di Gianmarco Di Napoli per IL7 Magazine
Prima ancora che le urne determinino il nome del quarantaseiesimo sindaco di Brindisi, il settimo da quando (1994) esso viene eletto direttamente dai cittadini, il primo verdetto appare inesorabile. Quel preteso, e millantato, progetto di rinnovamento con l’eliminazione dei “lui”, dei “chi per lui” e “chi per lei”, la defenestrazione delle cariatidi del Palazzo, insomma tutti quei buoni propositi sbandierati nel momento in cui si decise che l’esperienza amministrativa di Angela Carluccio doveva essere stroncata sul nascere sol perché la sindaca era «rea» di essersi imposta sui poteri forti di Palazzo di Città che tuttora sono rimasti al loro posto, sono miseramente falliti, qualsiasi dei candidati a quella poltrona indossi la fascia tricolore.
A chiudere il cerchio ci ha pensato il Movimento 5 Stelle verso il quale, anche a livello locale, più di qualcuno guardava con una certa curiosità e moderato interesse, nella convinzione che almeno i grillini – come loro consuetudine – puntassero su volti nuovi e soprattutto lontani dalle logiche delle precedenti amministrazioni. Così come declamato.
Invece, dopo un macchinoso esame delle possibili candidature (avvenuto come di consueto nelle stanze segrete del Movimento, a Roma) è stato individuato come aspirante sindaco Gianluca Serra. Avvocato civilista, Serra è tutt’altro che un novizio della politica, essendo entrato a farne parte almeno quindici anni fa con Impegno sociale, tra i fedelissimi del defunto Carmelo Palazzo. Nonostante nelle interviste concesse al momento della sua presentazione, abbia quasi tentato di far passare la sua appartenenza a Palazzo come un “vezzo di gioventù”, è opportuno chiarire che il suo nome era già nelle liste di Impegno sociale quando il movimento sosteneva la seconda candidatura a sindaco di Giovanni Antonino, esperienza conclusasi con l’arresto del primo cittadino. Lo stesso Serra si candidò con Impegno sociale anche alle Amministrative comunali del 2009 ottenendo 17 preferenze. Il suo legame con Palazzo si interruppe poco prima dell’alleanza (poi naufragata subito il voto) con la sindaca Carluccio. Da qui l’avvicinamento al M5S e, in ultimo, la sua candidatura alla fascia tricolore. Con conseguente (e dichiarata) rottura con la lista concorrente che non lo sosterrà alle prossime elezioni.
Analoghe speranze di rinnovamento venivano riposte nell’eterno candidato sindaco, Riccardo Rossi, leader delle formichine di “Brindisi Bene Comune”, grillino ancor prima dei grillini, no al carbone, no al potere, no alla corruzione. No a quasi tutto. Incuriosiva il fatto che avesse scelto di candidarsi con il Pd che finora aveva combattuto aspramente, ma in fin dei conti l’accostamento – anche se ardito – poteva avere un senso, soprattutto in un momento in cui il centrosinistra, a tutti i livelli, è alla ricerca di una sua ricollocazione. Rossi urlava “cambiamento”, “via il vecchiume della politica”, urlava al complotto e sbraitava contro presunte irregolarità commesse nella gestione della pubblica amministrazione. E se avesse potuto, avrebbe portato sul banco degli imputati persino Bruno Carluccio, ottuagenario padre di Angela, al quale attribuiva addirittura la responsabilità di aver portato a Brindisi la centrale Enel. Che si era solo limitato a firmare la convenzione, come deciso dal governo.
Ma oggi il principale partner politico di Rossi si chiama Carmine Dipietrangelo, alter ego di Antonino in quell’amministrazione conclusa con le manette, condannato in Appello per corruzione (reato poi prescritto in Cassazione, senza che Dipietrangelo rinunciasse alla prescrizione e affrontasse la sentenza). Ed è lo stesso Dipietrangelo che ebbe un ruolo (anche se indiretto) nell’insediamento della centrale Enel a Brindisi che sostenne poi quale componente della segreteria regionale della Cgil.
Dipietrangelo era l’uomo di riferimento del presidente dell’allora Consiglio Massimo D’Alema che, con il decreto salva-centrali, fece sì che Brindisi ne collezionasse ben due, una più inquinante dell’altra: Brindisi Nord e Cerano.
Sul fronte opposto, quello del centrodestra e della destra, il caos è totale. Liti, rotture, veti incrociati. La coalizione iper trasversale che va da Forza Italia sino all’ex comunista Michele Errico sembra la porta girevole di un centro commerciale: dopo la clamorosa uscita di Toni Muccio e Marco Stasi (con il movimento Noi Centro), anche Marcello Rollo ha rinunciato a presentare la sua lista di Brindisi Prima di Tutto. Il neo onorevole Mauro D’Attis tenta nervosamente di mantenere in piedi l’alleanza, ma ci si chiede cosa ne sarebbe del candidato Roberto Cavalera semmai dovesse arrivare al successo. Con Antonino, Pierri, Luperti, Marino, Iaia, Errico a contendersi ruoli, posti, leader-ship.
Non sta meglio Massimo Ciullo che ha perso per strada l’uomo che più di tutti si era battuto per la sua candidatura, sino al punto di prendere l’aereo, presentarsi da Salvini e registrare un video con l’investitura dell’avvocato a sindaco per la Lega: Paolo Taurino è stato messo fuori dalla porta (le cause reali non sono note) dopo essere stato candidato alla Camera per lo stesso Salvini e aver sfiorato l’elezione.
Abbiamo tenuto per ultimo Ferruccio Di Noi, candidato di bandiera di Impegno sociale. Con la morte di Carmelo Palazzo e l’inevitabile frantumazione di un movimento che il suo fondatore gestiva come cosa propria, alcuni tra i più quotati tra i suoi uomini hanno ritenuto di fare le valigie approdando verso liste più sicure. Chi è rimasto ha deciso di mantenere una posizione coerente con quanto era emerso nelle prime settimane di campagna elettorale, quando i “centristi” si erano sfilati dalle coalizioni formando un gruppo autonomo: erano “Brindisi in Alto” di Fernando Marino e, appunto, Impegno Sociale. Poi Marino, candidato del centrosinistra, clamorosamente sconfitto alle ultime amministrative, se n’è andato pure da qua, lasciando Impegno sociale col cerino in mano e piantando le tende nel centrodestra. Del resto aveva dichiarato più volte di voler fare allenatore, forse perché conosce bene con quale disinvoltura cambia squadra chi svolge quel mestiere. Persino dopo plateali sconfitte e licenziamenti clamorosi.