di Giancarlo Sacrestano
Con decreto del Re, n.1 del 2 gennaio 1927, veniva istituita la Provincia di Brindisi.
Alla nostra terra pertanto, gli auguri più sinceri per i suoi 90 anni!!!
Dopo gli strali che i palazzi del potere centrale hanno scoccato dalla terribile faretra delle manovre di riassetto economico del Paese, la provincia di Brindisi non dovrebbe vedere l’alba del suo primo secolo. A dire il vero non spegnerebbe neppure le 90 candeline di oggi, se è vero che questi Enti Territoriali riconosciuti in Costituzione, sono stati sottratti alla volontà elettorale del popolo e persino destinati, forse si, forse no, chissà chi lo sa, alla loro definitiva soppressione.
Va da sé che l’ultimo presidente eletto dal popolo dell’Amministrazione Provinciale di Brindisi è stato Massimo Ferrarese, che di questo Ente ha scoperto ambiti di intervento che nessuno prima di lui aveva neppure concepito.
A dire il vero, prima di lui non ce ne sono stati tantissimi presidenti cui ascrivere questa responsabilità.
Sull’attuale presidente dell’Amministrazione provinciale, credo sia difficile esperire qualsivoglia tentativo di critica, compresso com’è tra le logiche di gestione che fanno sempre i conti con i pochi euro a disposizione ed un substrato politico con cui condivide le responsabilità amministrative che non si caratterizza per la uniformità ed incisività di azione.
Molto più importante è la situazione dei 400mila abitanti di quel che sarebbe il territorio provinciale, impossibilitati a capire quali siano i servizi e soprattutto quali garanzie di servizio offra oggi l’Ente provinciale.
Altro e più drammatico discorso è quello relativo alla crisi occupazionale dei lavoratori impegnati a gestire le competenze provinciali. In nome loro, vien voglia di saltare pari pari le regole del bon ton e trasgredire violentemente, con un vocabolario di improperi e bestemmie per come e quanto siano costretti a soffrire della precarietà lavorativa.
Sin dalla sua nascita, a dire il vero, l’Ente Provincia è stato considerato un semplice obbligo burocratico, una sorta di intermezzo istituzionale, cui affidare pure mansioni di secondo piano, ma con un importante compito, quello di garantire al governo centrale, allora subordinato ad una monarchia, di alloggiare sulle poltrone provinciali, notabili e burocrati, uomini la cui fedeltà alla corona, doveva pur ricevere una investitura, uno straccio di incarico.
Neppure l’avvento della Repubblica, nel 1946, sottrasse l’Ente alla medesima lettura. Introdotta nella Carta Costituzionale, la provincia resta Ente che vive tra le maglie delle competenze non regionali e non comunali. Un limbo cui affidare la funzione di tenere uniti ambiti territoriali compresi tra comuni aventi ragguardevoli ragioni di vicinanza (culturale, economica, sociale).
Quella brindisina, nata nel 1927, non ha mai brillato per queste doti. Il territorio fu rabberciato, come l’abito di Arlecchino, ora tagliando alla provincia di Lecce, ora a quella di Bari. Non è un mistero che gli abitanti della bellissima e suggestiva Caranna, frazione del Comune di Cisternino, non abbiano molto a che spartire con i residenti a Lendinuso, frazione marina di Torchiarolo.
C’è un bellissimo, quanto suggestivo angolo della provincia di Brindisi in quel di Villa Castelli, da dove con un solo abbraccio si cingono lo Jonio e l’Adriatico. Quelli che ne hanno memoria, si contano sulle dita di una mano. Peccato.
Scarsissima è pure la pubblicistica che racconti e raccordi le esperienze di questa terra. E’ con la riforma elettorale introdotta con la legge n. 81 del 1993, quella per intenderci, che stabiliva la eleggibilità diretta del sindaco, che l’Amministrazione provinciale si vede elevata a dignità territoriale paritaria. Il presidente dell’Amministrazione provinciale è eletto direttamente dagli elettori e non può durare in carica più di due mandati. La legge sottraeva la provincia ai partiti, che ne erano divenuti abusatori abituali.
Il rafforzamento del ruolo del Presidente che da allora assumeva su di sè la responsabilità di nomina di assessori, dirigenti e consulenti, apriva una nuova stagione per questo Ente non a caso ritenuto di secondo grado.
Tre sino stati i presidenti. Nicola Frugis che ricoprì per due mandati consecutivi l’incarico di presidente, ma che non seppe allontanare del tutto la pervicacia dei partiti dalla logora logica della spartizione delle poltrone, cui è seguito Michele Errico col suo personalismo eccentrico che alla Provincia ha donato quel surplus di dignità territoriale riveniente dalle competenze ambientali.
