Una multisala per novemila abitanti: sogno e follia al Nuovo Cinema Paradiso

di Gianmarco Di Napoli per IL7 Magazine

L’insegna gigante che lampeggia dominando la notte. Il parcheggio con 300 posti auto, ingresso e uscita a senso unico. I fari al led che illuminano a giorno l’ingresso e le gigantografie delle prime visioni appese al muro. Il tabellone digitale che indica con precisione film in programmazione, orari, sala di proiezione e i posti a sedere ancora liberi. I biglietti con numero di fila, di sedia e la signorina che ti accompagna alla poltrona e ti augura buona visione. L’odore di pop-corn che pervade l’aria e i bicchieroni di coca cola da mezzo litro con cannuccia da cinque centimetri di diametro infilzata nel coperchio.
Ecco. Tutto questo, al “Nuovo Cinema Paradiso”, non c’è.
Il navigatore ci guida nel vialone che unisce Torre Santa Susanna a Erchie e poi per le stradine con le case basse e le luci di Natale sulle finestre, ma neanche tante. Non ne hanno bisogno di lampadine, questo è il paese consacrato a Santa Lucia, anche se poi la patrona è la meno illuminata Sant’Irene. Novemila abitanti, tre chiese, la biblioteca comunale, un palazzo ducale e l’edificio della scuola elementare. Erchie è tutta qui. Eppure ha un maxi cinema che proietta in contemporanea tre film diversi: tre sale, quasi 400 posti. In rapporto al numero degli abitanti, è come se l’Andromeda di Brindisi (che ne ha sette) avesse 30 sale diverse.


“Avete raggiunto la vostra destinazione”: Google Maps a volte ti spedisce con leggerezza nel posto sbagliato. Sembra succeda anche stavolta, mentre cerchiamo l’insegna del cinema, le luci, il parcheggio, la fila di auto, la confusione scatenata inevitabilmente dai film di Natale. Ma la strada è deserta, nessun’anima vagante, neanche un’auto. Eppure il navigatore continua a certificare che siamo arrivati.
Ha ragione lui. Sulla sinistra appaiono quelli che, visti da lontano, sembrano poster d’altri tempi. Potrebbero essere le locandine di “La terra trema” di Luchino Visconti, o “I pompieri di Viggiù” di Mario Mattoli o “Anna” di Alberto Lattuada. Ma avvicinandosi (perché sono piccole e incollate un po’ di traverso) si leggono i titoli dei film di Natale 2018. Sì, è proprio il Nuovo Cinema Paradiso.
Prima di tutto c’è il presepe. Piccolo, casalingo, addossato al muro d’ingresso sul quale campeggiano la locandina del film Nuovo Cinema Paradiso di Giuseppe Tornatore, anno 1988, versione integrale (quella in cui compare anche Brigitte Fossey). E quella di “Come un gatto in tangenziale”, la nuova pellicola di Antonio Albanese e Paola Cortellesi, anno 2018, già campione d’incassi. Trent’anni e trenta centimetri tra una locandina e l’altra. Ma in questo cinema le dimensioni spazio-temporali sono dettagli quasi insignificanti.
Sono le sette di sera. La biglietteria è subito dopo il presepe. Un piccolo mobile in legno rettangolare sormontato da un vetro basso e con la classica apertura a mezzaluna davanti alla cassa. Vito Antonio Becci, 70 anni, è dall’altra parte del vetro, su una sedia da cucina verde, ammorbidita da un cuscinone rettangolare. Di fronte a lui, nel piccolo corridoio che fa da salottino, c’è Anna, 77 anni. Ecco, ora conoscete il proprietario-bigliettaio-maschera-proiezionista-strillone-addetto alle pulizie del Nuovo Cinema Paradiso. E la sua amatissima sorella.
Descrivendo l’ingresso del cinema non abbiamo omesso di raccontare della fila degli spettatori, dei bambini impazienti, degli adulti aggrappati agli smartphone in attesa dell’inizio del film. Semplicemente, non c’è nessuno. “Abbiamo due spettatori nella sala 2”, spiega Becci. “Le altre sale sono vuote”. C’è lo spettacolo delle 20.30, azzardiamo noi, guardando l’orologio. “E’ probabile che non venga nessuno”, dice sorridendo il proprietario. “Mi sa che stasera torno a casa a guardare la tv”.
Vito Antonio Becci, ercolano doc, è il “pazzo visionario” che ha voluto a tutti i costi triplicare le sale del suo cinema, anche a costo di fare incasso zero: “Se arrivano 50 persone sono contento, con 100 biglietti sono contentissimo, ma il cinema si fa lo stesso, anche con due spettatori soltanto”. Il Nuovo Cinema Paradiso è figlio del Cinema Italia e ancora prima del Cinema Verdi, diventati rispettivamente un negozio di scarpe e un supermercato. Li aveva inventati il papà Cosimo, folgorato dalla passione per il cinema alla fine degli anni Cinquanta. “Con il Verdi andava tutto bene, poi papà decise di fare il grande salto spinto dal suo socio. Aprirono il cinema Italia, 430 posti, e iniziarono i problemi”.

