In cella per traffico di coca: “Ma noi siamo innocenti”

Respingono le accuse i cinque brindisini arrestati martedì all’alba dai carabinieri con l’accusa d’aver imbastito e gestito un imponente traffico di cocaina a Brindisi. Gli indagati Francesco D’Urso, Roberto Maggio, Giuseppe Di Bello, Cosimo Santoro e Vincenzo D’Ignazio hanno affrontato questa mattina gli interrogatori di garanzia davanti al giudice per le indagini preliminari Giuseppe Licci che ha disposto il loro arresto, e tutti, assistiti dai loro avvocati, hanno respinto gli addebiti loro rivolti. L’ordinanza di custodia cautelare è fitta di intercettazioni e le indagini sarebbero partite dalle accuse di un “pentito” del gruppo, che avrebbe svelato nomi e operazioni del gruppo. E proprio questo castello accusatorio è stato attaccato questa mattina da indagati e legali, che hanno contestato la scarsa consistenza delle prove raccolte.

Luca Leoci, difensore del 34enne Giuseppe Di Bello, ha chiesto una perizia fonografica sull’unica intercettazione ambientale che riguarderebbe il suo assistito. Il quale giura: “Non ero io a parlare. C’è stato uno scambio di persona”.  Sulla stessa linea l’avvocato Ladislao Massari, che avanzerà istanza di revoca delle misure cautelari per il 37enne Roberto Maggio. Contro di lui, le dichiarazioni rese agli inquirenti da Gianluca Sancesario, uno del vecchio “giro”, che da quel giro ha voluto chiamarsi fuori, denunciando e tirando in ballo quelli che ha definito suoi ex sodali. Per Maggio però Sancesario si sarebbe inventato tutto di sana pianta. E si chiede come mai sia finito lui dietro le sbarre, accusato d’aver acquistato mezzo chilo di cocaina da Sancesario, e non quest’ultimo che glielo avrebbe venduto.

Anche Vincenzo D’Ignazio, difeso dall’avvocato Cinzia Cavallo, ha negato di aver venduto droga a chicchessia. E sui suoi rapporti con uno dei presunti complici, Francesco D’Urso, si difende: “Lo conosco solo perché siamo vicini di casa”. Lo stesso Francesco D’Urso, assistito dall’avvocato Giampiero Iaia, contesta le accuse. Nelle telefonate intercettate, ha spiegato al gip, non parlava affatto di droga. E per i due episodi a lui contestati, cioè la custodia di alcune decine di grammi di sostanza stupefacente, starebbe già pagando il suo conto con giustizia con una condanna a 4 anni e 2 mesi di reclusione per un precedente arresto.