Bussano timidamente alla porta dell’ufficio parrocchiale gentilmente messo a disposizione per l’intervista da Padre Enrico Ronzini, parroco e priore della Basilica della Vergine Santissima del Carmelo (per i mesagnesi, semplicemente, la chiesa del Carmine). La più giovane delle due, minuta e cortese, dai modi semplici e dal sorriso aperto, bisbiglia “Sono suor Mini Cheriyakatteth. Grazie per questo incontro”. Poi accenna a voler stringere la mano, ma immediatamente la ritrae. “Non importa, ci abbracceremo quando potremo”, dice con lo sguardo acceso di speranza. L’altra, suor Jessy Puramukalil, è più circospetta: si limita ad annuire e lascia la parola alla consorella che conosce meglio l’italiano.
Sono arrivate a Mesagne, città mariana, il 14 dicembre, giorno della memoria di San Giovanni della Croce, uno dei santi carmelitani più amati e seguiti, per costituire una nuova “Casa” dell’“Istituto di Nostra Signora del Carmelo”, fondato da Maria Teresa di Gesù Scrilli nel 1854 a Montevarchi (Arezzo) e affiliato all’ordine carmelitano nel 1929.
Nella conferenza stampa di presentazione, alla presenza della intera comunità dei Padri Carmelitani (che nel 2021 celebreranno il quinto centenario della loro presenza a Mesagne), del sindaco Toni Matarrelli e del vicario foraneo di Mesagne, don Gianluca Carriero, ha preso la parola soltanto la Superiora Generale, suor Maria Stella Marzano, per illustrare la nascita, lo sviluppo e il carisma dell’Ordine che le sorelle rappresentano. Ma le due religiose indiane, chiamate a svolgere la loro missione pastorale nella città messapica che vanta come Patrona proprio la Madonna del Carmine, dopo un comprensibile pudore iniziale hanno tanto da raccontare, felici di condividere le loro esperienze spirituali in una comunità in cui il culto carmelitano è così sentito.
Raccontano che il seme del Carmelo, quel “vivere in ossequio di Cristo con cuore puro e retta coscienza”, ha trovato terreno fertile in loro quando erano appena due giovani ragazze appassionate al cammino spirituale promosso dalla Beata Scrilli: vivono la presenza di Dio come il profeta Elia e come la Vergine Maria, in una fede semplice e spoglia che si nutre della Parola meditata, accolta e custodita nel cuore. Quella delle suore di Nostra Signora del Carmelo è una spiritualità della Croce, scaturita dalla contemplazione di Gesù sofferente. Ecco perché sullo Scapolare ereditato dalla fondatrice, il cosiddetto “abitino”, portano una piccola croce nuda, che simboleggia l’abbandono a Cristo per cooperare al suo mistero di redenzione, salvezza e amore.
“La mia avventura spirituale nel Carmelo è iniziata nel 1988 in India, nella regione del Kerala”, dice nel suo italiano fluente suor Mini, la più loquace delle due. “Ho trascorso molti anni nella comunità religiosa di Kochi, la mia città natale, dove ancora adesso la nostra Casa è abitata da più di 150 consorelle. Ero molto giovane, ho compiuto i miei 18 anni proprio in convento. Quando ho compreso di voler dedicare la mia vita a Dio, mi sono guardata intorno. A Kochi ci sono diverse congregazioni di religiosi, per cui ho iniziato ad approfondire i diversi carismi. Perché ho scelto l’Istituto di Nostra Signora del Carmelo? Perché le suore carmelitane, a differenza delle altre, erano sempre accoglienti, gioiose, semplici, spontanee. Quindi ho capito che volevo essere così: portare il messaggio di Dio nel mondo con umiltà e felicità. Poco prima della fine del mio percorso, mi sono trasferita a Roma per intraprendere gli studi di “Teologia della vita consacrata”, al termine dei