Bozzano di Brindisi. Matteo aveva appena 20 anni e una vita tutta da vivere. Era la notte tra i 13 e il 14 agosto 2018. L’auto sulla quale viaggiava Matteo, insieme ad altri due giovani, una Mini Cooper si ribalta sulla carreggiata , l’impatto è violentissimo. Matteo, seduto avanti lato passeggero, muore sul colpo. Il giovane sbatte con il lato destro della testa contro l’abitacolo dell’auto, la conferma della dinamica arriverà dalla autopsia. Il colpo non lascia scampo al povero giovane che così perde la vita. Ne escono con qualche ferita, invece, gli altri due giovani che erano in auto con lui, un 22enne, che era alla guida, e un 23enne che si trovava seduto dietro alle spalle di Matteo, sul sedile posteriore. Il conducente della vettura una volta portato in ospedale sarà trovato positivo all’alcool e alla droga, ma al termine del processo il giudice escluderà l’aggravante dell’assunzione di droga confermando solo la guida in stato di ebbrezza. Un sentenza che i genitori di Matteo, Salvatore Machì e Lucia Gullotta, non riescono a comprendere. E al dolore si aggiunge altro dolore. Una settimana fa, infatti, il giudice del Tribunale Penale di Brindisi, Giuseppe Biondi, ha condannato con rito abbreviato il giovane che era alla guida dell’auto nella quale si trovava Matteo a due anni pena sospesa e a quattro anni di sospensione della patente.
“Io non posso credere che questa sia la giustizia- ha dichiarato la mamma di Matteo, Lucia Gullotta- è come se avessero ucciso mio figlio per la seconda volta”. Mamma Lucia non si capacita della sentenza emessa dal giudice, Matteo è morto e in quella macchina, quella sera non doveva neppure esserci.
Lucia è una mamma distrutta e quando parla di Matteo guarda negli occhi la nipotina di tre anni, quella bimba che ha lo stesso sorriso del padre e che ora lei sta crescendo con tanto amore. La bimba sorride, sorride sempre e come un fulmine si muove da una stanza all’altra della casa trascinando con sé i giochi che mostra con orgoglio. Nella sua stanzetta c’è uno striscione dedicato al padre con una foto, accanto le firme e le dediche degli amici che dopo la morte di Matteo sono diventati una presenza fissa in casa di Salvatore e Lucia.
“Ricordo quella maledetta sera come se fosse ieri- racconta la madre del giovane- Eravamo in cucina , Matteo era seduto davanti a me e mi disse che da li a poco sarebbe uscito. Erano le ventitré. Avrebbe raggiunto gli amici in centro ma mi disse anche non avrebbe fatto tardi. Matteo non guidava, non aveva neppure la patente. Alle tre del mattino dormivo nel letto con la mia nipotina quando mi svegliai di soprassalto, guardai l’orologio e provai a chiamarlo, ma Matteo non rispondeva. Era strano, lui aveva il pensiero della figlia ma neppure mi richiamò. Alle cinque del mattino bussarono i carabinieri, non parlarono neppure perché io capì subito che mio figlio non c’era più”. Da lì in poi la vita di Lucia si consuma nel dolore. “Sono così arrabbiata, quella sera Matteo non doveva salire in macchina con quei ragazzi, che erano semplicemente dei conoscenti. Uno di loro si offrì di dargli un passaggio sino a casa e Matteo accettò. Con quell’auto dovevano accompagnare anche un altro ragazzo al quartiere La Rosa e prima ancora passarono a prendere un panino da un chioschetto a Bozzano. Ancora oggi non mi faccio una ragione. L’auto si è capottata sola e mio figlio che non aveva neppure bevuto e ne tanto meno assunto droghe è morto”. In quel periodo il marito di Lucia, Salvatore era all’estero per lavoro. L’uomo viene avvisato della morte del figlio dalla moglie e dai carabinieri. Anche per lui i mesi successivi diventano un inferno, l’uomo perde persino il lavoro.
“Non potevo lasciare mia moglie e mia nipote- dice Salvatore- per mesi non ho più lavorato. Ma non mi importava, la mia famiglia aveva bisogno di me”.
Le giornate di Salvatore e Lucia sono scandite dalla presenza della piccola nipotina che aspetta ancora che il padre torni. Lei ora è diventata la ragione della loro vita.
“Matteo ci ha lasciato la piccola. E’ come se il destino fosse già scritto- dice papà Salvatore- Matteo aveva 18 anni quando è diventato padre ed io all’inizio ero preoccupato perché in qualche modo aveva bruciato le tappe. Quando è morto ho capito che questa creatura che tanto assomiglia a Matteo era la sua eredità”.
Salvatore e Lucia sono stati messi alla prova dura prova dalla vita. Prima di Matteo aveva perso un altro figlio. “Matteo aveva un gemello- racconta in lacrime Lucia- è morto quando aveva quattro mesi. Ora mi hanno tolto anche Matteo”.
Casa Machì è un via vai di ragazzi, gli amici di Matteo ogni giorno vanno a trovare Salvatore , Lucia e soprattutto la piccola che in qualche modo è stata adottata da tutti loro. La piccola chiama zio ogni amico del padre e loro la trattano come se fosse una figlia. La bimba è amata e coccolata. Mentre la nonna racconta la storia del padre, lo “zio Alessio” gioca con lei a nascondino.
“Lei dice che il padre vive con gli angioletti, ma spesso ci chiede quando tornerà- dice Lucia- lo sogna spesso e ricorda ogni cosa di Matteo. Lui impazziva per la figlia e noi faremo in modo che la piccola non si dimentichi mai del padre”.
A ricordare Matteo ci sono gli amici, quelli veri, quelli che la piccola chiama “zii”.
“Io sento una grande responsabilità verso questa bambina- racconta Alessandro Caretti, il migliore amico di Matteo- sono cresciuto con Matteo ci conoscevamo dai tempi dell’asilo. Oggi questa bambina è come se fosse un po’ figlia mia e io per lei ci sarò sempre”. Alessandro come tutti gli altri amici “veri” di Matteo sono sempre presenti. Hanno creato una pagina facebook dove scrivono di Matteo continuamente , sono anche stati presenti al processo indossando delle magliette con il volto di Matteo. Anche loro hanno chiesto giustizia.
“Io ad oggi non posso dire di aver avuto giustizia – dice Lucia, la mamma di Matteo- questa sentenza ci causa nuovo dolore. Noi ricorreremo in appello. Vogliamo essere sicuri che chi ha sbagliato paghi. Lo facciamo non solo per Matteo ma anche per tutti quei genitori che perdono così tragicamente i propri figli. Chi guida ha la responsabilità di se stesso e degli altri che sono con lui”.