Novanta anni e 27 aviatori brindisini decorati: la città e l’Aeronautica

Molto diverso, certamente molto più funzionale e probabilmente anche più bello sarebbe risultato l’impianto urbanistico della Brindisi del XX secolo se non fosse mai esistito l’aeroporto militare, diretto epigono dell’idroscalo militare e diretto precursore dell’odierno aeroporto civile, la cui presenza ha irrimediabilmente bloccato ogni possibile sviluppo della città verso nord: iniziando dalla costa interna al porto fino a Materdomini, e poi proseguendo sulla costa esterna da Materdomini a Punta del Serrone e quindi eventualmente fino a Punta Penne, e poi dalla costa estendendosi via via verso l’interno.
Eppure, da ormai varie generazioni, i brindisini c’eravamo abituati a quell’ingombrante e rumorosa presenza. Faceva di fatto parte della nostra brindisinità, e non solo per l’inoccultabile vastità degli spazi fisici occupati o per la troppo invasiva spettacolarità del continuo sfrecciare delle formazioni aeree, ma anche – e forse soprattutto – per la radicata compenetrazione di tanti uomini in divisa azzurra nel tessuto sociale della città. In molti avevamo un nonno, un padre, uno zio, un fratello, un cugino o un caro amico aviatore di base all’aeroporto di Brindisi; molte giovani brindisine avevano sposato un aviatore di servizio a Brindisi, e molte mamme brindisine avevano un figlio in aeronautica.
Una prova inconfutabile di quest’ultima affermazione? Ebbene, nell’Albo degli eroi decorati al valor militare dell’Aeronautica Militare Italiana dal 1929 al 1945, sono ben 27 i brindisini presenti – ufficiali, sottufficiali e avieri – tra i quali: la medaglia d’oro S. Tenente Leonardo Ferrulli; le 7 medaglie d’argento: Antonio Caravaggio, Aristide Caroppo, Filippo Guarnaccia, Luigi Brancasi, Luigi Zito, Mario Mauro, Nicola Titi; le 16 medaglie di bronzo: Annibale Pagnotta, Cosimo Prete, Donato Caputo, Efisio Panzano, Giuseppe Ponzetta, Giuseppe Santerini, Mario Laguercia, Raffaele Ippolito, Roberto Consiglio, Rodolfo De Giorgi, Santo Coppola, Torquato Mandriota, Vincenzo Todisco, Vittorio Di Bello, Vittorio Gallo, Vittorio Marinazzi; e le 4 croci di guerra: Edoardo Giordano, Franco Grieco, Teodoro Gigante, Teodoro Grasso.
Sarà certamente per tutto questo e per molto altro ancora, che la notizia della soppressione dell’aeroporto militare di Brindisi decretata in data 11 settembre 2008 fu colta con molta sorpresa e con non poco rammarico da una gran parte dei brindisini. Dallo status di “aeroporto militare aperto al traffico civile”, quello di Brindisi passò allo status di “aeroporto civile appartenente allo Stato e aperto al traffico civile” con il trapasso dei beni del demanio militare aeronautico, a cominciare dalle piste non più funzionali ai fini militari, al demanio aeronautico civile in quanto strumentali all’attività del trasporto aereo civile. Una parte della storia degli ultimi 90 anni – e più – di Brindisi era stata troncata, e alcune famiglie brindisine dovettero separarsi o trasferirsi.
In effetti, anche se l’Aeronautica Militare fu creata il 28 marzo 1923, l’aeroporto militare di Brindisi, iscritto alla Marina Militare, esisteva da già vari anni come idroscalo militare. Le sue più lontane origini risalivano agli albori della stessa aviazione italiana, coincidendo con gli anni iniziali della prima guerra mondiale. Il suo primissimo nucleo fu una stazione provvisoria per idrovolanti creata il 6 dicembre 1914, quando della ventina di apparecchi dei quali disponeva allora la Regia Marina, a Brindisi furono assegnati 3 idrovolanti Curtiss. Erano apparecchi di legno e tela, e furono inizialmente depositati sulla nave Elba e successivamente sulla nave Europa, in attesa che si completasse la costruzione di un apposito hangar in un’area al confine tra le due zone costiere denominate “Posillipo” e “Costa Guacina” sul lato ovest dell’avamporto.
