WFP, la struttura logistica sorta sulle ceneri dell’aeroporto Gallo

Il cammino di questa settimana, non ha una meta, bensì un obiettivo che invita alla meditata rielaborazione di un pensiero, che si modella attorno al concetto di gratitudine. Vale la stessa considerazione e per chi ha la fortuna di vivere agiatamente e per quanti quell’agiatezza neppure hanno l’idea di dove sia.
La fame è il bisogno essenziale, negato ogni giorno a milioni di persone in ogni angolo del pianeta. La fame è quel tormento dell’anima che inquieta e che non fa stare fermi e ci obbliga a partire per luoghi lontani, mai conosciuti, mai pensati, per trovare un pezzo di pane. È gratitudine allora incontrarsi e scambiarselo quel pezzo di farina impastato nell’acqua o poco più.
Lasciato il bastone nel suo ripostiglio, non ho bisogno di raggiungere alcun luogo, per scrivere e mi accompagna su questo sentiero la voce e la forza amica di Bruno Mitrugno, direttore emerito della Caritas diocesana, con cui ci scambiamo, al telefono, le memorie reciproche scoprendo spunti ed angoli visuali che inquadrano Brindisi, il suo territorio come destinato a rappresentare il luogo dove lo scambio di un pezzo di pane è fatto costitutivo, tratto essenziale del DNA di chi vi è nato, opera o più semplicemente viene a trascorrere qualche ora, scoprendo magicamente che Brindisi, la città che ha regalato alla lingua italiana, il saluto beneaugurale, è anche parte sua.

La notizia del Premio Nobel per la Pace, all’organizzazione che proprio a Brindisi vive il suo luogo di eccellenza, arriva come può arrivare inattesa, la visita di un amico che non vedi tanti anni e che ti emoziona e ti scarica tanta adrenalina, che stenti a credere che la felicità possa irrompere così esplosiva nella tua vita.
Arriva nelle stesse ore che la carovana rosa del Giro d’Italia, fa tappa nel capoluogo messapico, onorandone la storia e sferzando, come vento, la lenta ed inutile sofferenza, cui è sottoposta la città, da una pletora di lagnanti e lamentosi, perduti dietro la loro insaziabile necessità di rancorose rimembranze, d’un tempo e fasti, che stanno solo nella loro mente.
Arriva questa notizia che neppure la si comprende ed increduli i brindisini, non familiarizzano con un dato storico ed acclarato, anche dal Segretario Generale dell’O.N.U. Antonio Guterres, che ha celebrato con la bella e nutrita equipe brindisina, il 19 dicembre del 2019, il 25° anniversario della costituzione in città del UN GLOBAL SERVICE CENTRE.
Ma la notizia che non ha fatto cambiare colore alle vetrine, che non ha fatto stappare bottiglie di prosecco o di spumante, ha la stessa potenza deflagrante d’una bomba, che neanche i fuochi di San Teodoro, ma consentono a Marta Laurienzo “Al Wfp siamo estremamente onorati per questo premio che è un riconoscimento a tutto lo staff che ogni giorno lavora per portare cibo ed assistenza a più di 100 milioni di persone del mondo. Tra questi, ci sono 119 uomini e donne che lavorano, dietro le quinte, per dare risposte alle emergenze umanitarie, nella base Unhrd di Brindisi e nelle altre cinque del Network che ho l’onore di guidare”
Così accade che bastano pochi cenni ed ognuno seduto a casa sua, ci raccontiamo una storia ciascuno che messa insieme racconta quanto grande sia la forza che a questo territorio viene riconosciuta da tanti, ma proprio tanti, che il numero si conta in milioni.
La prima parte della storia racconta che nel 1943, con l’arrivo delle truppe alleate, l’aeroporto di San Vito dei Normanni (attivo dalla Prima Guerra Mondiale come base di aerei e dirigibili da bombardamento) venne completamente ristrutturato, modificato e riorganizzato secondo le sopraggiunte esigenze imposte dall’andamento della guerra e secondo le metodologie degli eserciti alleati. Noi italiani, qualche mese addietro avevamo distrutto gli enormi hangars per dirigibili che da quel campo, assieme ai bombardieri, avevano reso famosa Brindisi nel primo conflitto mondiale.

