Voleva darsi fuoco, salvato da due poliziotti: “Ma non siamo eroi”

Sa IL7 Magazine

No, i poliziotti non sono solo quelli che prendono i cattivi. A volte, in una frazione di secondo, sono quelli che salvano una vita che sta per concludersi proprio lì, davanti agli occhi della gente: Roberto Barletta di San Vito dei Normanni e Massimiliano Muci di Leverano sono due sovrintendenti di polizia in servizio presso il commissariato di Mesagne. Hanno salvato la vita a un ragazzo di trent’anni che si stava dando fuoco perché l’ex compagna non gli ha mai fatto vedere il loro bambino che oggi ha tre anni. E lo hanno fatto rischiando la loro vita.
Per questo, Roberto e Massimiliano, sono stati premiati durante la Festa della polizia, ai piedi della Scalinata Virgiliana, dal questore Maurizio Masciopinto e dal prefetto Valerio Valenti.
Il 10 giugno 2015, a sera inoltrata, erano di pattuglia a Mesagne, quando dalla sala operativa li hanno spediti nel piazzale dell’Istituto commerciale. C’erano alcune persone scese dalle vicine case popolari, e un ragazzo che piangeva e si disperava e invitava tutti a stare lontani. “Si era cosparso tutto il corpo di alcol svuotandosene addosso una bottiglia intera”, ricordano i due poliziotti. “Lo conoscevamo bene perché altre volte aveva dato segni di disperazione”.
Una breve storia d’amore finita male con una ragazza di Benevento, una gravidanza indesiderata che viene portata a termine. Come la storia d’amore, che viene bruscamente interrotta da lei. Il padre del suo bambino non soldi, non ha un lavoro e forse neanche un futuro. Sono elementi sufficienti per decidere arbitrariamente di tornarsene in Campania, con il bambino al seguito e con un agguerrito esercito di familiari pronti a fronteggiare qualsiasi tentativo di avvicinamento.
Ma lui quel bambino vuole vederlo. Telefona, chiede aiuto, si dispera.
Infine va dalla madre: “Mi sto uccidendo”. Ha già comprato una bottiglietta di alcol e decide di farla finita davanti alla scuola. La madre chiede aiuto, forse.
Gli angeli custodi sono sulla Terra e portano la divisa della polizia. Lavorano per il commissariato diretto dal vicequestore Rosalba Cotardo. “Ci siamo avvicinati lentamente”, ricorda Roberto Barletta. “Abbiamo provato a farlo ragionare, gli abbiamo spiegato che in questo modo davvero non avrebbe mai più rivisto suo figlio. Gli abbiamo chiesto di consegnarci l’accendino che aveva in mano”.
“La gente intorno lo guardava terrorizzata, sapevano che con una minima scintilla il ragazzo avrebbe preso fuoco immediatamente e ci sarebbe stato poco da fare per salvarlo”, aggiunge Massimiliano Muci.
La situazione diventa sempre più drammatica. Sembra che abbia deciso, stringe più forte l’accendino e comincia a far scorrere il pollice sulla rotella che fa scattare la scintilla. “A quel punto abbiamo rischiato il tutto per tutto: sapevamo che se fosse partita la fiamma avremmo rischiato anche noi di finire bruciati. Ma in certi momenti la vita di un ragazzo diventa più importante persino della tua e ci siamo lanciati”, racconta Barletta.
I due poliziotti lo prendono dai lati. Ognuno su un braccio per immobilizzarlo. Finalmente gli strappano di mano l’accendino. Il ragazzo piange, con gli abiti zuppi di alcol. Arriva un’ambulanza e qualcuno gli porge degli abiti asciutti. I due poliziotti restano a sorvegliarlo, ma anche a incoraggiarlo, sino a quando la situazione non sembra sotto controllo.
Poi riprendono servizio regolarmente, come in una serata qualunque. La vita del poliziotto, come quella del carabiniere o del finanziere, non riconosce atti di eroismo. Salvare vite è una delle voci di impegno quotidiano, come arrestare mascalzoni e rassicurare i cittadini. Questa volta il premio c’è stato, ma non a caso è stato consegnato nel cuore della città, davanti alla gente. Il poliziotto non è un eroe, ma un cittadino coraggioso.