Noah compie dieci anni: il suo dramma ha inguaiato la «cricca»

Noah oggi compie 10 anni: è nato il 4 febbraio 2011. Ma non lo sa che oggi è il suo compleanno, non ha mai camminato, né giocato, né sorriso. Non ha mai chiamato la mamma e neanche il papà, non ha mai guardato la sua sorellina. Noah non riesce a respirare neanche da solo: ci sono una macchina e un tubicino che lo fanno per lui. A ottobre è rimasto 37 giorni in terapia intensiva e altri dieci in reparto in un ospedale specializzato di Roma. E ora è a casa, con papà e mamma che lo coccolano e gli parlano, che dedicano tutta la loro vita a lui perché in Puglia non esiste un’assistenza medica e infermieristica specializzata, come in altre regioni, che consente ai genitori di riposare un secondo. Noah avrebbe avuto una vita del tutto normale se quel giorno, il 4 febbraio di 10 anni fa, per gravissimi errori commessi dai sanitari mentre stava venendo al mondo, non avesse segnato la sua esistenza: Noah vivrà per sempre in uno stato vegetativo. Ma non per papà e mamma che se lo coccolano come un orsacchiotto, che lo fanno partecipare alla vita della loro famiglia come se sentisse e vedesse, che di sicuro gli prepareranno una bellissima torta, per i suoi dieci anni.
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La casa circondariale di Melfi ospita oltre 200 detenuti a fronte di una capienza di 123 posti. Ci sono quattro sezioni di alta sicurezza, ognuna con 25 celle, più una sezione di detenuti comuni. In una cella della sezione giudiziaria c’è un solo detenuto: magistrati e poliziotti, per questione di sicurezza personale, non vengono rinchiusi con gli altri. Il giudice togato Gianmarco Galiano da giovedì 22 gennaio è prigioniero in questi dieci metri quadrati. Li ha lasciati solo per essere accompagnato nella sala delle videconferenze del carcere, interrogato dai colleghi che lo hanno arrestato, il procuratore Francesco Curcio e il gip di Potenza Lucio Setola. Pochi minuti soltanto, perché si è avvalso della facoltà di non rispondere ed è tornato in cella.
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Il papà di Noah abbraccia la moglie al piano terra della caserma della guardia di finanza, a Brindisi: sono accanto al distributore automatico del caffè: “Di’ tutto, devi dire la verità. Loro stanno con noi”, e indica un finanziere che li ha accompagnati a rifocillarsi prima di un interrogatorio che sarà drammatico. E’ il 26 novembre 2019. Loro, i finanzieri, stanno con noi.
Per quell’errore compiuto dai sanitari mentre Noah stava venendo al mondo, i genitori ottennero un risarcimento di due milioni di euro. Qualche giorno dopo a casa loro si presentarono in giudice Galiano insieme alla moglie Federica Spina, l’avvocatessa che aveva seguito la controversia con la compagnia assicurativa. “E’ stato uno dei momenti più brutti della mia vita”, ricorda durante l’interrogatorio con i finanzieri del Nucleo di Polizia economico finanziaria di Brindisi il papà del bimbo. Galiano ci informò che gli dovevamo dare 150 mila euro. Disse in modo arrogante e sprezzante che abitavamo in una piccola casa di campagna non certamente arredata in modo lussuoso e che lui, conoscendo il sindaco, i servizi sociali, la polizia e chiunque contasse, ci avrebbe fatto togliere il bambino perché non eravamo in grado di assisterlo adeguatamente. E sempre con tono sprezzante mi invitò a comprare con i soldi del risarcimento una casa in Grecia in modo che lui, venendo con la sua barca a vela, poteva attraccare e fare una sosta da noi. Mi disse che avrei dovuto fargli degli assegni circolari da consegnare direttamente a lui. Io e mia moglie rimanemmo terrorizzati e non potemmo fare altro che accettare”.
Dopo le lacrime davanti al distributore di bibite tocca alla mamma di Noah che, singhiozzando, conferma tutto. E aggiunge: “Ho molta paura per mia figlia che va in giro da sola, perché quando Galiano venne a casa più volte con toni minatori non mancò di fare apprezzamenti sulla bellezza di mia figlia”.
