di Giancarlo Sacrestano per il7 Magazine
Era l’11 dicembre del 2021 ero in Umbria e mi raggiunse un messaggio i cui contorni e relative ricadute, mi apparvero immediatamente fruibili. Il messaggio diceva: “Buongiorno, siamo cinque ragazzi impegnati al Servizio Civile Universale del Comune di Villa Castelli (BR). Scriviamo perché abbiamo un articolo interessante su un mistero celato di un reperto custodito nel Museo Archeologico del nostro paese. Lei sarebbe interessato?”. Al mio interesse, dopo pochi giorni mi arrivò un testo su cui apprendere e capire l’argomento.
Il 15 dicembre mi arrivò questo messaggio:
La via dell’immortalità: Ipotesi sul significato simbolico della Lekythos funeraria.
Ritardi e miei inconvenienti di salute hanno reso possibile l’incontro, solo lo scorso 22 febbraio, in un mattino poco piacevole e denso di pioggia.
So dove andare e la bellezza dell’incontro supera ogni discutibile piacere. Ai ragazzi, giovanissimi, tutti minori di 25 anni, sovrintende l’anziano e preparatissimo architetto Giuseppe Caliandro, presidente della locale pro loco, vero maestro e guida, non solo di storia e tradizioni, ma di vita e ai ragazzi regala enormi quantità di dati, segnalazioni, documenti, testimonianze, libri, da cui apprendere e crescere nella nobile arte della conservazione e promozione del bellissimo museo civico, ricavato, apprendo, nel vecchio frantoio per olive del nobile palazzo comunale.
Dalla antica arte di estrarre l’olio, alla moderna e significativa arte di produrre per spremitura della conoscenza, l’estratto vincente della comunità nuova che non si domanda, con paura del domani, cosa sarà, ma con certezza e delicata attenzione rovescia nelle giornate, enormi quantità di nettare sapienziale adatto a far crescere grandi e piccini.
Come fosse incontro desiderato e cercato, occorrono pochi minuti per i saluti e subito scatta il piacere reciproco di affondare le parole in un incontro amichevole e preparato su uno spaccato di vita di ben 24 secoli fa.
L’rchitetto Caliandro, anziano e barbuto, degna icona plastica di un rilievo scultoreo dell’antica Grecia degno emblema di filosofo, accompagna e guida tra i documenti il dialogo che oltrepassa il magnifico luogo che ci ospita e se la giornata fosse stata bella, sarebbe stato utile sedersi a pochi metri dalla porta d’ingresso, nei paraggi del “balcone” sul Salento che premia la bellissima piazza “Caduti di Nassiria” da cui i pensieri raccolti e condivisi, come nella migliore tradizione filosofica greca ci avrebbe visti calmi e impegnati in un sacro dialogo i cui connotati si aprono ad ogni intervento.
Nonostante il freddo di febbraio, apprendo seduto al tavolo che la fattoria Li Castelli (dal latino castellum che significa borgata, villaggio) era in un’area abitata già in età preistorica (probabilmente dalla fine del neolitico, IV millennio a. C., alla metà dell’età del bronzo), e sarebbe sorta sull’impianto di una villa rustica romana.
Nei secoli XVI e XVII Li Castelli era una delle più grandi tenute dell’agro di Francavilla, e gli Imperiali, feudatari della zona, vi avevano realizzato un allevamento di cavalli di razza, che fu assai fiorente alla fine del XVIII secolo. Morto senza figli l’ultimo degli Imperiali, Michele, la tenuta fu acquistata nel 1797 dal duca di Monteiasi che, per popolarla, la concesse in enfitèusi ai contadini di Ceglie e Grottaglie disposti a trasferirvisi.
Il duca vi costruì una chiesa, che dedicò al Santo Crocifisso, e risistemò il palazzo degli Imperiali per adattarlo a sua dimora.
