di Gianmarco Di Napoli per IL7 Magazine
La storia d’amore dei brindisini con il commissario prefettizio sembra essere terminata. La scellerata decisione di adottare il “piano della sosta” senza alcuno studio né confronto con i cittadini, trattandolo come se fosse la solita pratica burocratica, e trasformandola in un esperimento fallimentare i cui danni verranno a lungo pianti dai brindisini, ha messo probabilmente fine allo strumentale incensamento dell’uomo d’apparato calato dall’alto. Solo pochi mesi fa i soliti lacchè part-time si auguravano che Giuffrè rimanesse per sempre perché solo lui sarebbe stato in grado di cambiare la città.
E Giuffrè a un certo punto deve averci creduto davvero, ritenendosi nelle condizioni di poter assumere decisioni talmente importanti da incidere sul futuro di Brindisi, andando ben oltre quello che doveva essere istituzionalmente il suo ruolo di traghettatore da un’Amministrazione comunale all’altra.
Novello Teodoro d’Amasea, anche il Santi di Palermo è stato visto come l’uomo che il destino aveva spedito in questa città per cambiarne le sorti. Perché noi brindisini sin dai tempi della dominazione spagnola siamo convinti che solo i forestieri abbiano le doti per guidarci e per secoli abbiamo mantenuto questo anello ben piantato nel naso, pronti a prostrarci a ogni straniero e a segare le gambe a qualunque nostro concittadino ambisse a fare bene.
Giuffrè è un burocrate, di grande profilo professionale e morale, ma sempre un burocrate resta. E in questi mesi ha tentato di rimettere mano alla macchina del Comune, sistemandola qua e là, come gli competeva.
Qualcosa gli è riuscita bene, qualcun’altra peggio. Non sarebbe rimasto forse nei libri di storia, ma la sua gestione sarebbe risultata nel complesso positiva, forse uno dei migliori commissari prefettizi che questa città abbia avuto.
Ma è iniziato il 2018, tra meno di un mese si vota per il Parlamento e prima dell’estate anche per il nuovo sindaco. Il commissario avrebbe dovuto togliere lentamente il piede dall’acceleratore per fare in modo che quando il Comune tornerà ad essere gestito dalla politica, il passaggio avrebbe potuto essere graduale e soprattutto privo di ulteriori problemi creati inutilmente.
Invece Giuffrè ha imposto testardamente il nuovo piano della sosta, privo di qualsiasi logica e soprattutto senza alcuna necessità di doverlo avviare adesso. Il risultato è che il Centro annaspa ulteriormente, i residenti sono fuori di melone perché si sono moltiplicate per loro le difficoltà a parcheggiare. E ci si è messo pure il nuovo comandante dei vigili, il quale presentandosi aveva tranquillizzato tutti sostenendo che le multe da quel momento in poi non sarebbero state una priorità. E invece da giorni i suoi vigili stanno bersagliando di fogliettini rosa tutti coloro i quali, anche e spesso inconsapevolmente, non rispettano i nuovi parcheggi. Senza rispettare un periodo minimo di tolleranza che in qualsiasi altra città sarebbe stato garantito.
E il commissario cosa dice? Citiamo intervista a Quotidiano: “Chi abita in Centro deve pagare, come fanno altrove. Abitare in Centro è un costo. Dobbiamo decidere se questa città deve vivere per chi ha la casa in centro o deve essere aperta al commercio, alle persone che vengono da fuori. Dobbiamo decidere”.
No, signor commissario. Lei non doveva decidere nulla, perché tra qualche mese tornerà a casa e questa città si troverà in condizioni forse peggiori di quelle in cui l’ha trovata. Dovrà essere la politica, che rappresenta i cittadini, a decidere se il Centro deve vivere o morire e in che modo, se i residenti dovranno parcheggiare sotto casa o a mezzo chilometro di distanza. Per lei forse ci sarà un nuovo incarico, da un’altra parte d’Italia.
E per i brindisini, speriamo, un’opportunità in più per imparare la lezione. Perché San Teodoro ha il fascino del forestiero a cavallo, ma è ora di amare un po’ di più San Lorenzo. Sarà meno fascinoso, ma è «da Brindisi». Un brindisino, capito?