quali sono diventata definitivamente una sorella del Carmelo con la professione perpetua effettuata nel 1998. Per un breve periodo mi sono spostata in Toscana, a Montevarchi, dove ho cominciato a dare una mano nella scuola dell’infanzia paritaria gestita dalla stessa parrocchia nella quale curavo la catechesi. Poi sono tornata a Roma, mi sono iscritta all’università Lumsa e ho conseguito la laurea triennale in Lettere Moderne. Per circa un anno, mentre finivo di scrivere la tesi, sono stata a Castiglione Messer Marino, in provincia di Chieti. Poi ho passato cinque anni a Sassari, dove ho insegnato inglese in una scuola gestita dalle nostre consorelle. Poi di nuovo in Abbruzzo e ancora in altri luoghi. La mia ultima destinazione è stata Osimo, dove sono rimasta sei anni. Nel frattempo, continuavo ad essere presente nelle parrocchie dei posti in cui operavo, animando la messa, portando l’Eucarestia agli anziani, partecipando agli incontri. Per me è sempre stato importante essere a contatto con i giovani, cercare di attirarli e di trasmettere loro un po’ del carisma carmelitano. L’incontro con Gesù, con Maria e con la spiritualità del Carmelo ha cambiato la mia vita: il minimo che possa fare, per ringraziare il Signore, è diffondere quel messaggio e pregare che qualcun altro se ne senta attratto come me”. Una delle esperienze che ricorda con più entusiasmo è il suo lavoro di assistenza alle giovani donne alle prese con maternità difficili e di vicinanza – con il dialogo e la preghiera – alle famiglie in crisi: “Sono grata a Dio per avermi consentito di salvare molte coppie che sembravano destinate a separarsi. È qualcosa che mi piacerebbe poter fare anche a Mesagne: lasciare un segno concreto della mia presenza diventando un punto di riferimento per chi è in difficoltà”. “Siamo pronte a fare ciò che il Signore, attraverso il nostro parroco padre Enrico, ci chiederà. Qualunque sia la nostra missione qui, con l’aiuto di Maria la affronteremo”, precisa dolcemente suor Jessy. Anche lei è originaria del Kerala. Prima di decidere di prendere i voti, era una maestra di scuola materna. A 22, nel 1987, la vocazione le urla dentro ed entra in convento: “Nonostante studiassi per prendere i voti, non ho mai abbandonato l’insegnamento. Ho insegnato per sette anni nella scuola materna “Maria Teresa Scrilli”, fondata in India dalla nostra congregazione in ossequio alla nostra madre fondatrice. Nel 1997 ho fatto la mia professione perpetua e sono arrivata in Italia, per studiare al Centro Universitario Internazionale “Regina Mundi” di Roma, vicino alla Basilica di san Pietro. Dopo un anno, la nostra Madre Generale mi ha chiesto di andare nelle Filippine, per fondare lì la prima comunità di suore di Nostra Signora del Carmelo. Eravamo soltanto in tre, io e due sorelle italiane. Così mi sono occupata di quella che noi chiamiamo “promozione vocazionale”: sono andata in giro per le parrocchie a diffondere il carisma della nostra madre fondatrice e moltissime ragazze hanno accolto il messaggio spirituale del Carmelo. La stessa cosa ho fatto in Indonesia, con molte difficoltà. Non conoscevo la lingua, quindi ho dovuto impararla, Ma, soprattutto, ho dovuto percorrere la nazione in lungo e in largo in barca, in traghetto, in nave. Credo di avere visitato buona parte delle sue 17.ooo isole! Scherzi a parte, abbiamo fondato comunità, scuole che vanno dalla materna agli istituti superiori professionali, centri di accoglienza per i poveri. Adesso mi occupo prevalentemente di formazione, soprattutto per le novizie”, afferma suor Jessy.
