Ventenni che sparano. E noi ci giriamo dall’altra parte #IL7

Da IL7 Magazine – Editoriale del Direttore

di Gianmarco Di Napoli

Sarebbe troppo comodo archiviare tutto guardando i cognomi, troppo semplice tirare un sospiro di sollievo e dire: “Vabbe’, le solite famiglie, cosa ti aspettavi?”, scrollare le spalle e girarsi dall’altra parte. L’arresto di due ragazzi di vent’anni accusati di essere i capi-banda di due gang di giovani, che se le stanno dando a colpi di kalashnikov da due mesi, rappresenta un gravissimo segnale per tutta la città, non solo per le forze dell’ordine, non solo per i servizi sociali.
Non è affatto scontato che ragazzi provenienti da famiglie legate alla malavita diventino a loro volta criminali, anzi dovrebbero essere i primi a venire supportati, monitorati, messi nelle condizioni di avere anche loro un’opportunità. E invece sono abbandonati a loro stessi.
Come del resto, frequentemente, lo sono i loro coetanei il cui certificato di famiglia è all’apparenza meno problematico, così come gli adolescenti che stanno sbandando vorticosamente: quelli di piazza Santa Teresa, delle bombe-carta, delle dosi di marijuana gestite come un tempo si nascondeva la Marlboro rubata dal pacchetto di papà.
Trent’anni fa i giovani si lamentavano perché dicevano di non avere nulla. Esisteva solo una specie di “pub”, il Tortuga, scavato tra le mura di porta Mesagne. Ma c’era la “Salvarani”, straordinario punto di aggregazione, area di socializzazione e di confronto, anche nell’apparente banalità della chiacchiera quotidiana. In pochi metri quadrati, ragazzi di tutte le estrazioni sociali e culturali. Ricchi con i poveri, figli di contrabbandieri con fighetti della piccola borghesia, calciatori e cestisti, spinnellati e aspiranti medici.
Esistevano decine di squadre di calcio e di basket, un campionato di Terza Categoria con due gironi interamente costituiti da formazioni brindisine, tornei di Prima divisione in cui giocavano anche tappetti con la panza a penzoloni. Funzionavano le parrocchie, il centro sociale, i cinema cittadini.
Oggi non c’è una squadra di calcio e quindi neanche i club di tifosi. Nei campionati dilettantistici (a parte il Brindisi, che gioca in Promozione), esiste solo una società che milita in Prima categoria.
I centri di aggregazione funzionano poco e male, la biblioteca provinciale è chiusa da un anno, le parrocchie sono state delegittimate dalle troppe vicende di preti pedofili. I ritrovi notturni sono sempre più frammentati e targettizzati. Non esiste più alcun luogo di contatto e di scambio: i ragazzi di periferia restano tali, ancora più isolati, ancora più incazzati.
Un altro ventenne ha ucciso il padre a coltellate in una casa senza luce elettrica. Non è una coincidenza.
L’arresto di quei due non ci tranquillizza per nulla. Sarebbe stato meglio scoprire che a tirarsi colpi di pistola e a bruciarsi auto fossero stati malavitosi più attempati, avvezzi alle armi e alle manette, colonna sonora della loro vita.
E invece sono ragazzi di vent’anni che hanno avuto la sfortuna di essere nati in certi ambienti e la scalogna di non aver trovato nessuno che provasse a tirarli fuori da lì. Ce ne sono altri là fuori, non solo con quei cognomi, prossimi clienti dei carabinieri. Ora, se volete, giriamoci pure dall’altra parte.