Nei giorni in cui si celebra la memoria dei defunti raccontiamo una piccola, tragica storia inedita che possibile ricostruire attraverso un monumento e una lapide che si trovano all’interno del cimitero di Brindisi e che per caso oggi abbiamo intravisto in un angolo dimenticato. Quattro impiegati postali brindisini persero la vita il 6 gennaio 1910 in quello che fu il primo disastro ferroviario fra convogli di linee locali avvenuto in Italia: Gaetano Romano, Ernesto Chirizzi, Francesco Palmieri e Leonardo Stampacchia. Un treno partito da Foggia entrò in collisione con un convoglio merci che si trovava disgraziatamente sulla stessa linea, proveniente da Bari. Lo schianto avvenne nel Foggiano, all’altezza dell’Incoronata.
Oltre ai quattro impiegati postali brindisini, quel giorno dell’Epifania di 106 anni fa, persero la vita un altro passeggero e il macchinista del treno foggiano, Grazio Petrosillo. Quest’ultimo, nello scorgere il pericolo, rimase fino alla fine al comando del treno, cercando invano di arrestarne la corsa. Morì nell’impatto, nel tentativo di evitare una tragedia di più vaste dimensioni e per questo motivo il Re volle ricevere personalmente un gruppo di parenti per dare il proprio sentito cordoglio. I feriti furono almeno una quarantina.
Su un numero del settimanale La Domenica del Corriere, uscito due settimane dopo il fatto e illustrato con una tavola del grande illustratore Achille Beltrame, venne raccontato quel disastro.
E’ probabile che i quattro si trovassero sul vagone postale immediatamente dietro al locomotore e al bagagliaio. del treno partito da Foggia.
All’interno del cimitero di Brindisi, in quello stesso anno, i colleghi vollero ricordare i quattro brindisini morti all’interno del vagone postale, con una statua di giovane donna impastata nel cemento in puro stile liberty dell’epoca che continua a vegliare sulla loro memoria, spargendo fiori sul loro sepolcro.
Il settimanale “La città di Brindisi” del 15 gennaio 1910 così commentava la tragedia: “Ancora una volta ci colpisce la sciagura e la crudeltà del fato ci terrorizza. La morte trova a sé più vicine le esistenze dei lavoratori e fa sue con la violenza di un attimo le più giovani, le più forti, le più vive per virtù e operosità. Ha avuto un grido di dolore il popolo di Brindisi per lo scontro ferroviario nei pressi di Foggia perché quattro vittime, quattro sposi che alle spose recavano la pace dell’animo, quattro padri che ai figli ridavano la festa del cuore, quattro lavoratori, Gaetano Romano, Ernesto Chirizzi, Francesco Palmieri e Leonardo Stampacchia”.
Alle 8 del mattino del 10 gennaio 1910 giunsero alla stazione centrale di Brindisi le quattro salme. All’arrivo erano presenti molti impiegati postali e telegrafici e il rappresentante del Ministro delle Poste. Le salme furono composte in una sala d’attesa della stazione, trasformata in camera ardente. Fino all’ora del funerale, centinaia di cittadini si recarono a visitare i feretri.
I funerali, raccontano le cronache dell’epoca, iniziarono alle 16. Il feretro di Gaetano Romano era coperto da un gonfalone della massoneria. A Porta Lecce le autorità civili e religiose, nonché funzionari delle Poste pronunciarono le loro orazioni. Giunto il corteo al cimitero diede l’ultimo saluto alle salme il professor Lorenzo Calabrese, a nome della Massoneria.
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