Nel 1916 la stazione fu potenziata divenendo l’Idroscalo Militare di Brindisi, sito in località Costa Guacina, appena fuori dal porto interno a sinistra, sulla fascia costiera compresa tra il canale e Fontanelle, con di fronte uno specchio d’acqua dalle condizioni naturali ideali, dal quale si levarono in volo gli idrovolanti delle tre squadriglie operanti durante gli anni della Grande guerra. Una squadriglia era guidata da Orazio Pierozzi, eroico aviatore deceduto in volo di addestramento nel 1919 dopo aver guidato innumerevoli azioni di guerra vittoriose, ed a lui, dopo la tragica morte, fu intitolato l’idroscalo. Le altre due squadriglie erano guidate da altrettanti formidabili aviatori, Umberto Maddalena e Francesco De Pinedo, piloti entrambi divenuti celebri per le loro straordinarie imprese aviatorie, e anche loro deceduti in volo, nel 1931 e nel 1933 rispettivamente.
Nel corso del 1916 furono costruite sei aerorimesse per gli idrovolanti da bombardamento progettati dall’ingegnere Luigi Bresciani, morto in un incidente di volo ed il cui nome fu dato agli hangars. Adiacenti e a nord degli hangars Bresciani, si costruirono anche tre hangars per dirigibili, i quali però per ragioni di sicurezza furono dismessi e trasferiti a San Vito. Gli hangars Bresciani invece, con muratura di tufi e cemento e con copertura a botte con sesto ribassato in solaio latero-cementizio, sono ancora oggi in situ, utilizzati dall’ONU.
Negli anni Venti Brindisi divenne sede dell’86° Gruppo Idrovolanti dotato di apparecchi Macchi M.24 e poi Marchetti S.55 e sorse così la necessità di nuovi hangars la cui costruzione, predisposta a nord degli hangars Bresciani, fu commissionata alla Società Officine Savigliano di Torino. I quattro hangars Savigliano, ognuno a pianta rettangolare di circa 54×60 metri, furono completati intorno al 1930: ossatura reticolare metallica a una campata e rivestimenti in lamiere ondulate zincate, cupolino centrale di aereazione a doppia falda in materiale policarbonato, con quattro accessi verso la banchina di circa 51 metri d’apertura e più di 12 metri di altezza. L’ottima struttura metallica, nonostante la sua vicinanza al mare è rimasta pressoché intatta ed è tuttora funzionale, tant’è che anche questi quattro enormi hangars sono oggi gestiti dall’ONU.
All’inizio degli anni Trenta, con l’auge dell’aeronautica, fu decisa la costruzione dell’aeroporto terrestre in contiguità con l’idroscalo. Si procedette all’esproprio ed acquisto dei terreni agricoli necessari, e alla fine del 1931 iniziarono i lavori di costruzione. Il campo militare entrò in funzione nel 1933, inaugurato da Mussolini il 30 luglio, con pista di lancio in asfalto orientata N10°W con 50 metri di larghezza e lunghezza iniziale di 600 metri successivamente portata a 850 metri, attualmente non più operativa. L’aerostazione civile fu completata nel 1937 e nel 1938 fu intitolata ad Antonio Papola, in memoria del comandante di aeromobile civile deceduto il 13 febbraio 1938 per incidente di volo, mentre l’aeroporto militare mantenne la denominazione Orazio Pierozzi e su di esso, il 15 marzo del 1937 si formò il 35° Stormo con aerei SM.55 e l’anno seguente, 1938, si formò il Gruppo 95° con idrovolanti CANTZ.606, gli stessi che andarono in dotazione anche al Gruppo 86°.
Nel corso della Seconda guerra mondiale fu realizzata dai tedeschi una nuova pista in asfalto orientata N55°E con 1500 metri di lunghezza e si intensificò l’attività militare a scapito di quella civile, finché questa si esaurì del tutto nel settembre del ’43, quando l’aeroporto divenne base dei reparti aerei alleati di occupazione, sotto il comando inglese che nel 1944 costruì una terza pista in terra stabilizzata orientata N45°W e lunga 1800 metri, sulla cui traccia fu poi creata la principale pista di lancio attuale lunga 2600 metri.
