Papa Francesco riconosce le virtù eroiche di Matteo: oggi campane a festa a Brindisi

La notizia era nell’aria ed anzi, a dirla tutta, si sperava arrivasse lo scorso 24 aprile, il giorno dell’undicesimo anniversario della sua nascita al cielo ed a tre anni esatti dalla chiusura della fase diocesana del processo di beatificazione. A causa del rallentamento di ogni genere di procedura per l’emergenza pandemia, la notizia è giunta ora: Papa Francesco ha autorizzato la promulgazione – da parte della Congregazione per le Cause dei Santi – del decreto che riguarda le virtù eroiche del Servo di Dio Matteo Farina, il ragazzo brindisino del quartiere Casale, morto a 18 anni di età, dopo un lungo percorso di malattia e sofferenza durato ben sei anni.
La decisione del Papa è stata comunicata in udienza privata al Cardinale Giovanni Angelo Becciu, Prefetto della Congregazione per le Cause dei Santi e resa nota dal Vaticano il giorno successivo.
Matteo Farina è l’unico «millennial» tra i cinque nuovi Venerabili della Chiesa di cui papa Francesco ha riconosciuto le virtù eroiche con il decreto promulgato martedì 5 maggio: gli altri quattro sono tre sacerdoti e una ragazza – uno dei quali, ordinato dopo la vedovanza, è il padre della giovane – tutti vissuti tra la fine dell’Ottocento e i primi decenni del secolo scorso: Francisco Barrecheguren, la figlia Maria de la Concepción Barrecheguren y García, Francesco Caruso e il barese Carmine De Palma, quest’ultimo nato nel 1876.
In segno di gioia e di comunione tutte le chiese dell’Arcidiocesi Brindisi-Ostuni suoneranno le campane a festa sabato 9 maggio, alle ore 18.
Si tratta di un passo fondamentale lungo il processo di beatificazione perché significa che la Chiesa riconosce che questo giovane, nato e cresciuto nella fede nella Chiesa brindisina, ha vissuto eroicamente il Vangelo, con assoluta fedeltà, giorno per giorno. Il che vuol dire che il nostro Matteo può essere appellato “venerabile” e non appena giungerà l’attestazione del miracolo – la prodigiosa, immediata e definitiva guarigione di una bambina per la quale i medici non nutrivano alcuna speranza di sopravvivenza – che è in uno stato di avanzato studio da parte della commissione di esperti, attribuito alla sua intercessione, Matteo verrà finalmente proclamato beato.
L’organo di stampa Vatican News, ripercorrendo a larghi tratti la vita del giovane Matteo Farina, lo ha definito proprio come lui amava definirsi: un “infiltrato”, capace di “entrare silenzioso come un virus”. Sembra strano, in epoca di pandemia, che questo possa essere stato l’obiettivo di un probabile futuro santo. Matteo Farina se lo era posto, diventare un giovane in grado di contagiare i coetanei con l’amore di Dio, che definiva “una malattia senza cura”. Perché questo era Matteo, un ragazzo con una grande fede, e come tutti coloro che hanno una grande fede aveva voglia di trasmetterla ai più vicini. Un piccolo eroe, Matteo. Piccolo per la sua età – quando chiude per sempre gli occhi ha 18 anni. Da quando ne ha 13 combatte con un tumore al cervello. Una lotta uguale a quella di tutti i malati, operazioni alla testa e chemio e speranza di farcela. In Matteo brilla però la luce di chi fin da piccolo – assieme a mamma Paola, papà Miky e alla sorella maggiore Erika – ha preso familiarità col Vangelo, che per tutti, e soprattutto per Matteo, è un libro da leggere ogni giorno e ogni giorno vivere. È un tipo mite e affabile ma i suoi compagni di scuola, gli amici, sanno che quando scoppierà un litigio le parole migliori per fare pace saranno quelle di Matteo. Lo ribattezzano, con stima, il “moralizzatore” proprio perché non perde occasione per fare riferimento a Dio nelle cose di tutti i giorni. In una pagina del suo diario di 15.enne scrive: “Mi piacerebbe riuscire ad integrarmi con i miei coetanei senza essere però costretto a imitarli negli sbagli. Vorrei sentirmi più partecipe nel gruppo, senza però dover rinunciare ai miei principi cristiani. È difficile. Difficile ma non impossibile”.
