Omicidio del 19enne, la Squadra mobile a caccia della prova finale

Manca la prova finale, quella che colleghi senza ombra di dubbio la tentata estorsione di cui sarebbe stata vittima la famiglia Carvone, e per quale sono stati arrestati quattro giovani brindisini, e l’omicidio del diciannovenne Giampiero Carvone, ucciso con un colpo di pistola alla testa poche ore dopo che il padre aveva rifiutato di pagare.
La squadra mobile di Brindisi è al lavoro senza soluzione di continuità dalla notte tra il 9 e il 10 settembre scorsi e l’ipotesi che l’omicidio sia scaturito dal furto di un’auto da parte del ragazzo poi ucciso sembra ormai quella maggiormente accreditata dagli investigatori.
In carcere si trova colui che viene considerato il personaggio principale, il 37enne Giuseppe Lonoce, proprietario della Lancia Delta che Giampiero Carvone aveva rubato il giorno prima del delitto e che aveva poi abbandonato per strada gravemente danneggiata dopo un incidente. Sarebbe stato lui a guidare la vera e propria irruzione in casa della famiglia Carvone per chiedere il rimborso dell’intera vettura, pare per una somma di diecimila euro. A spalleggiarlo erano stati tre quasi coetanei della vittima: Stefano Coluccello e i fratelli Aldo ed Eupremio Carone, tutti finiti ai domiciliari.
Nella notte successiva all’atto intimidatorio, dopo che il padre di Carvone si era rifiutato di pagare, anche perché probabilmente non possedeva il denaro necessario per farlo, Giampiero è stato ucciso con un colpo di pistola alla nuca mentre altre due pallottole hanno mancato il bersaglio centrando un’auto parcheggiata nelle vicinanze.
Il provvedimento cautelare richiesto e ottenuto dalla procura sembra un atto interlocutorio, ma è evidente anche che per il momento non sia stata acquisita la prova definitiva che i quattro, o alcuni di loro, abbiano partecipato al delitto. E in questo caso andrebbe determinata anche la volontarietà o meno di uccidere di chi ha fatto fuoco visto che voler eliminare qualcuno che era stato minacciato in maniera così plateale poche ore prima, avrebbe ridotto evidentemente le possibilità dei killer di potersela cavare. Il delitto insomma potrebbe essere la conseguenza non prevista di un progetto di ferimento.
Su tutte queste ipotesi sono al lavoro gli investigatori della squadra mobile guidata dal vicequestore Rita Sverdigliozzi: la sensazione è comunque la che la soluzione definitiva del caso sia ormai imminente.