Il terzo e ultimo presidente della nostra piccola provincia è stato Massimo Ferrarese, cui va riconosciuta una notevole carica di un dinamismo che non sempre è letta con univocità.
Gli auguri di oggi, 90° compleanno per la provincia di Brindisi vedono Maurizio Bruno, sindaco di Francavilla Fontana seduto alla scomodissima poltrona di presidente, chiamato a gestire una fase di transizione di cui non si percepisce neanche con la sfera di cristallo quando e come finirà.
Per non far mancare altre annotazioni negative a questo biglietto d’auguri alla nostra amata, vecchia terra, intendo sollecitare la lettura sofisticata, alle notazioni critiche della legge 81/93. Si trova scritto tra l’altro che tra gli elementi negativi introdotti dalla legge vi è pure l’eccessiva personalizzazione delle strategie e delle politiche locali. Tra parentesi, piano del sindaco, strategie di marketing territoriale.
Se da un lato questo è stato l’elemento che ha fatto liberare energie politiche che a Brindisi hanno portato finanche ad una esperienza denominata “laboratorio brindisino”, dall’altra quella forza propositiva non è andata oltre la pur volenterosa espressione personale dei presidenti ed oggi, al tempo del disarmo amministrativo si legge chiaramente l’assenza di un forza aggregante: si percepisce chiaramente l’assenza dell’aurea di Brindisi-bene comune.
Nel momento in cui pareva giunto il tempo che anche Brindisi facesse sintesi della propria energia per contribuire, con pari dignità, alla crescita della Regione e della Nazione, la soppressione dell’importante volano della nostra realtà ha rappresentato solo una delle tante voci di uno sfaldamento che conducono al fallimento. Non abbiamo fatto in tempo a costruire un medesimo programma cultural-social-economico che unisca Fasano a Torchiarolo, Villa Castelli a Cellino San Marco che il sogno si è trasformato in incubo e ancor peggio non abbiamo neppure un cassetto dove richiuderlo per custodirlo per riprenderlo in una futura possibile occasione.
La storia repubblicana, forse ci obbliga a rigenerare il nostro concetto di territorio di riferimento. Forse vedremo cancellato dalla dignità di vessillo provinciale lo stemma che fu concesso alla Provincia di Brindisi dal re Vittorio Emanuele III con decreto del 22 settembre 1927, e che a memoria dei posteri fu così descritto in un “solenne documento” del 4 marzo 1928: «D’azzurro, alla testa di cervo al naturale, posta in maestà, accompagnata in punta dalla parola BRVN».
Non dico una balordaggine se affermo che son trascorsi 90 anni e solo da poco, ora che tutto pare affermare il contrario, Brindisi ha scoperto di essere un capoluogo di provincia!
Una modesta proposta.
Un elemento presente in ogni comune della provincia è il monumento ai caduti, altare laico alla memoria e al sacrificio di ragazzi che hanno vinto le battaglie di guerre cruente, ma che sono stati sconfitti in quelle stesse battaglie dalla morte che li ha sottratti all’abbraccio di parenti ed amici.
Non è retorica affermare che sempre poco è quel che si fa per ricordare alle generazioni future il sacrificio di questi padri che non hanno mai educato il loro figli. Sta scritto che è sulle gambe della storia che procede nella società presente.
Prima che sia troppo tardi, nulla ostacola un modesto progetto della memoria.
Sarebbe utile che l’Amministrazione provinciale di Brindisi realizzasse, a memoria del suo genetliaco, per l’anno 2018 a chiusura del centenario dalla fine della prima guerra mondiale, l’elenco dei figli caduti di questa terra.
Riscrivendo i loro nomi, rileggendo le loro stringatissime storie redatte da uno scrivano del ministero della guerra nel 1926, raccogliendoli in un volume, in un albo, essi rivivranno tra noi e per noi. Siano avvolti degnamente dallo stendardo della provincia di Brindisi, loro brindisini ante litteram, loro brindisini, morti per il bene comune di una terra che non hanno fatto in tempo di cantare.
Domani forse la nostra provincia si confonderà nuovamente con le terre sorelle di Lecce Bari e Taranto.
Ma proprio perchè tanto potrebbe avvenire, è bene che il contributo dei brindisini alla costruzione di una casa più grande per meglio accogliere il percorso di crescita delle sue popolazioni, sia corroborato da un peso specifico che è prodotto da una storia quasi trimillenaria da cui nessuno è stato mai escluso.
Auguri Cara Vetusta Provincia mia.