Agli inizi dell’800, la denominazione Li Castelli o Monte Castelli fu sostituita con quella di Villa Castelli, con riferimento alla “ville” (città in francese), e a somiglianza di Francavilla, della quale Villa Castelli era frazione.
Divenne Comune nel 1926.
Nel dicembre 1927, per regio decreto, il comune fu inserito nella neo costituita provincia di Brindisi di cui rappresenta il confine più occidentale verso Taranto, città da cui più verosimilmente apparteneva.
Il Parco Archeologico di “Pezza Petrosa” si trova in contrada “Pezza Le Monache” a 2 km da Villa Castelli (Br), ed è caratterizzato dalla presenza di oltre trenta tombe, i cui reperti vascolari e metallici risalenti ad un periodo compreso tra il V e III secolo a.C. sono ospitati (circa 200) nel Museo Comunale, dove i ragazzi del Servizio Civile Universale – “Agorà 2.0” di Villa Castelli (Br) sono impegnati dal 10 agosto 2021.
Quest’area archeologica, come si è dimostrato dallo studio dei reperti, ma anche dall’analisi delle sepolture è stata abitata fin da età neolitica, poi la vita sarebbe continuata anche dai Messapi, per poi essere assoggetta al dominio di Taranto, finché non fu conquistata dai Romani che distrussero l’insediamento intorno al 564 d.C. durante la contesa tra Goti e Bizantini.
A più di 30 anni dalla scoperta della necropoli messapica e dorica nel comune di Villa Castelli (Br) e questa sarebbe la necessità dell’incontro, con una ricerca da parte dei ragazzi del Servizio Civile Universale – “Agorà 2.0” ha portato alla soluzione dell’enigma della Lekythos a figure rosse risalente al 420-380 a.C. ritrovato a “Pezza Petrosa” nella Tomba 12 dalla Soprintendenza Archeologica della Puglia nel 1989-1990.
I ragazzi si sono arrovellati per settimane cercando di risolvere il mistero della Lekythos, dal momento che la raffigurazione sull’oggetto non somiglia a nulla di quanto trovato prima in quell’area, o in altre zone vicine. L’oggetto, peraltro, è ottimamente conservato e questo non ha fatto altro che aumentare il mistero e i loro dubbi, oltre a quelli dei visitatori.
Il mistero che si cela attorno all’oggetto riguarda la raffigurazione di due individui in procinto della celebrazione di un rito greco, a detta della Soprintendenza.
I due personaggi, un uomo e una donna, in realtà sono risultati sotto l’occhio attento dei ragazzi del “Servizio Civile Universale”, ben più di due semplici individui.
Durante queste ultime settimane i ragazzi hanno analizzato tutti gli elementi raffigurati, arrivando alla quasi certa soluzione del mistero.
I due in realtà, secondo il mito di Omero nell’ “Inno ad Afrodite” (V), sono Afrodite sulla sinistra e Anchise sulla destra.
La scena raffigurata è intima fra i due innamorati e si svolge all’interno di uno scenario mitologico.
Sono entrambi in piedi uno di fronte all’altro e perlopiù sono scalzi, questo potrebbe far pensare al fatto che si trovino in un’abitazione privata.
Anchise con il petto giovane e scultoreo è quasi nudo, indossa solamente l’himation, che porta semplicemente appoggiato sulla spalla e fatto ricadere sul fianco, poiché non richiede di essere fissato tramite fibula; mentre Afrodite indossa il chitone, che cadendo sul corpo è fermato in vita da una cintura che crea una leggera custodia chiamata kolpos, che ne lascia trasparire tutte le forme; questo lascia oltre che alle braccia scoperte anche uno dei suoi giovani seni. Oltre al chitone la dea indossa anche alcuni ornamenti, fra cui una collana di perle.
Anchise non ha la barba, simbolo della sua giovinezza, i capelli sono corti e acconciati “a giardino”, con i ricci che gli circondano la testa, sinonimo della cura che ha di sé.