Entrambe, pur provenendo da famiglie profondamente cattoliche, hanno avuto difficoltà a fare accettare ai genitori la scelta di dedicarsi alla vita consacrata. “I miei erano pronti a cercarmi un marito. È noto che da noi sono i genitori a scegliere le persone che dobbiamo sposare. Ma io sapevo che non avrei potuto amare nessun uomo nel modo in cui amo Dio: compresa questa verità, ho agito di conseguenza e alla fine anche la mia famiglia, vivendo il mio quotidiano appagamento, si è convinta che la vita da religiosa era l’unica scelta possibile per me”, afferma con la gioia nel cuore suor Mini. “Anche per me è stato difficile far comprendere la mia vocazione”, le fa eco suor Jessy”. “Si ha sempre la convinzione sbagliata che una figlia che entra in convento è una figlia persa. Ma non è così. Io appartengo a Dio, ma questo non mi impedisce di amare profondamente la mia famiglia”.
In Puglia, quella di Mesagne è la prima Casa abitata dalle sorelle di questo ordine monastico. Alle due suore indiane già giunte si unirà, tra qualche mese, una terza consorella proveniente dall’Indonesia. Il percorso per farle arrivare a Mesagne ha richiesto tempo e impegno da parte di molti. In occasione del Capitolo Generale delle Suore del 2019, Padre Enrico Ronzini, allora Provinciale dei Carmelitani, aveva rivolto alla Madre Generale e alle Consorelle Capitolari l’invito per realizzare una presenza carmelitana femminile per rendere più significativa la missione del Carmelo nella città messapica, che nel 2021 celebra i suoi 500 anni di apostolato sul territorio. A tale richiesta la Madre Generale, suor Maria Stella Marzano, ha risposto con favore, sottolineando che la venuta delle consorelle a Mesagne ha come progetto la realizzazione di una presenza spirituale ed educativa che sia in sintonia con l’insegnamento della Beata Maria Teresa Scrilli, che invitava a dare inizio a una fondazione con lo scopo di compiere la volontà di Dio e realizzare il bene delle anime, in comunione con il vescovo di Brindisi, Mons. Domenico Caliandro, i Padri Carmelitani e tutta la comunità mesagnese.
“Le sorelle dell’Ordine di Nostra Signora del Carmelo sono presenti in tutto il mondo. Oltre che in Italia, ci sono loro istituti in Stati Uniti, Canada, Brasile, India, Indonesia, Fillipine e Polonia. Si occupano con grande impegno della diffusione del Vangelo, dell’educazione cristiana, della carità verso i poveri, della preghiera contemplativa”, precisa padre Enrico Ronzini. “Su mia sollecitazione, le nuove arrivate hanno voluto essere presenti nel rione Grutti, una zona della parrocchia che negli ultimi anni si è andata popolando di giovani famiglie con figli in età da catechesi, per cui immaginiamo che il loro supporto nella formazione sarà molto importante. La loro Casa sarà nei locali adiacenti alla chiesa della Madonna di Fatima, non appena saranno terminati i lavori di ristrutturazione. In un momento di incertezza e sofferenza come quello che stiamo vivendo a causa della pandemia, l’arrivo delle consorelle carmelitane rappresenta, per la nostra comunità parrocchiale e per tutta la città di Mesagne, una grazia inestimabile”, conclude il parroco. “Sì, la pandemia può mettere in crisi, in questi mesi l’abbiamo osservato, ma chi ha coltivato una fede profonda non può pensare che il virus sia opera di Dio. In questo la nostra testimonianza è indispensabile e grazie al cielo adesso possiamo stare vicine alla gente. Durante i mesi in cui le chiese sono rimaste chiuse, le persone avevano perso i loro punti di riferimento. Nei momenti di angoscia è facile, se non si possiede una solida fede, prendersela con Dio. Il nostro compito è cercare di evitarlo”, afferma suor Jessy.
“La nostra spiritualità si fonda sulla contemplazione, ognuna di noi fa almeno un’ora di meditazione al giorno, oltre a celebrare, compatibilmente con gli impegni parrocchiali, la Liturgia delle Ore (almeno le Lodi mattutine e i Vespri). Ma la contemplazione non basta. È necessaria l’azione, bisogna portare Dio nel mondo e servire i fratelli concretamente, come si serve Dio nella preghiera”, conclude suor Mini, prima di congedarsi con il più felice dei sorrisi che, nonostante la mascherina, abbraccia chiunque la osservi.