Patroni Griffi ci denuncia, pm e gip archiviano tutto: “Solo diritto-dovere di cronaca”

Il presidente dell’Autorità Portuale Ugo Patroni Griffi, attualmente indagato dalla procura di Brindisi nell’ambito di un’inchiesta su presunte irregolarità edilizie compiute nel porto e sospeso dal servizio per otto mesi con sentenza del Tribunale del Riesame di Lecce, nel mese di ottobre dello scorso anno aveva ritenuto di agire penalmente nei confronti del sottoscritto per una serie di articoli pubblicati su il7 Magazine e sul quotidiano on line Senza Colonne News. Qualche giorno fa il giudice per le indagini preliminari Giuseppe Biondi, condividendo le argomentazioni del sostituto procuratore Raffaele Casto, ha disposto l’archiviazione del procedimento per “infondatezza” delle accuse.
La denuncia querela presentata da Patroni Griffi conteneva accuse molto pesanti: rivelazione di segreti di ufficio aggravata in concorso continuata, pubblicazione arbitraria di atti di un procedimento penale continuata, diffamazione pluriaggravata continuata. Il tutto nelle sue vesti di presidente dell’Autorità di Sistema portuale del Mare Adriatico meridionale e dunque assegnando l’incarico, attraverso l’ente, all’avvocato Francesco Vergine del Foro di Lecce.
Chi scrive, dalle colonne de il7 Magazine, segue ormai da quasi due anni le vicende del porto di Brindisi e con particolare attenzione il lavoro dal Nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di Finanza, sotto il coordinamento del pm Casto. Un’indagine che, partita quasi per caso dal sequestro di una stradina all’interno dell’area archeologica di Punta delle Terrare, si è poi sviluppata aprendo fronti imprevisti e coinvolgendo l’intero piano di security messo in atto negli ultimi anni lungo il recinto portuale.
E’ probabile che l’attenzione della carta stampata, ancor più che quella degli inquirenti, abbia innervosito il presidente Patroni Griffi il quale ha ritenuto probabilmente che i reportage di cronaca che abbiamo prodotto in questi mesi non avessero finalità informative, nel pieno rispetto del diritto-dovere della cronaca, ma che fossero destinati – chissà per quale motivo – a danneggiare la sua immagine.
Gravissime sono le accuse che ha infatti concentrato nella sua tripla denuncia presentata alla procura di Brindisi. La prima accusa era di aver rivelato segreti d’ufficio. In sostanza Patroni Griffi sosteneva che il sottoscritto avesse indotto un pubblico ufficiale a rivelare – violando le sue funzioni – notizie d’ufficio riservate riguardanti le indagini in corso.
La seconda accusa, pubblicazione arbitraria di atti di un procedimento penale, riguardava la diffusione dei contenuti di alcune intercettazioni telefoniche di conversazioni tra lo stesso Patroni Griffi a colloquio con altri indagati e il contenuto di altre telefonate registrate nel corso delle inchiesta.
La terza accusa era di diffamazione pluriaggravata ritenendo che i contenuti di alcuni articoli redatti dal sottoscritto avevano offeso la reputazione di Patroni Griffi nelle sue vesti di presidente dell’Autorità portuale.
Nella denuncia il presidente dell’Authority faceva riferimento in particolare a due articoli in cui avrei raccontato “una serie di circostanze, oltremodo dettagliate, in relazione a un procedimento penale». Nella stessa denuncia-querela Patroni Griffi aveva lamentato di essere destinatario di post diffamatori su Facebook da un utente denominato “Elena Gioia”. Anche in questo caso le doglianze di Patroni Griffi non hanno avuto seguito giudiziario: “La conversazione – osserva il pm Casto – non palesa affatto i tratti del delitto di diffamazione. Si è in realtà al cospetto di un dialogo costituito da una critica direttamente rivolta a Patroni Griffi da Gioia cui il criticato ha dato risposta, manifestando con argomenti propri l’inconsistenza delle lamentele cui cordialmente ha pure palesato la possibilità che la donna avrebbe potuto raccontare la sua versione e che lui l’avrebbe ascoltata con interesse. Così la denuncia querela nei confronti della Gioia non è stata neanche iscritta nel registro delle notizie di reato così come invece avvenuto nei confronti del sottoscritto.