Afrodite, invece, ha lunghi capelli ricci che partono dalla fronte e arrivano raccolti sulla nuca, tenuti fermi da un fermaglio/ghirlanda.
La suggestiva ricomposiione narrativa, aiuta a comprendere il bellissimo manufatto che attrae e si lascia guardare ed osservare, ma il Museo Archeologico di Villa Castelli rappresenta un evento non solo culturale per la città, ma soprattutto costituisce simbolicamente la rinascita della provincia pugliese.
Punto di riferimento per la comunità, custode unico della storia e della tradizione di un territorio. Luogo spettacolare ed unico, conserva anche le memorie storiche della piccola cittadina, attraverso la mostra fotografica, vero nucleo di visibilità di storia del secolo XX, carico di personaggi e panorami che affascinano e costruiscono ben oltre la fantasia la meraviglia di un cammino sociale. Non solo i manufatti antichi ma anche le foto, costruiscono un unico ideale che meglio è definire “UMANESIMO DELLA PIETRA”.
Quindi se siete amanti della buona cultura e curiosi di sapere quale retroscena si nasconde dietro al mistero, siete tutti invitati a scoprire l’incredibile atmosfera che si cela dietro la mitologica greca.
Con una dovizia di testimonianze ora evidenti, ora passate in sordina, Pezza Petrosa, nel suo lungo cammino era definita pure “Rudiae” città dove nacque il primo poeta latino Quinto Ennio il primo poeta latino nato a “Rudiae” il 16 luglio 239 a.C. poeta, drammaturgo e scrittore romano. Viene considerato, fin dall’antichità, il padre della letteratura latina, poiché fu il primo poeta ad usare la lingua latina come lingua letteraria in competizione con quella greca. A scrivere di lui C. Cafforio, Preistoria di “Rudia” tarentina, Taranto 1938. L’ipotesi è stata ripresa anche recentemente: P. Scialpi, I Mormidoni e Villa Castelli. Irrisoluta restava l’antica questione dell’identificazione nel sito dell’antica Rudiae, patria del famoso poeta Q. Ennio, identificazione caldamente sostenuta dal Cafforio e osteggiata, altrettanto vivacemente dal Ribezzo, il quale ne proponeva invece l’ubicazione a est del Comune di Francavilla Fontana, presso Masseria Guardiola.
Purtroppo i dati trasmessi e relativi alle varie scoperte non essendo stati supportati da indagini scientifiche, né da precise ubicazioni planimetriche, o dalla visione diretta dei materiali andati totalmente dispersi, contribuiscono soltanto a confermare l’esistenza nell’area di un insediamento, ma non forniscono gli elementi necessari, o perlomeno comprovati, per avanzare chiare ipotesi sul relativo inquadramento cronologico o sullo sviluppo topografico.
Non si deve infine dimenticare che i continui lavori agricoli, connessi spesso a imponenti trasformazioni agrarie, nonché la perenne spoliazione dell’area, considerata fin dagli anni ‘30 una miniera inesauribile di materiale archeologico e soprattutto litico, come indica chiaramente il toponimo, hanno contribuito a stravolgere le testimonianze archeologiche esistenti, distruggendo gran parte di quei ruderi imponenti, che già agli inizi del secolo erano ormai solo parzialmente visibili.
Poche ore nel museo tra le teche e l’enorme quantità di testimonianze antiche, tutte ed ognuna, degne di attenzione e notevole interesse, ma tra tutte, la eccezionalità è la presenza attiva e precisa dei ragazzi castellani che sprigionano dalle loro parole e dai concetti che facilmente esprimono, una fortissima predilezione al museo e alla comunità cittadina di cui vestono integralmente l’intero ed intenso valore.
A loro guida il castellano d’eccezione, l0’architetto Giuseppe Caliandro, con cui ci avventuriamo sulla soglia del museo su un discorso per un successivo impegno col giornale. Bastano poche parole e l’invito è raccolto calorosamente. Gli chiedo di partecipare alla scrittura di questo articolo con un suo gradito intervento che ci aiuti a comprendere oltre il sito archeologico, il significato della comunità di Villa Castelli di cui conosce tutto e tutti.
