Parcheggio di Guaceto, ancora una volta regole non rispettate

Sarebbe interessante sapere cosa ne pensa il prefetto di Brindisi, Umberto Guidato, uomo di estremo equilibrio e di senso della norma, nell’osservare le fotografie realizzate con un drone e pubblicate in queste pagine, scattate negli ultimi giorni sul parcheggio dell’oasi di Torre Guaceto, marina di Carovigno. La curiosità è legittima perché è stato proprio il prefetto Guidato, nei primi giorni dello scorso mese di luglio, ad autorizzare l’apertura dell’area parcheggio gestita direttamente dal Consorzio di Torre Guaceto, per un numero massimo di auto previsto in 350, così come garantito dal presidente Corrado Tarantino.
Tutte le foto, scattate negli ultimi giorni e prima ancora del previsto boom di Ferragosto, documentano che in realtà il numero di auto cui è stato consentito l’accesso nell’oasi è quasi raddoppiato rispetto al limite massimo, sfiorando in alcuni casi le 700 unità.
L’area parcheggio, localizzata a nord del ponte di Penna Grossa, è stata attivata dal 4 luglio scorso, con un sensibile ritardo rispetto a quanto pianificato dal Consorzio. E il motivo era stato proprio l’ente di gestione dell’oasi a chiarirlo: la richiesta di autorizzazione per l’apertura dall’area parcheggio era stata inviata dal Consorzio al Comune di pertinenza, quello di Carovigno, lo scorso maggio. Ma l’Amministrazione comunale, nel frattempo coinvolta in un’inchiesta giudiziaria antimafia che ruota proprio intorno a un altro parcheggio attiguo all’oasi, non ha fornito alcuna risposta. Così il Consorzio ha chiesto l’intervento del prefetto Umberto Guidato.
Come si legge nel sito ufficiale della Riserva, “La risposta della prefettura è stata immediata e nella giornata di ieri ed in quella odierna si sono tenuti gli opportuni tavoli tecnici ai quali hanno partecipato, oltre ai rappresentanti di Consorzio e forze dell’ordine, anche il procuratore di Brindisi. Nel giro di poche ore, il prefetto ha risolto la problematica”.
Del resto non c’era alcun motivo per cui l’autorizzazione non doveva essere concessa: il Consorzio aveva assicurato il pieno rispetto delle norme di tutela dell’oasi protetta e di quelle anticovid. Per questo motivo aveva garantito il contingentamento degli ingressi in modo che non potessero superare le 350 auto presenti contemporaneamente nel parcheggio. Non solo. Era stata presentata anche una modernissima “app” con la quale gli utenti avrebbero dovuto prenotare l’ingresso al parcheggio pagando la quota on line: in questo modo, aveva diligentemente spiegato Tarantino, il Consorzio non solo avrebbe tutelato l’oasi dall’esubero di auto, ma avrebbe contingentato anche le presenze sulla spiaggia, giungendo all’apoteosi con l’individuazione della tipologia di utenti che avrebbero scelto di frequentare Torre Guaceto. Insomma, il parcheggio e la sua “app” dovevano consentire – secondo le ottimistiche previsioni dell’entusiasta presidente, ex segretario provinciale del Pd – la catalogazione del pubblico, oltre che garantire il rispetto delle norme antiassembramento e di quelle che prevederebbero ulteriori autorizzazioni (come la “via” e la «vinca») nel caso in cui si dovesse oltrepassare il numero di auto consentito, 350 appunto.
In realtà le cose, come documentano in maniera incontrovertibile le foto, scattate per altro in giornate diverse, non sono andate così come era stato assicurato al prefetto Guidato e ai componenti del tavolo tecnico che avevano autorizzato l’apertura del parcheggio. Evidentemente l’app, che Tarantino ha ammesso in varie interviste avrebbe affiancato per i primi giorni il pagamento tradizionale all’ingresso del parcheggio dopo di ché sarebbe divenuta l’unico strumento d’accesso, non è mai entrata in funzione pienamente. Altrimenti non si spiegherebbe per quale motivo nelle foto scattate dal drone si nota la presenza di un numero di vetture che va dalle 500 alle 700. Se il sistema avesse funzionato, così come era stato garantito al prefetto, alla 350esima auto i cancelli si sarebbero chiusi.
Invece, evidentemente, non solo il sistema di prenotazione non ha funzionato ma non è stato effettuato alcun controllo sul numero delle auto che avevano accesso al parcheggio nel corso della giornata e dunque anche nello stabilimento balneare dell’oasi, impedendo – come invece aveva garantito Tarantino – un contingentamento nel rispetto delle norme anticovid dei bagnanti e per la tutela della fauna e degli ambienti protetti del’oasi.