Dopo la Seconda guerra mondiale, l’attività aeronautica militare riprese gradualmente. Nel 1947 a Brindisi fu destinato l’83° Gruppo Soccorso Aereo con idrovolanti CANTZ.506 sostituiti a partire dal 1958 con idrovolanti HU.16A. Poi, con l’entrata nel 1949 dell’Italia nella NATO, arrivarono in dotazione i primi aerei militari americani. Tra il 15 e il 18 settembre 1950 la portaerei americana Mindoro sbarcò i primi 40 aerei Curtiss Helldiver 52.C. E nel giugno del 1952 dalla portaerei americana Corregidor furono sbarcati i primi aviogetti da caccia, gli aeroplani a reazione F84.G, mentre gli idrovolanti continuarono ad operare fino a tutti gli anni ’60.
Il 1° settembre 1967 sull’aeroporto militare di Brindisi fu ricostituito, con il 13° Gruppo caccia bombardieri ricognitori, il 32° Stormo che era stato originalmente costituito il 1° dicembre 1936 e che era stato sciolto il 27 gennaio 1943. Fu intitolato alla memoria del capitano Armando Boetto e dotato di aerei Fiat G.91R, rimpiazzati nel 1974 con i bireattori G.91Y fino alla loro sostituzione, entrati gli anni Ottanta, con gli AMX Ghibli. Il 32° Stormo rimase di base a Brindisi per quasi trent’anni, fino al luglio del 1993, e in tutti quegli anni compì un’intensa continua e produttiva attività addestrativa e operativa nell’ambito dell’Alleanza Atlantica, acquisendo anche lo Status NATO di “combat readiness”, cioè di prontezza al combattimento.
Nel 1993 il 32° Stormo fu dislocato ad Amendola – Foggia – diventando uno Stormo da interdizione, e fu così che “in una afosa mattina di luglio” la Bandiera di Guerra dello Stormo ricevette per l’ultima volta gli onori nell’aeroporto di Brindisi. Lo spostamento “d’ordine superiore dello Stato Maggiore” conseguì – perlomeno ufficialmente – a ragioni strategiche legate ai cambiamenti geopolitici avvenuti nel Mediterraneo Orientale.
«Rimane la consolazione che l’area aeroportuale – già sede del glorioso Idroscalo “Orazio Pierozzi” e dell’aeroporto civile “Antonio Papola” – e le piste da cui decollarono i Maddalena e i De Pinedo non siano state fagocitate dalla speculazione edilizia. Al posto dei G.91, infatti, continuano a operare i velivoli cargo con cui, dalla Base Logistica delle Nazioni Unite, il Deposito del WFP-UNHRD smista nel mondo gli aiuti alimentari e i farmaci alle popolazioni colpite da calamità naturali o guerre. E poi… Chi ha detto che la Bandiera del 32° sia andata via? Essa continuerà a sventolare negli occhi e nei cuori di quanti, in quegli anni, hanno avuto modo di apprezzare il valore e la generosità degli uomini dello Stormo». [‘Il 32° Stormo a Brindisi’ di Guido Giampietro]
Ed è certamente vero; però è anche vero che nel 2008 – quindici anni dopo il trasferimento del 32° Stormo – l’aeroporto militare di Brindisi cessò di esistere e di esso oggi rimane solo un Distaccamento dell’Aeronautica, il cui pur esiguo personale militare garantisce comunque ininterrottamente l’assistenza logistica, la sicurezza e la difesa delle strutture e del personale dell’UNGSC (United Nations Global Service Centre) e dell’UNHRD (United Nations Humanitarian Response Depot), coadiuvando i voli cargo umanitari del WFP (World Food Programme) al quale proprio quest’anno è stato assegnato il Premio Nobel per la Pace. Brindisi e i brindisini, pertanto, ben possiamo sentirci ancora orgogliosi del nostro aeroporto, già non più popolato di uomini in divisa azzurra, ma tuttavia ancora palese artefice di tante encomiabili gesta umane attuate su ali che furono gracili, di legno e tela, per poi divenire portentose, di acciaio e alluminio. Pertanto, probabilmente… non fu del tutto vana quella rinuncia ad un miglior impianto urbanistico della città, che cent’anni fa, fu imposta ai brindisini.