L’aeroporto Maurizio Gallo ricopriva un’aerea pianeggiante che inizia nel punto in cui gli ultimi rilievi delle Murge confluiscono nella piana brindisina proprio nei pressi delle sorgenti dei canali Apani e Giancola.
Fino al settembre 1943, nel campo operavano reparti della Regia Aeronautica Italiana e della Luftwaffe.
Dopo lo sbarco degli inglesi a Taranto i reparti tedeschi abbandonarono l’area per spostarsi nei più sicuri aeroporti della zona di Foggia.
Gli alleati, che trovarono un aeroporto già dotato di officine per automezzi e grandi depositi di armi e munizioni, decisero di utilizzare l’impianto come base logistica, concentrando l’attività aerea presso i vicini aeroporti di Brindisi, Grottaglie, Manduria, e San Pancrazio Salentino.
Gli americani, arrivati subito dopo i reparti inglesi e polacchi, dotarono l’aeroporto di attrezzature speciali e costruirono uno scalo merci collegato alla linea Bari – Lecce tramite un raccordo ferroviario di 700 metri.
In questo modo i treni potevano essere caricati e scaricati direttamente presso i depositi di materiale, rendendo superfluo il trasbordo su autocarri.
Oltre ad utilizzare i fabbricati esistenti, tutti in buon stato, gli americani costruirono nuove baracche in legno per acquartierare il sempre più numeroso personale militare, anche se molti rimasero negli attendamenti e sotto le numerose arcate del cavalcavia della stazione ferroviaria di S. Vito dei N.
Tuttavia, gli spazi in uso agli alleati non si rivelarono sufficienti a contenere l’immensa quantità di materiali da guerra che affluiva dai porti di Brindisi e Taranto.

Furono pertanto requisiti grandi appezzamenti di terreno agricolo su cui furono ammassati ingenti quantitativi di armi e munizioni.
A cielo aperto, venivano stoccate cisterne di carburante e contenitori di grassi e olio lubrificante.
Il “Petrol Point” si estendeva per alcuni chilometri lungo la strada in direzione di Mesagne.
Gli alleati concentrarono nel campo tutti gli automezzi militari ormai da rottamare, procedendo al recupero di pezzi di ricambio, ed assemblando altri veicoli da riassegnare ai reparti in combattimento.
Dello scalo ferroviario oggi non esiste più traccia, a parte qualche tratto di massicciata del raccordo con la stazione ancora riconoscibile fuori dal perimetro dell’area militare.
L’intera area fu trasformata e negli anni ’60 divenendo sede del 6917th ESG (Electronic Security Group), con un numero di militari in servizio che raggiunse le 4500 unità.
In corrispondenza dell’area dello scalo ferroviario fu montata la mastodontica antenna radiogonometrica AN FLR-9 conosciuta anche come “Elephant Cage”.

Pochi avrebbero immaginato che proprio lì avrebbe finito con l’avere sede il deposito più importante del WFP sull’eco di un sentimento di gratitudine che per oltre un secolo è stato coniugato su quel luogo, attraverso le mutevolezze del tempo e dei bisogni. Dalla fame di libertà dei popoli, alla lotta per combattere la fame alimentare nel mondo.
Brindisi porta di speranza che rinnova e rielabora la propria identità facendo leva sull’applicazione del suo motto FIDELITAS, fedeltà ai valori ed ai principii. Fedeltà a chi questi principii sa coniugare e rinnovare.
Nel gennaio 1944 10 aviatori polacchi persero la vita nel nostro territorio, da dove decollavano per portare carichi di aiuti ai popoli europei in rivolta contro il nazi-fascismo. Sono quei ragazzi che inaugurano con la loro morte la stagione del nuovo percorso che può avere l’aeronautica, non solo strumento di attacco ma di ascolto del bisogno degli altri.
Furono quei piloti polacchi che lungo tutto il 1944 sostennero con voli no stop le comunità affamate di libertà, ma anche di farmaci, di pane, di cultura.

