di GIANMARCO DI NAPOLI per IL7 Magazine
Se in politica può esistere la “contaminazione” , la giunta comunale varata da Riccardo Rossi, sindaco di Brindisi, ne potrebbe diventare il paradigma. Essa all’apparenza non ha una propria connotazione statica, costruita com’è sulla fusione di elementi di diversa provenienza politica, culturale, persino geografica. E’ una specie di arcobaleno in cui certo il rosso, anche piuttosto intenso, ha una predominanza specifica, ma che sembra non precludere la possibile alterazione cromatica determinata dalla fusione con altri colori.
Quando si è tentato di dare una spiegazione logica alla vittoria sorprendente del Pd e di Rossi, in netta controtendenza rispetto a quanto avveniva nel resto dell’Italia, e in una città in cui la destra è storicamente radicata, qualcuno ha parlato di “laboratorio”, di esperimento da esportare altrove per costruire altre vittorie della Sinistra. In realtà quel successo non è stato ottenuto inventando nulla di nuovo, ma rimettendo insieme intelligentemente i cocci di una Sinistra che altrove si era sfaldata e divisa e che qui ha avuto la forza di coagularsi su tutto il fronte, da quello estremo a quello moderato, quasi a ricostruire il vecchio Pci. Compiendo un’operazione inversa rispetto a quella della Destra che proprio sulle sue divisioni ha costruito la sua cocente (e forse evitabile) sconfitta.
Rossi non è diventato sindaco grazie a un laboratorio, ma a una riorganizzazione politica oculata, avvenuta anche in autonomia rispetto alle direttive scettiche del Partito democratico regionale e di quello nazionale. Avrebbe potuto continuare sulla stessa linea, insieme al pragmatico segretario cittadino del Pd, Francesco Cannalire. I numeri che ha questa maggioranza in Consiglio comunale consentono per il momento una tale tranquillità che sarebbe stato semplice seguire lo stesso protocollo, costruendo una giunta che rispecchiasse gli equilibri dettati dalle urne con una spartizione delle poltrone in proporzione al peso dei partiti in Assise.
E invece è qui che sono state davvero mescolate a sorpresa le carte, mettendo insieme una squadra di assessori che non ha apparentemente una sua logica se non nella mente di Rossi e nelle idee di rottura di Cannalire. Era stata proprio sua la prima “contaminazione”: la scelta dello storico leader delle formichine di Bbc come candidato sindaco piuttosto che pescare nei polverosi archivi recenti del sofferente Pd cittadino.
Il vero laboratorio è la giunta venuta fuori da questo percorso «non parallelo» che Rossi e Cannalire hanno intrapreso all’indomani del successo alle urne e sulla cui capacità di mantenere la barra diritta, anzi il più possibile storta, si basano i possibili successi di questa amministrazione. Rossi ha individuato subito i due elementi di rottura rispetto al passato e ha scelto come “suoi” assessori uno dei massimi esperti di Urbanistica della Puglia e una delle menti più trasversali in circolazione, che ha saputo trasformare un vecchio stabilimento enologico in disuso in uno spazio d’aggregazione famoso in tutta la Regione. Ecco cosa vuole Rossi: competenza professionale ma anche apertura mentale, trasversalità.
Anche Cannalire ha dato il suo contributo a questa contaminazione. Davanti all’assemblea del Pd ha annunciato che il vicesindaco sarebbe stato sì di loro competenza ma che non avrebbe avuto la tessera del partito. Ed ecco venir fuori il nome di una preside, sanguigna, disposta a combattere per i suoi ragazzi, neanche troppo di sinistra visto che ora fanno già circolare le foto di quando seguiva la presentazione del candidato sindaco di centrodestra. E’ questa la straordinarietà del “laboratorio”, dell’arcobaleno che sembra stagliarsi sul Palazzo di Città. Un dipinto multicolore che viene integrato dall’ultima nomina, ancor più a sorpresa, con una donna architetto che è stata assessore sì, ma non a Brindisi, una vendoliana che però ha governato anche con il centrodestra. E a cui viene affidata la delega più delicata, quella all’Ambiente e ai Rifiuti, che doveva essere di Rossi.
Ma va bene così, non ci sono manuali, non ci devono essere regole. Questa è l’idea ambiziosa.
Non sarà una partita facile, perché una volta organizzata la macchina politica, il nuovo sindaco dovrà mettere mano a quella amministrativa ed è lì dentro, nei sedimenti degli uffici comunali, che si annidano gli atavici e finora irrisolti problemi di questa città. Servirà la stessa “contaminazione”, la capacità di rompere gli schemi, senza avere il timore di cambiare, anche in maniera imprevedibile.
La vera partita si vincerà o si perderà lì dentro. Ma questo, comunque, può essere un buon inizio.