Vito Antonio nella biglietteria

La famiglia Becci fu costretta e emigrare per pagare i debiti del cinema: “I miei genitori e le mie sorelle andarono in Germania, mio padre lavorava in un’azienda tessile. Io fui lasciato a Firenze in collegio: avevo 12 anni. Non c’era una lira ma ebbi la possibilità di visitare gli Uffizi, di ammirare Giotto. Sono di quelle cose che ti aprono il cervello”.
Rimessa in piedi l’economia familiare e pagati i debiti, i Becci ripresero il ragazzo e tornarono a Erchie. Dove Cosimo, ostinatamente, riaprì il cinema Italia. “Io avevo 16 anni e mi occupavo del noleggio dei film: andavo a Bari con la littorina, quattro ore per andare e quattro per tornare. Sceglievo le pellicole, trattavo il prezzo. Se ero appassionato di cinema? In quel periodo proprio no, anzi lo odiavo. Ero adolescente, i miei amici la sera uscivano e io invece ero confinato lì dentro. La sentivo come una prigione”.
Negli anni Ottanta arriva la grande crisi dei film e il cinema Italia inizia a proiettare, come buona parte delle sale di provincia, pellicole a luci rosse. “Sembrava finita, ma siamo andati avanti. Nel 1989 mi trovavo all’Universal di Brindisi a vedere un film che sembrava non piacere a nessuno: si chiamava Nuovo Cinema Paradiso. C’erano tre spettatori, era la versione di tre ore e ancora non aveva vinto l’Oscar. Mi innamorai perdutamente di quel film. Raccontava un po’ la mia storia e quella della mia famiglia”.
All’inizio degli anni Novanta qualcosa cominciò a cambiare. “Decisi di chiudere il cinema Italia e di aprire una sala diversa, più ampia e moderna. Mi ricordai di quel film meraviglioso e volli chiamarla ‘Nuovo cinema Paradiso’. La inaugurammo con una pellicola che segnava davvero la ripartenza per tutti: Titanic”.
Vito Antonio a questo punto lascia la biglietteria (“tanto di sicuro non viene più nessuno, ormai”) e ci guida nel suo cinema. La sala più grande fa 250 posti, ma sono state aggiunte quattro file davanti e una in fondo, vicino al muro: “E’ stato quando abbiamo proiettato il film di Checco Zalone. Le abbiamo messe e sono rimaste là. Con Zalone abbiamo fatto grandi incassi, ma quando ho aperto speravo in realtà di riportare sugli schermi anche grandi classici: Fellini, Pasolini, Scola. Ma non c’è stato verso”. Alle spalle del grande schermo in dolby surround c’era un fondale: “Il mio sogno era realizzare altre due sale e così ho utilizzato quello spazio per collegarlo con le stanze che si affacciavano sull’altro corridoio”. E sono nate così altre due sale, una delle quali è dedicata al papà Cosimo.

