Viaggio a Cisternino/ Il borgo più bello Città senza nome ma due stazioni. Dove la natura canta e il silenzio suona

È una bellissima giornata di sole, una domenica di febbraio che tradisce le aspettative invernali per cedere il passo a suggestioni e serenità fuori dal tempo.
Scorre veloce il tempo lungo la statale 379 sino a raggiungere l’uscita per Cisternino che condivide con la località fasanese di Torre Canne.
Nella contrada fasanese di Pozzo Faceto, non paia strano, è collocata la stazione ferroviaria di Cisternino, uno dei borghi più belli d’Italia, che deve il nome a Sturnoi, compagno di Diomede, che dopo la Guerra di Troia avrebbe fondato una città vicina che, in seguito, occupata dai Romani, fu chiamata Sturninum, l’attuale Ostuni. Nonostante nei pressi siano stati rinvenuti importanti testimonianze dell’età del bronzo, il suo nome dal latino “Cis Sturnium” non significa altro che “al di qua di Ostuni”.
La particolarità di questo centro posto nella parte meridionale della Japigia, non in Terra d’Otranto, né se si preferisce, il Salento, vero balcone murgiano sulla costa adriatica, è che possiede due stazioni ferroviarie. La prima si trova lungo la linea adriatica gestita da RFI, in località Pozzo Faceto di Fasano e distante circa 10 km, l’altra, posta a ridosso della città, lungo la depressione della bella Valle d’Itria, gestita dalle Ferrovie del Sud-Est.
Le particolarità però non finiscono qui, perché al decantato ed incantevole centro storico, della città, un intricato, quanto minutissimo reticolo di viuzze in cui le abitazioni si incastrano, si sovrappongono e si confondono, in una sinfonia urbana che genera da una evoluzione dettata dalle rinnovate esigenze, Cisternino ha due borghi satelliti, Caranna a Nord e Casalini a sud.
La strada provinciale n. 9 giunge ai piedi dello zoccolo murgiano e sale di 200 metri di quota in poco più di 2000 metri. Nel 1976, fu parte, cosiddetta, da montagna, del circuito dei mondiali di ciclismo che si tennero nella provincia di Brindisi, con partenza ed arrivo ad Ostuni. La rigogliosissima vegetazione è un ulteriore viaggio, nel viaggio. Al quadrivio posto alla sommità una pianta di ulivo di ben 600 anni aiuta il viaggiatore ad aumentare il senso di rispetto per una natura che qui si esalta e ti avvolge.
Il colore bianco delle costruzioni che spesso prendono forma di trullo, ti cambiano il punto di riferimento che si colloca in alto, in quel punto magico dell’incontro tra la punta del cono, una piccola sfera di pietra ed il cielo, quel luogo dove tutto è possibile e dove tutto s’incontra.
Il centro antico è un quadrangolo di circa 200 metri di lato e perdersi, ricercare e ritrovarsi è un gioco che si contamina dei tanti profumi e colori che immergono il visitatore in un altro tempo più che un altro luogo.
L’imponente torre posta a guardia della porta Grande e che sorveglia la valle d’Itria da cui chiara si intravvede a sud ovest, la sagoma di Ceglie Messapica, fa il paio con la bellissima Chiesa matrice di San Nicola, nella cui cripta sono conservate le memorie di un tempo e di una cultura testimoniata mille anni fa.
Nel giardino pubblico che si propone come balcone sulla valle d’Itria, all’ombra di rigogliosi alberi, sedersi alla panchina non è gesto di stanchezza ma di ricercata riflessione, che magari accompagna la memoria storica dei caduti e dei dispersi nelle guerre che il bel monumento ricorda.
Le indicazioni stradali sono chiare e la distanza di 2 chilometri si copre in poco, ma il tempo in cui il luogo ti immerge è collocato in una dimensione tutta da scoprire e da capire. Caranna è un borgo collocato a poche centinaia di metri dal Monte Pizzuto, la parte più alta e suggestiva di questo angolo di terra brindisina. Lo sguardo che si gode dal balcone delle murge è di quelli che coinvolgono i cinque sensi.
Sul belvedere di Monte Pizzuto a Caranna, lillipuzziana frazione di Cisternino, tre cani due cavalli ed una ragazza incinta di due gemelli. Nel silenzio di una natura generosa la vita mi ha scosso dal baratro del mio abissale tugurio dei pensieri alieni e astucci di preservativi, ai lati del sentiero, appaiono i segnali, che prima di me era passato amore.
