di Gianmarco Di Napoli per IL7 Magazine
La Sanità brindisina può essere ormai suddivisa in due grandi aree di crisi. La prima è quella decimata, umiliata e strangolata dalla politica che l’ha trasformata in un carrozzone di interessi incrociati, di favori, di poltrone, di incarichi funzionali al rafforzamento del potere personale e dell’interesse economico. La politica (in questo caso soprattutto quella regionale) tratta i pazienti, ma anche i medici, gli infermieri e il personale ausiliario, con lo stesso metro con cui potrebbe occuparsi della gestione di aziende il cui unico obiettivo è fare quadrare i conti, soprattutto i propri. Ultima scellerata messinscena, la pseudo inaugurazione dell’ospedale di Comunità di Mesagne, aperto solo a beneficio di fotografi e flash, ma di fatto tuttora chiuso (come raccontiamo in questo numero de IL7 Magazine) perché l’iter burocratico non è stato completato. E’ comunque destinato a ospitare la miseria di dodici posti letto in una struttura sanitaria che sino a qualche anno fa era uno dei vanti dell’intera provincia. Così come accadrà in quelli che saranno altri ospedali bonsai, a Ceglie, San Pietro, Cisternino e Fasano.
Flash e tagli del nastro pre-elettorali come se ci si possa ancora permettere di giocare sulla pelle dei malati cui negli ultimi anni sono stati sottratti pronti soccorso, ambulatori, posti letto, reparti d’eccellenza. Basta recarsi in qualsiasi ora del giorno o della notte al pronto soccorso dell’ospedale Perrino, autentico girone infernale nel quale i medici e gli infermieri sono vittime come gli stessi ammalati. Pochi, con turni ingestibili e con il rischio, tangibile, di sbagliare. E c’è poco da ridere e da tagliare nastri, sapendo che nei reparti del nostro ospedale continua ad aggirarsi la morte sotto forma del batterio della Klebsiella, oscuro fantasma che da anni miete vittime e nessuno riesce a debellare. Hanno passato una mano di vernice colorata sulla facciata dell’edificio ma non è che un carrozziere possa assicurare che l’auto viaggi a regime e che non si fermi alla prima curva.
La seconda area di crisi della nostra Sanità è rappresentata dai danni che una parte del personale (per fortuna una minoranza) continua a provocare alla struttura. Dipendenti sorpresi a rubare medicinali o materiale di prima necessità per i pazienti, altri smascherati a compiere uno dei reati più ignobili per chi ha la fortuna di avere un posto di lavoro: l’assenteismo, il timbrare il cartellino, incassare lo stipendio per fare i propri comodi. E poi ci sono quelli (probabilmente anche loro dipendenti – direttamente o indirettamente – della Asl) che narcotizzano vecchietti approfittando della precarietà delle loro condizioni di salute, derubandoli dei pochi ori che li accompagnano in quel luogo di sofferenza e disperazione. In reparto insomma ladri, truffatori, aguzzini.
Dobbiamo dunque arrenderci al fatto che la Sanità brindisina sia destinata irreversibilmente al disastro? Ne saremmo forse tentati, ma per fortuna c’è qualcosa a cui ancora ci possiamo aggrappare: la qualità della gran parte dei medici e degli infermieri, in alcuni casi vere e proprie eccellenze in ambito regionale. Nel mare magnum di denunce per casi di malasanità, esposti al Tribunale del malato, è di questi giorni la notizia del trapianto di cornea effettuato presso l’ospedale Perrino, il primo intervento di questo genere in provincia di Brindisi. A scrivere questo pezzo di storia e ad aprire nuovi orizzonti è stato un giovane medico originario di San Vito dei Normanni, Marco Leozappa. Ha guidato lui l’equipe del Perrino che ha effettuato il trapianto della cornea: intervento perfettamente riuscito. Quarantadue anni, maturità al Liceo classico Calamo di Ostuni, laurea all’Università di Bari, Leozappa è uno di quei medici che dimostrano come per raggiungere livelli di eccellenza si possa scegliere ancora di restare nella propria terra.
La Sanità a Brindisi potrà compiere un salto di qualità solo quando medici di valore (e ne ce sono tanti da queste parti) saranno messi in condizione di esprimere le loro qualità senza combattere con un sistema più malato dei malati che dovrebbe curare. E che da un lato chiude reparti e dall’altro ruba le federe dai cuscini.