L’ingresso della multisala

Ogni settimana sono in programmazione tre nuovi film e per catturare gli spettatori, Vito Antonio monta un altoparlante sul tettuccio della sua utilitaria e va in giro per i paesi vicini (Torre Santa Susanna, Avetrana, San Pancrazio) a fare lo strillone: “Ma non uso mai un messaggio registrato, mi piace improvvisare sul momento, adeguare la promozione alla gente che incontro”. E poi va in giro ad attaccare manifesti, soprattutto nei pressi delle scuole (“ma non troppi ché non voglio che si dica che imbratto in paesi”.
Del resto Becci è un uomo di spettacolo. Si diletta a cantare da quando è ragazzino e recentemente ha inciso un cd con quattro tracce: brani dialettali, tra i quali una versione molto originale della Natività e uno dedicato alla sua Erchie. “Sì, la mia Erchie, ma purtroppo devo dire che il supporto dell’Amministrazione è quasi inesistente. Un cinema dovrebbe essere tenuto in considerazione come una biblioteca o un museo, una struttura di queste dimensioni dovrebbe essere supportata perché come lei ha visto è davvero difficile mantenerla in funzione. Pago seimila euro di Imu all’anno. Ma non mi supportano per organizzare rassegne, non vengono coinvolte le scuole. E per noi si fa dura. Anche perché i film costano e le piccole realtà vengono vessate. Questa settimana dovevo cambiare film ma non l’ho fatto perché avrei dovuto garantire duemila euro che non avrei incassato. Le sale più grandi invece ottengono i film pagando solo la percentuale sugli incassi”.
Ma Becci non si abbatte. Ha deciso che per due volte alla settimana il prezzo del biglietto di sei euro viene dimezzato. “Per una famiglia andare al cinema non può essere un salasso. E le dirò di più: se arriva la famiglia indigente io sono disposto anche a farla entrare gratis”. Una sola cosa nelle sue sale è assolutamente vietata: il pop corn. “Fanno parte della tradizione americana e soprattutto sporcano parecchio. No, qui dentro si mangia poco e possibilmente nulla”.
Il giorno di Natale ha staccato 200 biglietti in tutto con tre film in programmazione: “Sì, è stato un fiasco. Non ci sono più i cinepanettoni, ma in fondo non mi dispiace. Amo il cinema di qualità, fa niente che vengono in pochi a vederlo”.

Becci in auto col megafono per annunciare i film

A questo punto sorge spontanea la domanda: ma come fa a tenere aperto un multisala che molto spesso è vuoto? “Ho un paio di case affittate e un campo di fotovoltaico, mia moglie è autonoma e io mi accontento di poco per campare”.
In cabina di proiezione ci sono macchine di ultima generazione. E anche un dvd con un western di Sergio Leone. Ma che fa? Nel suo cinema guarda i film come nel salotto di casa? “A volte lo faccio, quando le sale sono chiuse. Vede questo film? Me l’ha regalato mio figlio. Mi piace guardarlo ora, con occhi diversi. Adesso che posso sognare liberamente”.
E i figli che fanno? Proseguono sulla strada di papà e del nonno? “E no. Mio figlio è in Capitaneria, mia figlia fa l’infermiera. Il lavoro del cinematografaro è duro, qui a Erchie la storia dei Becci si chiuderà con me e mia sorella. Ma stia sicuro che non molliamo. Sino a quando la salute mi accompagna, sino a quando avrò ancora voglia di vivere, di innamorarmi. Di accendere quel proiettore e spegnere le luci in sala, anche per un solo spettatore”.
Pazzo, visionario, ma felice.

Dietro uno dei proiettori