Al centro di Caranna, nei pressi della vecchia chiesa, dove pigri sonnecchiano i gatti ed accecante è il bianco della calce appena passata sul tetto dei trulli, suggestione la presenza di un’opera scultorea. È l’anima del marmo, si chiama, di Walter Loparco, suo dono alla comunità di Caranna e di Cisternino, canto delicato di quella pietra le cui cave vicine, segnano come indelebili ferite, il territorio. Non abusi, non schiaffi ecologici, ma cave, come memoria antica di un rapporto vitale, duro aspro, ma leale, tra natura e uomo. Un dialogo che la forma a cono delle case, esalta e sublima e che il candore delle architetture spontanee del centro storico, fa diventare colore del quadro più bello.
Lascio Caranna a nord prevedendo di giungere a sud di Cisternino sino a Casalini, lungo la provinciale n 17 che prosegue verso Ostuni.
Una meta intermedia e necessaria è però il santuario della Madonna di Ibernia. Il Santuario, in stile romanico, ha origine nel XII secolo, sorto sui resti di un preesistente cenobio basiliano costruito non distante dal tempio romano dedicato alla dea della fertilità Cibele.
Dall’antico culto verso questa divinità deriva la venerazione per la Madonna, detta anche “delle uova”, simbolo della procreazione e dell’abbondanza che secondo la leggenda avrebbe indicato durante un’apparizione il luogo dove costruire questa chiesa.
Il Santuario, ben mantenuto, è il luogo d’incontro tradizionale del lunedì di Pasqua, quando i Cistranesi portano il dolce caratteristico “u chrruchl” che ha il significato di augurare fecondità: infatti è a forma di borsetta con due uova sode per gli uomini e a forma di bambola con un uovo sodo nel grembo per le donne.
Riprendo la via ed i quattro chilometri, superato il rondò postò sulla provinciale n. 17, scorrono lungo un territorio che ha il sapore della fatica, dei campi realizzati sui terrazzamenti, ricavati con dissodamento fatto a mano ed ogni metro quadrato è frutto di fatica e sudore.
Casalini è una frazione laboriosa, sorta dalla necessità di dare ospitalità agli abitanti dei casali della zona. Vive della cultura dell’olivo e del suo preziosissimo olio. Ci vuole poco a percorrerlo, ma ogni passo, ha il sapore pesante di una tradizione antica ed intima. Sulla porta d’ingresso dell’antica chiesa della frazione, datata 1870, una frase in latino “Haec domus Dei Est et Porta Coeli” (Questa è la casa di Dio e porta del cielo). A pochi passi una ringhiera, come fosse d’un balcone, apre ad una visione che ha il sapore sacro del paradiso, la bella valle d’Itria, che si colora d’un cielo azzurro e punteggiato da tanti schizzi bianchi su un drappeggio di tutte le tonalità del verde, tante sono le varietà di alberi che la compongono.
Come fosse necessario eco, a poche decine di metri, la moderna chiesa parrocchiale dedicata all’Immacolata, che non rinuncia alla civetteria di piccoli trulli, ma che si concede al cielo con un campanile a forma quadrata che sovrasta ed invita a guardare in alto, ma proprio in alto, dove, solo il sacrificio ed il duro lavoro, ti fanno arrivare.
Dal 12 febbraio 2000, il Comune di Cisternino è gemellato col Comune svizzero di Kreuzlingen, sul lago di Costanza, sul confine con la Germania. Un vincolo nato negli anni ’50, quando, uomini e donne lasciarono le famiglie ed il loro paese per cercare lavoro e fortuna in Svizzera.
A Kreuzlingen, nel Cantone Tugovia, molti trovarono una sistemazione, un ambiente ospitale e poi fu un passaparola e iniziò l’esodo.
Ogni famiglia cistranese ancora oggi ha un parente che in quegli anni partì alla volta della Svizzera. Oggi la città conta quasi ventimila abitanti e il 40% è costituito da stranieri, molti dei quali cistranesi, per questo considerata la seconda Cisternino. Nelle stesse ore i comuni di Cisternino e Locorotondo, col contributo di associazioni locali, hanno celebrato la 15^ marcia della solidarietà e della pace. Quest’anno l’iniziativa si è proposta il messaggio di Papa Francesco per la Giornata Mondiale della Pace 2020: “La pace come cammino di speranza: dialogo, riconciliazione e conversione ecologica”.
(il prossimo viaggio a Latiano)