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L’avvocatessa Federica Spina non è più la moglie del giudice Galiano. La strada che da Latiano conduce a Potenza ci vogliono due ore per percorrerla in auto. Ha il permesso di lasciare per la prima volta la sua abitazione, da quando il 22 gennaio i finanzieri hanno bussato anche a casa sua con un’ordinanza di custodia cautelare agli arresti domiciliari. Associazione per delinquere insieme all’ex marito e ad altre 12 persone. Il palazzo di giustizia di Potenza hanno impiegato 18 anni per costruirlo: è imponente, incute soggezione. All’interno sembra una sorta di piazza coperta pavimentata con lastre di porfido che conducono agli uffici e alle aule dei piani superiori. Il viaggio è molto più lungo dei minuti che trascorre davanti al gip: “Mi avvalgo della facoltà di non rispondere”.
La caratteristica di questa inchiesta è l’ampio rispetto delle quote rosa. Qui le donne, sempre mogli (o ex) di uomini in carriera non rivestono il ruolo di mere comparse, ma sembrano partecipi, consapevoli, complici, secondo il consistente impianto accusatorio. La “cricca”, come viene definito questo gruppo di amici, tutti affermati professionisti, condivide tempo libero e incontri conviviali, durante i quali – secondo quanto emerso dalle indagini – vengono organizzati gli affari illeciti. E questo club non è riservato ai soli uomini, tutt’altro. Federica Spina, che per qualche tempo aveva patrocinato la causa della famiglia di Noah contro la Asl, sarebbe stata presente e complice mentre il marito chiedeva il denaro ai genitori del bimbo. “Con le aggravanti”, scrive il gip, “di aver approfittato delle condizioni di inferiorità delle persone offese (in gravi difficoltà economiche e prostrate dalle gravi e irreversibili patologie dei figlio) e di aver causato loro un ingente danno patrimoniale di 150 mila euro».
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Marika Martina aveva 23 anni. Il 28 ottobre 2007, sulla provinciale che collega Latiano a Oria era in auto con il suo fidanzato: la vettura uscì fuori strada in curva e si schiantò contro un muro a secco. E Marika morì. Il dramma della famiglia fu prolungato per anni dalle controversie legali per ottenere un risarcimento. Il maresciallo Massimo Ribezzo, all’epoca comandante della stazione dei carabinieri di Latiano consigliò alla famiglia di rivolgersi al giudice Galiano che all’epoca prestava servizio presso la sede distaccata del Tribunale a Francavilla Fontana. “Mio marito fu messo in contatto con il giudice”, ricorda la mamma di Marika nel frattempo rimasta vedova, e questi gli promise che avrebbe ottenuto un risarcimento sostanzioso, ma che in cambio voleva per sé 300 mila euro. Mio marito accettò la proposta, condizionandola al fatto che noi avremmo ricevuto almeno 700 mila euro”. Galiano chiese ai genitori della ragazza deceduta di nominare come legale la moglie, Federica Spina.
Secondo quanto ipotizzato dalla Guardia di finanza il caso venne subito riassegnato al magistrato togato Giuseppe Marseglia, “amico, confidente e collega di Galiano presso l’ufficio giudiziario di Francavilla”, e si concluse altrettanto celermente con una sentenza che obbligava l’assicurazione a pagare un milione 440 mila euro, ben oltre le aspettative della famiglia della povera ragazza. Per assicurarsi che i genitori di Marika mantenessero l’impegno, Galiano avrebbe fatto sottoscrivere loro un doppio testamento attraverso il quale garantivano alla moglie Federica Spina una somma ben superiore a quella pattuita, in modo tale che fosse una sorta di assicurazione affinché pagassero la somma dovuta. Una corruzione “mortis causa”, l’hanno definita gli inquirenti.