La vicenda è oggetto di un esposto-denuncia presentato dell’avvocato Giovanni Francioso che già nel recente passato aveva sollevato una serie di interrogativi sulla questione dei parcheggi, da anni snodo centrale nella questione Torre Guaceto essendone la vera gallina dalle uova d’oro. Da quando fu vietato il transito delle auto sino alla zona delle spiagge, con l’istituzione dell’Oasi, la gestione delle aree destinate al parcheggio per gli utenti di Penna Grossa e delle splendide calette di Torre Guaceto è diventata un business da centinaia di migliaia di euro a stagione. In un dossier inviato lo scorso anno al Comune di Carovigno, alla Provincia di Brindisi, alla Regione Puglia, al presidente del Consiglio e al ministro all’Ambiente, Francioso ricostruisce in maniera capillare il tortuoso percorso parallelo al progetto della “Porta della riserva di Torre Guaceto” e che ha visto il Consorzio di Torre Guaceto saltellare da un progetto all’altro, da un’area all’altra, ottenendo finanziamenti poi dirottati verso altri obiettivi perché nel frattempo si decideva di spostare la zona da destinare a parcheggio. Sino a giungere alla soluzione, precaria, di quest’anno.
Una vicenda che parte nel luglio 2012 da quello che era il parcheggio originario, a ridosso della statale 379 in corrispondenza della spiaggia di Penna Grossa e che oggi è inutilizzato. E’ quello intorno al quale ruota una parte della recente inchiesta giudiziaria che ha portato a indagare per associazione mafiosa anche il sindaco di Carovigno, Massimo Lanzilotti, e il presidente del Consiglio comunale, Francesco Leoci.
Era qui, in un terreno di proprietà di Daniele Luperti che il Consorzio (che lo aveva preso in affitto) nel 2012 propose la realizzazione di un parcheggio da 730 posti auto, ottenendo l’approvazione del Consiglio comunale e beneficiando di un finanziamento della Regione con fondi europei. Ma quel progetto inspiegabilmente scomparve e i finanziamenti furono dirottati verso altre imprese del Consorzio.
Nel 2015 venne presentato un secondo progetto su altro terreno agricolo di 30.000 mq interno al SIC “Torre Guaceto Macchia San Giovanni”, per 500 posti auto. Il terreno individuato per la realizzazione del “secondo” parcheggio insisteva sui 23 ettari dismessi dal Demanio, ubicati nei pressi della riserva e acquistati per poco più di 100 mila euro, l’anno precedente da un privato partecipante ad un regolare bando. Bando al quale il Consorzio aveva preferito non partecipare, pur avendone pieno titolo e per di più, con tutta probabilità, l’acquisizione dei 23 ettari sarebbe stata a titolo gratuito. Anche questo secondo progetto, venne finanziato dal ministero dell’Ambiente con circa 105 mila euro di cui 21 mila euro, come previsto nel computo economico, sarebbero stati impiegati per l’acquisto dell’area agricola.
Anche di tale progetto si sono perse le tracce e la memoria. Pure in questo caso non v’è alcun atto, né comunale né consortile, che ne giustifichi le cause della sua sparizione. Ciò che invece è dato sapere, è che il finanziamento è stato “rimodulato” dal ministero dell’Ambiente nel luglio 2016 per l’acquisto del terreno agricolo (questa volta esterno al SIC) ove realizzare il “terzo” parcheggio e che il prezzo per l’acquisto del terreno è lievitato a 105.000 euro.
Ricapitolando, il Consorzio nella veste di imprenditore privato avente credenziali pubbliche, in pochi anni ha ottenuto tre finanziamenti relativi alla realizzazione di altrettanti parcheggi, imperversando nel territorio comunale e ottenendo dal Comune di Carovigno autorizzazioni in variante a volontà.
Francioso nel suo dossier segnala anche quella che è a suo parere una evidente irregolarità nel progetto per la realizzazione della cosiddetta “Porta della Riserva” localizzata nella stessa area in cui sorge l’attuale parcheggio di Torre Guaceto: essa ricade parzialmente in Sito di Interesse Comunitario, come si evince dalla cartografia ufficiale della Regione e come successivamente confermato dallo stesso Consorzio. E diversamente da quanto dichiarato nel titolo del progetto , l’intervento prevede un numero di stalli per autovetture maggiore di 500 (ossia 529) ed un ulteriore numero di stalli per autobus. Per questo il progetto andrebbe necessariamente assoggettato a Valutazione di Incidenza. Non solo: la procedura a cui assoggettare lo stesso progetto deve essere quella di V.I.A. e non già quella di assoggettabilità a V.I.A.
Il progetto preliminare e lo studio di fattibilità della Porta della riserva e delle strutture collegate al parcheggio sono firmati dall’architetto Roberta Lopalco, che è anche assessore all’Ambiente del Comune di Brindisi, socio del Consorzio.
Francioso ha chiesto agli uffici competenti una verifica su questa sequenza di avvenimenti. Ai quali nel frattempo si aggiungono l’inchiesta giudiziaria condotta dalla Direzione distrettuale antimafia di Lecce e le foto scattate con il drone che testimoniano come, probabilmente, la questione del parcheggio viene gestita – ancora – in maniera quantomeno confutabile. Quanto meno rispetto a quanto autorizzato dal prefetto.
Intanto c’è un dato oggettivo: nessuna autorità di controllo si è accorta del quotidiano sforamento rispetto al numero massimo delle auto consentite nell’oasi e rispetto al quale il prefetto aveva concesso l’autorizzazione all’apertura del parcheggio. In altri casi le forze dell’ordine monitoravano quotidianamente il numero delle auto e il rispetto delle autorizzazioni elevando sanzioni pesantissime in caso di contravvenzione. La tutela dell’oasi prima di tutto, si diceva.