Mi stringe la mano e mi regala il suo sorriso sotto l’enorme barba che ha perso la sua radice bruna per esaltare il bianco candore della senilità matura e fertile.
La sua matrice fertile ha donato vita e parola a 5 giovani che si degnano d’essere suoi eredi, ma a lui chiedo di avventurarci in un cammino lungo quanto un fiume che proprio a Villa Castelli nasce nei pressi della Chiesa dei Grani per attraversare il territorio della provincia da Francavilla a Latiano, Mesagne, Brindisi, San Vito dei Normanni e Carovigno sfociando a Torre Guaceto nell’adriatico. Lungo circa 48 chilometri è il corso fluviale più grande della nostra provincia.
In tempi antichi il Canale Reale fu certamente un corso fluviale con acque più copiose di quelle odierne. Il suo antico nome era forse fiume Pactius oppure Ausonius, citato da Plinio il Vecchio nella Naturalis Historia.
Durante l’Alto Medioevo questa lama fu una via di comunicazione secondaria per accedere all’entroterra dalle coste del Mare Adriatico. Nel VII secolo, in seguito al periodo dell’Iconoclastia, alcune comunità di monaci Basiliani unitamente agli abitanti delle comunità rurali scavarono e ampliarono alcune grotte lungo il corso del canale, trasformandole in abitazioni e in luoghi di culto: tra questi, risultano rilevanti la Chiesa rupestre di San Biagio e la Cripta di San Giovanni. Per tutto il medioevo gran parte del corso d’acqua è sotto la giurisdizione del Feudo di Oria.
Ci stringiamo la mano per a presto rivederci per affrontare questo viaggio storico naturalistico su cui occorre fare correzioni e chiarimenti che la cronaca ha alterato o nascosto, come la testimonianza di Plinio il Vecchio, cronologicamente non veritiera, aggiunge nel suo solito intervento chiarificatore costellato dal viso sorridente.
Lo saluto calorosamente con i complimenti per come ha curato e fatto esplodere l’amore per la storia in cinque giovani.
Nel mentre le mani si staccano, comincia ad esagerare la perturbazione, manco il tempo di salutare gli amici custodi e promotori, salire in auto e condividere con Serena che fin qui mi ha accompagnato ed ha eseguito foto e filmato, che comincia a cadere una pioggia scrosciante. Conta poco che non si veda lontano, lontano ci eravamo andati a conoscere una vitalità nuova, colma di positività e di energia vitale, appunto come UMANESIMO DI PIETRA.
Nessuno lo immagina, l’indomani, sono alla intensa cerimonia di ricordo dei finanzieri Sottile e De Falco, cammino piano per raggiungere a piedi il Santuario della Madonna di Jaddico, quando squilla il telefono è la voce della giovane Corinna che mi annuncia che al mattino presto era venuto a mancare l’architetto Giuseppe Caliandro. Rimango senza parole, il passo si fa più lento ed un dolore mi preme il petto. è morto così lasciandoci eredi orfani di una maestria e di una conoscenza che mancherà a molti.
Piccola nota a margine, scrivo ed il giornale pubblica solo dopo un mese, dopo che una brutta infezione da Covid mi ha obbligato al riposo ed una terapia lunga che continua.
Vale la pena finire questa piccola storia di memoria ricordando doverosamente che il Museo è pronto ad ospitare i visitatori con ingressi contingentati (in ottemperanza alle disposizioni governative vigenti) dal lunedì al venerdì dalle ore 9:00 alle 13:00, giovedì dalle 16:30 alle 19:30 con i ragazzi del Servizio Civile Universale, e la domenica dalle ore 10:00 alle 12:00 con la Pro Loco di Villa Castelli. Inoltre, dal 6 agosto 2021 per accedere al museo o per partecipare agli eventi è necessario presentare il Green Pass.