Un ragazzo massacrato di botte senza motivo, i due bulli sono già in libertà

Un ragazzo poco più che ventenne esce con gli amici e viene massacrato di botte. Così, per divertimento. A 50 metri dal comando dei carabinieri di Brindisi. I suoi aggressori vengono arrestati sette mesi dopo, ma non si fanno neanche un giorno di carcere. Arresti domiciliari, e solo per due mesi. Oggi sono liberi. Fabio invece porta ancora nel corpo e nella mente le cicatrici di quella sera. E oggi vive con l’incubo di incontrarli di nuovo. Questa è la sua storia.

di GIANMARCO DI NAPOLI da IL7 Magazine

Fabio è un bravo ragazzo. Ha 22 anni, un diploma, un’utilitaria per spostarsi dal Casale, dove abita con la famiglia. Fabio (nome di fantasia) ha tanti amici, un fratello cui è legatissimo, una fidanzata ufficiale. Il 15 ottobre dell’anno scorso, come ogni sabato, ha preso l’auto ed è “andato a Brindisi”, come hanno l’abitudine di dire i “casalini” da generazioni. Ha parcheggiato in corso Umberto, tra la stazione ferroviaria e piazza Cairoli, e ha raggiunto la sua comitiva nella zona del teatro, dove si ritrovano tutti i ragazzi. Ha trascorso una bella serata, una birra, quattro risate.

Per tornare ha compiuto lo stesso tragitto con gli amici, hanno percorso corso Umberto, sono entrati nella stazione e hanno imboccato il sottopassaggio: Fabio li ha accompagnati sino all’uscita, in via Torpisana. Si sono salutati e dati appuntamento all’indomani, ma con comodo, che di domenica è bello dormire sino a tardi. Dalla stazione è tornato a piedi verso l’auto, parcheggiata un centinaio di metri più lontano.

Mentre attraversava le strisce pedonali di via Bastioni San Giorgio, la strada in cui si trova il Comando provinciale dei carabinieri, si è accorto che un’auto rallentava e si accostava a lui. Hanno abbassato il finestrino e cominciato a insultarlo: urla e offese. Fabio ha fatto finta di nulla e ha continuato a camminare, alzando il passo. L’auto l’ha superato, ha proseguito ma poi ha fatto inversione e lo ha puntato, fermandosi all’incrocio successivo, quello con via Cristoforo Colombo.

Fabio ha capito di essere ormai in pericolo e camminava così veloce che quasi correva, vedeva già l’auto, trenta secondi e sarebbe stato al sicuro nell’abitacolo. Non vedeva l’ora di tornare a casa. “Addo’ sta’ scappi?”. Il tono è minaccioso è irridente. La voce arriva dalle spalle. E’ un ragazzo di media statura, di corporatura robusta, i capelli rasati, sui vent’anni. Fabio non ha neanche il tempo di rispondere che quello gli sferra un gancio in faccia, lui vacilla ma resta in piedi. Altri colpi lo raggiungono sul volto, al petto, sulla nuca. Fabio tenta di proteggersi, si sorregge sul vecchio portone in legno del Patronato Acli. Arriva il secondo, anch’egli giovane, più alto e magro del primo, con la cresta al centro della testa. Ma picchia, e lo fa come l’altro: pugni al viso e allo stomaco. Fabio sente delle voci, provengono dall’appartamento che si affaccia sulla strada. Una voce maschile e una femminile, urlano qualcosa ma lui non riesce a capire neanche cosa dicano.

Nel frattempo torna a picchiarlo il primo ragazzo: ancora altri pugni, poi si toglie la camicia, la arrotola alla mano e gli sferra un ultimo tremendo fendente sul viso. La coppia di mezz’età dal balcone continua a urlare e finalmente l’aggressione ha fine. Quelli prendono l’auto e se ne vanno, neanche troppo di fretta. Picchiato a sangue, ansimante, stremato, Fabio crolla accanto al portone del palazzo. Riesce a sfilarsi dalla tasca il cellulare e chiama il 118: “Mi hanno picchiato, mandate un’ambulanza”. Poi crolla di nuovo sul marciapiedi. L’ambulanza gli passa davanti e lui non ha la forza di alzarsi per attirare l’attenzione dell’autista. Poi nota una pattuglia di carabinieri che arriva da piazza Cairoti: sono 50 metri, ma lunghi un’eternità. Si trascina e arriva in mezzo alla strada per bloccare la gazzella dell’Arma.

Finalmente giunge anche l’ambulanza e la corsa al pronto soccorso dell’ospedale Perrino. Il referto medico sarà da bollettino di guerra: trauma cranio-facciale con ematoma zigomo sinistro e frattura della parete anteriore del seno mascellare sinistro, frattura delle ossa proprie del naso, con prognosi di trenta giorni. Fabio viene di lì a poco dimesso ma non è finito. Torna ancora in ospedale a causa di dolori lancinanti allo stomaco: gli vengono riscontrati trauma toracico e trauma contusivo del rachide dorso-lombare (altri dieci giorni di prognosi) e ancora una “disorganizzazione vitreale post traumatica all’occhio sinistro” (altri 20 giorni di prognosi). Fabio ricostruisce tutto con i carabinieri ai quali denuncia per filo e per segno l’accaduto.

Ma saranno necessari sette mesi prima che i due aggressori vengano arrestati. A maggio i carabinieri li ammanettano per lesioni personali gravi, provocate da futili motivi e crudeltà, approfittando di una persona che si muoveva da sola e a piedi. In cella? Macché. La detenzione ai domiciliari viene ritenuta sufficiente e anche non troppo lunga. Dopo due mesi, qualche giorno fa, i due sono stati “scarcerati”, attenderanno liberi il processo “con rito immediato” si fa per dire, visto che sarà celebrato solo il 18 ottobre prossimo. Esattamente un anno dopo l’aggressione.

I due quel giorno saranno già liberi da tre mesi, mentre Fabio porterà addosso ancora i segni di quella sera. Ricorderà tutto alla perfezione ma a una domanda non riuscirà a darsi una risposta. Perché?