Trucidò la figlia, lascia il carcere l’ergastolano Alex Rossi. La rabbia dell’altro figlio: “La Giustizia fa schifo”

Alex Rossi, l’assicuratore brindisino condannato in maniera definitiva all’ergastolo per aver trucidato con tre colpi di pistola la figlia Carlotta, l’1 novembre 1997, lascia clamorosamente il carcere per essere ricoverato in una clinica di Ostuni in regime di arresti domiciliari. Ne dà notizia il figlio Neville con un post sulla sua pagina Facebook, carico di rabbia e anche di timori. Lo pubblichiamo, integralmente, di seguito.

“Penso che questo è il paese dell’assurdo, dove tutto può accadere…Anche che un ergastolano per aver trucidato la figlia paga l’ambulanza per andare a farsi visitare a Bari dove un medico dichiara che le sue condizioni sono incompatibili con la condizione carceraria (ma non è in fin di vita…la gramigna non muore mai). Così, sempre nell’assurdo di questo paese garantista e insensato, rifiuta il ricovero al Rebibbia, ottiene il ricovero preso una clinica ad Ostuni (1.400 euro al mese a spese dei contribuenti) dove potrà vivere il resto degli anni che gli rimangono e morire con una dignità che non merita e che non ha concesso alla figlia. Chiaramente a me con la vita rovinata, che lo ho accusato e speso soldi per fare in modo che non nuocesse a me e nessun altro, per avere giustizia e per sentirmi sicuro e vivere tranquillo, non hanno detto nulla, non sono stato invitato all’udienza per presentare eventuali rimostranze o richieste. E così ora me lo ritrovo a pochi chilometri da casa e dalla mia vita presso una clinica, agli arresti domiciliari, senza una vigilanza adeguata al personaggio/mostro. Si si, dicono che non può fare del male a nessuno, DI STARE TRANQUILLO (col culo degli altri sono tutti bravi a rassicurare), ma intanto vorrei ricordare al giudice che ha deciso che l’arma del delitto non è mai stata trovata e nemmeno parte dell’assicurazione che ha riscosso. Che è un mostro vendicativo senza cuore e sentimenti alimentato dal male. Posso vivere tranquillamente? Non credo e la Giustizia di questo paese mi fa schifo (da anni ormai). Non so cosa farò ma non posso stare con le mani in mano… In questo momento mi sento profondamente afflitto e demoralizzato. MA CHE PAESE E’ QUESTO??? Se il problema è la mancanza di posti nelle carceri, ne costruissero degli altri invece di spendere ancora più soldi mandando ergastolani in cliniche pagate da noi!!!”

La 27enne Carlotta Rossi venne trovata cadavere la sera dell’1 novembre 1997 nella villa di famiglia nel complesso Verde Giada a Brindisi. Per la giustizia, i tre colpi di pistola calibro 38 che uccisero Carlotta furono esplosi dal padre, Alex Rossi, assicuratore ed ex gioielliere, per intascare una polizia di 750 milioni di lire sulla vita della figlia.
Rossi fu arrestato due anni dopo e malgrado le proclamazioni di innocenza, è stato condannato all’ergastolo in tutti i gradi di giudizio. L’assicuratore non aveva un buon rapporto con la figlia, a causa delle vicissitudini di vita della stessa, e ciò aggravò i sospetti sul suo conto assieme alle false piste che Rossi aveva indicato alla squadra mobile per allontanare ulteriormente da sé e dalla sua casa l’attenzione degli inquirenti.