Il 9 ottobre sarà una giornata campale per il Porto di Brindisi: la Corte di Cassazione dovrà decidere se accogliere o meno il ricorso presentato dal presidente dell’Autorità di sistema portuale dell’Adriatico meridionale, Ugo Patroni Griffi, e del dirigente dello stesso ente, Francesco Di Leverano, contro il provvedimento di sospensione dall’incarico per otto mesi disposto dal Riesame di Lecce. Se i giudici della Suprema Corte dovessero respingere il ricorso, l’Autorità portuale sarebbe commissariata in attesa della nomina del nuovo presidente. Di Leverano invece rientrerebbe in servizio al termine degli otto mesi di sospensione.
In origine il magistrato inquirente, Raffaele Casto, aveva chiesto gli arresti domiciliari per entrambi, o in subordine la sospensione per un anno dagli incarichi. Un’istanza rigettata in toto dal gip del Tribunale di Brindisi, Stefania De Angelis (che aveva ritenuto sufficiente il sequestro delle opere che si riteneva fossero state costruite in maniera irregolare o abusiva nel porto di Brindisi) e invece accolta nella sua parte interdittiva dal Tribunale del Riesame di Lecce che ha ritenuto validi i motivi per sospendere i due principali indagati nell’inchiesta condotta dal Nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di finanza di Brindisi.
Oltre Patroni Griffi e Di Leverano per cui è stata invocata una misura cautelare, vi sono altri 11 indagati: Mariangela Danzì, Gaetano Giordano, Gianluca Fischetto, Maria Pia Fischetto, Antonio Iaia, Antonella Antonazzo, Teodoro Indini, Aldo Tanzarella, Salvatore Giuffrè, Giuseppe Salvatore Alemanno. I reati ipotizzati in questa tranche di un’inchiesta complessa e che si è concentrata su punti apparentemente oscuri nella gestione del porto di Brindisi sono una frode in pubblica fornitura per il dirigente, e un concorso in falso ideologico per il presidente, su un computo di circa venti capi d’accusa complessivi.
Il Riesame, nella sua ordinanza di sospensione, ha ritenuto non lecito il ruolo di Patroni Griffi nella transazione con il Comune per evitare la prosecuzione di una causa dinanzi ai giudici del Tar, relativa alla recinzione di via del Mare. E altrettanto irregolare il comportamento di Di Leverano, quanto ai controlli sull’esecuzione dei lavori per la strada ex Sisri.
I giudici leccesi, facendo riferimento a intercettazioni telefoniche e a dichiarazioni di indagati interrogati dal pm Casto, ritengono “concreto e attuale il pericolo di reiterazione dei reati della stessa specie di quelli per cui si procede per Di Leverano e Patroni Griffi” in quanto “gli indagati pur essendo perfettamente consapevoli che le opere di cui al progetto di sicurezza del Porto di Brindisi non potevano essere realizzate in quanto l’iter amministrativo non era stato completato, non solo hanno permesso la realizzazione delle stesse ma hanno cercato anche di legittimarle concorrendo alla formazione di atti falsi”. Patroni Griffi e Di Leverano non avrebbero avuto “alcuna remora nel danneggiare beni paesaggisticamente vincolati e siti di interesse archeologico”.
“La preoccupazione principale dei protagonisti della vicenda – chiosano in maniera durissima i giudici di Riesame – è come spendere il denaro pubblico, non verificare l’effettiva utilità delle opere da realizzare”.
Dal canto suo Patroni Griffi ha specificato (in una intervista concessa a “Nuovo Quotidiano”) che la transazione tra Comune e Authority, che portò alla cessazione del contenzioso amministrativo con il Comune sulla recinzione di via del Mare, riguarda solo una minima parte della recinzione, “un’opera lineare che sostituisce quella precedente non creando nuove volumetrie, né nuove superfici e che non ricade in aree sottoposte a vincoli”. Patroni Griffi sostiene che “la transazione era sollecitata dal Comune prima del mio insediamento ed era caldeggiata dal Propeller e dagli operatori per migliorare l’estetica tant’è che coerentemente con la transazione avremmo dovuto realizzare anche un’opera artistica”.
Sul caso va registrata la pronta risposta di Nicola Zizzi, dirigente del Comune e all’epoca segretario del Propeller Brindisi, che pubblichiamo separatamente.
La vicenda penale viaggia parallelamente anche sul piano amministrativo dove nel luglio scorso l’Authority ha incassato un’altra clamorosa battuta d’arresto sulla questione della security: il Tar ha respinto il ricorso con il quale l’ente presieduto da Ugo Patroni Griffi impugnava il rigetto della domanda di conformità urbanistica del progetto che riguarda la famosa recinzione, i varchi doganali e tutto quanto già oggetto dell’indagine. Se anche il Consiglio di Stato dovesse confermare la sentenza, l’Authority sarebbe costretta ad abbattere buona parte delle opere che aveva realizzato nel corso degli anni per adeguare la security interna alle nuove norme internazionali. Quindi la medesima recinzione di via del Mare, le strutture realizzate presso tutti i varchi d’accesso, la strada a quattro corsie e così via. Tutto costruito arbitrariamente, secondo quanto stabilito dal Tar, oltre che in maniera illegale, come ipotizzato dal pm Casto. La procura, in sostanza, ha ipotizzato che l’ente portuale abbia costruito infrastrutture e immobili, nell’ambito del sistema di security, senza attenersi al Piano regolatore portuale e senza fare riferimento agli organi preposti.
Secondo l’Authority le opere realizzate sarebbero conformi alle destinazioni urbanistiche del Piano regolatore generale in quanto il Piano regolatore portuale non avrebbe natura urbanistica e dunque le sue previsioni (difformi da quanto realizzato) dovrebbero non avere alcun rilievo.
Ma l’ipotesi prospettata dall’ente non ha convinto i giudici del Tar. Intanto perché non risulta dimostrata neanche la conformità delle opere al PRG e in ogni caso perché – come chiarito dal Consiglio di Stato – il Piano regolatore portuale rappresenta a tutti gli effetti uno strumento di pianificazione urbanistica rispetto al quale va dunque valutata la conformità di ogni singolo intervento edilizio.