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Ventuno indagati e di questi ben 9 donne. Tra moglie ed ex mogli c’è anche una ex suocera. La signora Maria Della Croce Brunetti, madre della Spina. Il suo ruolo sarebbe centrale perché il denaro incassato dalle due “operazioni” di cui sopra (importo complessivo 439 mila euro), Galiano lo avrebbe fatto accreditare su alcuni conti correnti appositamente aperti dalla suocera ma di fatto (secondo gli inquirenti) gestiti da lui. E questo incurante del fatto che per due volte la stranezza di alcuni movimenti bancari aveva spinto l’istituto di Credito (la filiale di Latiano della Carime) ad attivare nei confronti dell’autorevole cliente le procedure di operazioni sospette, effettuate dalla signora Brunetti, sempre alla presenza della figlia e del genero magistrato. Gran parte del denaro sarebbe stata fatta confluire in una società creata ad hoc da Galiano, la “Masseria Quercia agricola” in cui come socio figura l’imprenditore Vincenzo Francioso e la cui sede legale è Latiano in via Garibaldi, presso lo studio da commercialista della moglie, Concetta Lapadula, sui quali il giudice avrebbe vantato un credito come corrispettivo per i 15 incarichi con sostanziose parcelle conferiti alla professionista nel corso degli anni.
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Nulla in confronto al giro di consulenze che avrebbe gestito Oreste Pepe Milizia, detto “Ciccio”. Se dall’indagine emerge un alter ego di Galiano, questo è lui, commercialista e revisore dei conti, sostenitore della Blue economy. “Tutti pendono dalle sue labbra”, rivela in un interrogatorio l’imprenditore francavillese Rocco Palmisano, “perché ha l’ascendente su Gianmarco Galiano. Un alter ego che per l’amico giudice aveva un’autentica venerazione tanto che nella sua rubrica telefonica non era memorizzato con il nome, ma come “Il mito”. Eppure forse tutta l’inchiesta non sarebbe mai nata se il 4 luglio 2017 i finanzieri, durante una perquisizione su ordine del pm di Brindisi Raffaele Casto, non avessero trovato nel suo studio documentazione cartacea e digitale dalla quale emergeva che Pepe Milizia scriveva per conto di Galiano le motivazioni di una serie di sentenze pronunciate in processi tributari e che il magistrato si limitava a firmare. Fu quello il primo passo di un’indagine che poi il pm Casto, come da prassi nel caso in cui sono coinvolti magistrati, ha trasmesso alla procura di un’altra regione, in questo caso quella di Potenza, tenendone per sé solo una parte, tuttora aperta.
Nel corso degli anni Pepe Milizia ha ricevuto una serie di incarichi professionali da Galiano in procedimenti a lui assegnati o in collegi di cui faceva parte. Incarichi bruscamente interrotti proprio in quel giorno di luglio 2017. Numerose consulenze anche alla ex moglie del commercialista, Annalisa Formosi, presidente provinciale dell’Ordine degli ingegneri, sospesa dopo il suo arresto: in alcuni casi con parcelle superiori ai 100 mila euro.
Pepe Milizia occupa un’altra cella del carcere di Melfi. Ha preferito non rispondere alle domande del gip nell’interrogatorio di garanzia. Si è limitato a fare dichiarazioni spontanee. E il giudice ha respinto la sua richiesta di arresti domiciliari.
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Ci sono altri due giudici, indagati a piede libero, perché avrebbero favorito l’attività illecita del collega Galiano. Il primo è Francesco Giliberti, quale togato addetto alla sezione Fallimenti del Tribunale di Brindisi, il secondo è Giuseppe Marseglia, attualmente in servizio presso il Tribunale di Bari, entrambi accusati di corruzione per aver favorito in procedimenti fallimentari alcuni amici di Galiano, ricevendo in cambio crociere e ospitalità a bordo della barca a vela Kemit di proprietà del giudice arrestato.
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Per tutto questo, il compleanno di Noah oggi ha un significato speciale. Per lui, per la sua storia, ma anche per Marika e per il ricordo della sua vita finita troppo presto. E perché oggi la Legge, come ha sottolineato il procuratore Curcio, forse sembra un po’ più uguale per tutti.