Per quanto concerne la denuncia presentata contro il sottoscritto, il pm ha preliminarmente appurato che in realtà i documenti pubblicati negli articoli de il7 erano già nella disponibilità degli indagati e dei loro legali e lo stesso magistrato aveva depositato in udienza proprie conclusioni scritte che contenevano parti salienti di conversazioni intercettate e di altri atti, tra i quali appunto quelli utilizzati negli articoli.
Successivamente lo stesso legale di Patroni Griffi aveva depositato in udienza una parte di intercettazione telefonica. Un considerevole numero di persone, dunque – ha rilevato il pm Casto – era a conoscenza integrale di un gran numero di atti del procedimento.
Una circostanza che il sottoscritto, assistito dall’avvocato Riccardo Manfreda, ha ribadito nell’interrogatorio reso davanti al pubblico ministero dal quale era stato convocato nelle vesti di indagato.
Nelle sue conclusioni, il pm Casto scrive: “Di certo Di Napoli non ha avuto illegale conoscenza della decisione del giudice e non è revocabile in dubbio che proprio e soltanto del contenuto del provvedimento de quo egli abbia fatto uso, perché, in effetti, il contenuto dei suoi articoli non oltrepassa ciò che è evincibile esattamente dall’ordinanza emessa dal giudice e non dagli atti posti a fondamento della medesima. Se avesse avuto conoscenza di tali atti presupposti (e se avesse voluto farlo), Di Napoli sarebbe potuto essere molto più dettagliato, mentre il tenore del suo argomentare è strettamente legato a ciò che risulta evincibile dalla copia del provvedimento che ha esibito e consegnato in sede di interrogatorio.
“In effetti – aggiunge il pm Casto – la comparazione tra i contenuti degli articoli e quello dell’ordinanza dimostra proprio che il giornalista si è limitato a riportare le notizie emergenti da quell’atto del procedimento, sicuramente non coperto da segreto.
“Nulla di diffamante – conclude Casto – può essere individuato in ciò che Di Napoli ha pubblicato senza infrangere alcuna norma di legge, essendosi egli limitato a esercitare il diritto-dovere di cronaca, astenendosi comunque da qualsiasi commento critico rispetto all’operato di chicchessia e limitandosi a far conoscere ciò che egli stesso aveva appreso dall’ordinanza della quale era entrato in possesso esercitando la propria attività professionale”.
Il magistrato inquirente ha così chiesto al gip del Tribunale di Brindisi l’archiviazione della denuncia, proposta che è stata accolta appieno dal giudice Biondi.
Nel frattempo, il Tribunale del Riesame di Lecce, accogliendo in parte l’appello del pm di Brindisi Raffaele Casto, ha disposto una misura interdittiva della sospensione dal servizio per otto mesi per il presidente dell’Autorità di sistema portuale del mare Adriatico meridionale, Ugo Patroni Griffi e per il dirigente dell’Area tecnica, Francesco Di Leverano. Di Leverano risponde di frode in pubblica fornitura, Patroni Griffi di falso per induzione nell’ambito di una inchiesta sul porto di Brindisi che si occupa di presunti lavori abusivi per la realizzazione di alcuni gabbiotti, di una strada, e di una recinzione.
Al primo viene contestato di non aver vigilato sul rispetto del capitolato per l’esecuzione dei lavori sulla strada ex Sisri.
Il secondo è accusato invece di aver indotto il Comune, all’epoca amministrato dal commissario straordinario Santi Giuffrè a revocare una ordinanza di sospensione dei lavori per la recinzione di via Del Mare, un tratto di strada che costeggia il seno di Levante, a seguito di una transazione che prevedeva l’esecuzione di alcune opere e la rinuncia al contenzioso amministrativo che in una fase iniziale aveva visto soccombere l’ente municipale.
La misura interdittiva diventerà esecutiva solo dopo il pronunciamento della Corte di Cassazione cui gli indagati hanno presentato ricorso.