Grazie alla diffusione di alcuni sui scritti, pensieri ed anche poesie, colmi di spiritualità, fede e devozione, che si diffusero rapidamente ed a macchia d’olio e divennero momenti centrali in incontri di preghiera, adorazioni eucaristiche e raduni giovanili, la sua fama di santità crebbe rapidamente e fu tale che ben presto, su iniziativa dell’Apostolato della preghiera della Diocesi di Brindisi-Ostuni e dell’Associazione Matteo Farina, fu dato avvio al processo di beatificazione che è giunto, ora, quasi alla sua conclusione.
Appena appresa la notizia abbiamo raggiunto don Mimmo Roma, parroco della Cattedrale di Brindisi, la Basilica che conserva dal settembre del 2017 il sarcofago con le spoglie mortali di Matteo Farina, per chiedergli, a caldo, le sue impressioni: “Ho accolto con grandissima gioia la meravigliosa notizia che mi è giunta proprio al termine dell’odierna Eucaristia ed insieme alla famiglia (ovviamente, visti i tempi, in videochiamata), avendo nel cuore tutta la nostra Diocesi e tutti coloro che quotidianamente affidano a Matteo le loro intenzioni, abbiamo avuto la Grazia di pregare dinanzi al nostro caro Giovane Matteo Farina, neo Venerabile Servo di Dio che ha fatto proprie le parole del Vangelo: “Chi segue me avrà la luce della vita” e ne ha dato compimento con la sua vita e le sue parole: “voglio riflettere la tua luce nel cuore di ogni uomo”.
Fa molto riflettere che, per una serie di circostanze, questo annuncio è stato spostato a maggio, che è il mese dedicato alla Madonna, perché Matteo ha amato profondamente la madre di Gesù e di lui la dott.ssa Francesca Consolini, postulatrice della causa di beatificazione, ha ricordato la devozione per la recita del Rosario che cominciò da bambino di appena sette anni e alla quale rimase fedele tutta la vita. Egli amava profondamente la Madonna e si affidava alla sua intercessione, al suo aiuto per crescere nella fede e conoscere meglio Gesù e per questo il suo modo di recitare il Rosario era sempre meditativo; si soffermava a riflettere sul mistero enunciato, pregava le Ave Maria con calma, come se dialogasse con la Madonna; portava sempre con sé la corona del Rosario ed era fedele alla sua recita quotidiana. Il Rosario fu il suo compagno nelle ultime settimane della vita. Lui stesso aveva deciso che sarebbe andato incontro a Gesù accompagnato dalla Madonna: aveva registrato un’intera corona del Rosario per poterlo pregare anche quando la malattia lo spossava. Negli ultimi giorni, in ospedale, poco prima di cadere nel torpore aveva chiesto alla sorella Erika di mettergli il Rosario tra le mani: lui era ormai totalmente paralizzato e non aveva che un filo di voce, ma seguiva la preghiera di chi gli era accanto. Matteo ebbe sempre questo particolare rapporto di affetto e devozione filiale con la Madonna; diceva che dovevamo rivolgerci a lei come ad una mamma, perché lei da mamma avrebbe provveduto. Il Papa, continua la Consolini, ha suggerito di arricchire la recita del Rosario con due preghiere da lui scritte per proteggerci dalla pandemia in corso, ne possiamo aggiungere una terza, utilizzando le parole di Matteo che sono un invito a non perdere la speranza nella prova, a guardare oltre, ad essere sicuri dell’amore di Dio: «Maria, Tu, che nella tua estrema semplicità hai saputo vivere con Dio e per Dio; Tu, che nella tua apparente fragilità hai saputo schiacciare con forza il peccato; Tu, che con il tuo “Si” hai accettato la volontà di Dio; Tu, che anche nella sofferenza non hai mai perso la fede; Tu, che hai racchiuso nel tuo Cuore Immacolato l’infinità di Dio. Tu, Madre di Dio, prega per noi, per chi soffre nell’anima e nel corpo. Prega per noi Maria, Madre castissima. Ti voglio bene Madonnina, fiore celeste».