Pare un tratto storico necessario e funzionale allo sviluppo del Programma Alimentare Mondiale se proprio un polacco Tadeusz Iwiński, allora vice presidente del Consiglio Europeo e vice presidente dell’alto commissariato per i rifugiati venne a Brindisi il 4 aprile 1997 a prendere consapevolezza della realtà locale
È il giugno del 2000 la data che Bruno Mitrugno mi ricorda e che sottolinea il trasferimento del PAM da Pisa a Brindisi. Migliaia sono stati i voli e le Missioni, organizzati dal Ministero degli Affari esteri e dalla Cooperazione internazionale partiti dalla Base Logistica di Brindisi, con invii di aiuti alimentari e logistici in ogni parte del mondo, in contesti fragili per guerre, calamità naturali, pandemie, situazioni di emergenza, ma anche dove l’estrema povertà e le precarie condizioni sanitarie ne impediscono lo sviluppo economico.

Chiedo a Bruno di provare raccontare alcune vicende di storia, legate alla Base PAM di Brindisi.
“Era il 1997 – esordisce anno di forte immigrazione sulle coste brindisine di masse di persone provenienti dai Balcani in guerra, ogni giorno migliaia di profughi sbarcavano nel porto di Brindisi, immigrazione trasformatasi anche in tragedia il 28 marzo di quell’anno (Venerdì Santo) con l’affondamento della motovedetta albanese Kater I Rades, nella quale perirono 86 persone.
Nella qualità di Direttore della Caritas Diocesana di Brindisi mi recai a Pisa per un incontro CARITAS allora fortemente impegnata su tutto il territorio nazionale nel soccorso e aiuto ai profughi Kossovari.
Pisa era allora sede del PAM in Italia, e lo è stata fino al giugno 2000, data del suo trasferimento a Brindisi; durante quell’incontro ebbi modo di parlare tra l’altro degli aiuti che partivano alla volta dei Balcani dal PAM di Pisa e fu allora che mi venne spontaneo chiedere perché gli aiuti dovessero partire da Pisa, quando nella nostra città il Porto e lo stesso Aeroporto avrebbero reso più idoneo e immediato l’approvvigionamento e l’invio degli aiuti umanitari nei vicini Balcani. L’idea non mi abbandonò, anche perché dal 1994 era già presente a Brindisi la base logistica delle Nazioni Unite (UNLB) che faceva parte della Divisione Logistico Amministrativa del Dipartimento per le operazioni di pace dell’ONU.
Perché il PAM non poteva essere trasferito a Brindisi, se non in tutto, almeno nella sua fase logistica? Ne parlai con il Prefetto di allora Andrea Gentile, che mi invitava sempre in Prefettura quando arrivavano a Brindisi personalità politiche di rilievo per via della Emergenza Balcani, per illustrare a tutti la proposta.

non seppi più nulla dell’evoluzione della proposta, anzi pensavo che tra le promesse, l’interesse dimostrato e la realizzazione pratica, gli ostacoli sarebbero stati enormi.
Il 4 aprile 97 arrivò a Brindisi il Vicepresidente del Consiglio d’Europa e Vice presidente dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR) Tadeusz Iwinski, il prefetto Gentile si premurò di informarmi e di invitarmi a recarmi con lui.
In quella occasione illustrai l’idea-proposta del PAM a Brindisi, facendo presente all’Alto funzionario che le caratteristiche logistico-infrastrutturali del nostro porto-aeroporto ben si sarebbero prestate per gli interventi umanitari non solo in quel periodo nei Balcani ma nel futuro in ogni angolo del mondo come poi è avvenuto.
Il Presidente Iwinski ascoltò con molta attenzione la proposta e assicurò me e il prefetto Gentile che ne avrebbe parlato nelle sedi istituzionali ONU.

Il 9 aprile successivo, l’allora presidente del Consiglio Romano Prodi, per il tramite della Caritas organizzò un incontro con il volontariato brindisino presso l’Istituto San Vincenzo in Piazza Duomo. In quell’occasione erano presenti oltre al Presidente del Consiglio, il prefetto Andrea Gentile, il questore Antonio Ruggero, il Comandante dei Carabinieri ,della Guardia di Finanza, la Croce Rossa, il Sindaco Lorenzo Maggi ed altri, quando il presidente Prodi, chiese cosa avrebbe potuto fare per Brindisi, per ringraziare la città per il grande spirito di accoglienza che dal 1991 l’aveva caratterizzata, gli chiesi pubblicamente se poteva intercedere nelle sedi opportune per istituire a Brindisi una sede del PAM, lui ascoltò con interesse e assicurò il suo personale interessamento”.