Riflessione – di Gianmarco Di Napoli
Il luogo terreno in cui riposano le spoglie di Matteo Farina non odora ancora di santità. Lo sguardo sorridente del ragazzino brindisino che la Chiesa potrebbe proclamare “beato”, ossia asceso in Paradiso e capace di intercessione con il Signore, spunta da un angolo di una piccola cappella della famiglia “Valaori Provenzano”, nel vialetto San Francesco del cimitero di Brindisi.
Quando un figlio lascia questa Terra prima dei genitori, anche la sua ultima dimora sembra raccontare l’evento improvviso, collocata tra lapidi e nomi molti dei quali a lui sconosciuti. Matteo non aveva conosciuto neanche nonno Mario, morto otto anni prima della sua nascita e che pure aveva segnato il suo destino chiedendo al figlio e alla nuora che se avessero avuto un maschietto si chiamasse Matteo, ossia “dono di Dio”.
E oggi nonno Mario è in quella stessa tomba, quasi ad accompagnare il nipote in un percorso che, forse inconsapevolmente, egli aveva tracciato per primo.
Non odora di santità, dicevamo, la cappella che ospita Matteo ed è probabile che essa rispecchi esattamente lo spirito di umiltà e di semplicità che questo ragazzo, nato nel 1990 e morto per un cancro al cervello a soli 19 anni, avrebbe voluto mantenere anche oggi, nel percorso straordinario intrapreso da chi vede in lui un santo, ma anche semplicemente da chi – pur non essendo credente – lo considera un prezioso punto di riferimento per una generazione che dimostra di avere pochi valori. Anzi, nessuno.
Matteo Farina può diventare il “Santo 3.0”, seguendo il percorso di beatificazione che è iniziato nella Diocesi di Brindisi, la sua casa, e che dovrà essere valutato secondo i canoni e le regole della Chiesa di Roma. Perché sia riconosciuto “beato”, tra le testimonianze secretate raccolte in questi mesi nelle stanze di piazza Duomo ci dovrebbe essere almeno l’avvenuta dimostrazione di un miracolo. Ma la decisione definitiva spetterà poi comunque al Papa, e potrebbe non avvenire così presto, anche se la Chiesa ha bisogno di santi giovani.
Ma anche per chi non crede, per i laici e soprattutto per i ragazzi che in questi anni vivono una totale assenza di punti di riferimento, per la mancanza di princìpi e di passioni, Farina può diventare un’icona positiva. Abbiamo davanti una generazione che ha bisogno di capire quanto importante siano il rispetto e l’amore per il prossimo, e quali siano le reali sofferenze e con quale coraggio possano essere affrontate. E nella sua breve esistenza, egli – tra un’operazione e l’altra, tra speranze di guarigione e dolorose ricadute – Matteo ha continuato ad essere uno straordinario esempio di vitalità, di altruismo, di positività.
Ognuno potrà farsi la sua idea, i cattolici ne intravedono la santità, gli altri lo straordinario altruismo.
Ecco perché la sontuosa cerimonia che in questo lunedì così speciale la Diocesi di Brindisi dedicherà alla sua beatificazione non può restare solo un pirotecnico messaggio di rinnovamento di una Chiesa che cerca di parlare sempre di più la lingua dei giovani, ma l’occasione perché tutti i ragazzi della comunità brindisina possano condividere la breve e intensa storia di un suo figlio. Scomparso troppo presto, ma morto mai.