Caro monsignore, ecco perché non vengo più in chiesa

Eccellenza, sono uno dei tanti che si definiscono cristiani ma in realtà non lo sono o non lo sono più. Non vado più in Chiesa; sono un disertore. Ho tradito la mia fede, la fede, come si dice, dei miei padri anche se, in verità, era più quella di mia madre. Nelle statistiche sono presente alla voce “osservanti” perchè i miei figli sono stati battezzati, hanno preso la Prima Comunione e la Cresima, perchè mi sono sposato con rito religioso e perchè, quando morirò, se le circostanze lo permetteranno, prenderò l’Estrema Unzione e avrò un funerale che si svolgerà secondo il rito cattolico.

Ciononostante osservante non lo sono affatto. Vivo in una società relativamente buona e giusta rispetto ad altre aree del mondo e so che questi vantaggi mi sono dati da secoli in cui la Chiesa, fra mille errori ed orrori, ha plasmato un mondo che è, sino ad ora, il migliore dei mondi possibili ma del quale non sono contento per niente. Troppe ingiustizie, troppe solitudini, troppo dolore. Nonostante tutto trovo, qui e là, sprazzi di commovente solidarietà, pratico, per quanto posso, il perdono anche come forma di auto legittimazione, credo nella democrazia come rispetto per il prossimo, nella parità fra uomo e donna, e nella sacralità della vita; conosco parole come accoglienza, tolleranza, sacrificio, condivisione e tante altre che rendono migliore questo mondo anche se, poi, più che viverle in modo esemplare le declino a seconda delle circostanze e, spesso, ahimè, delle convenienze. Comunque mi sforzo per essere migliore.

Beneficio del più grande patrimonio dell’umanità che è la pittura, la scultura, la letteratura e la musica sacra e vivo in un paese in cui di tutto ciò dovremmo essere i gelosi custodi. Faccio ciò che posso ma prendo tutto per scontato. Insomma beneficio dei valori rivenienti dall’elaborazione della cultura cristiana; prendo il meglio della tradizione senza dare niente in cambio. Sono culturalmente un cattolico credente ma non praticante e cioè uno dei tantissimi che in Chiesa non ci va, anzi, che in Chiesa non ci va più. Di conseguenza non sono pronto a difendere la mia religione, i miei valori, le mie scelte di vita e quindi non sono pronto a tramandarle, a farne esempio ed educazione. Non è un quadro edificante, lo so, ma ho le mie ragioni che, in sintesi, mi sento di esternare così : la Santa Messa non mi piace, anzi, anch’essa, non mi piace più. Non mi piace più l’aria che si respira in partibus fidelis, dalle vostre parti. Intendiamoci non voglio cominciare la solita solfa sul cattivo esempio dei preti, sulle sacrestie luogo di maldicenze e di intrighi, sugli oratori trasformati in campi di battaglia fra spaccio d’erba tollerato e bullismo istituzionalizzato. Non sono né queste umane miserie che mi tengono lontano né altro; non è per quello che trovo che non vengo più ma, per quello che non trovo. Non c’è più niente di divino, di soprannaturale, di spirituale in queste messe. Niente di “alto” che mi metta in contatto provvisoriamente e, perché no, confusamente, con l’eternità.

Non pretendo di ascoltare ogni domenica le eleganti e raccolte riflessioni di Monsignor Ravasi né i sermoni apocalittici del maestro Eckhart; né mi aspetto di vivere esperienze estatiche indimenticabili ma, almeno, per piacere, un minimo di raccoglimento, di pensieri alti, di riflessione, di sacrosanta solitudine. Cosa c’entrano con la messa quei canti orribili accompagnati da chitarre per lo più stonate? E quelle omelie politicamente corrette a metà fra il populismo e l’educazione civica? Ho perso la speranza di ascoltare canti gregoriani o la grande musica sacra (quella che il genio dell’uomo ha interpretato come base per la predisposizione per il rapporto con l’Eterno) e il profumo dell’incenso è oramai un ricordo lontano, e di ciò me ne sono fatta una ragione, ma ascoltare per dieci, quindici minuti, un prete che guardando l’orologio mi invita a rispettare l’ambiente, a pagare le tasse, ad accogliere gli immigrati, ad amare gli animali a sentirmi uguale ai fratelli musulmani e via di questo passo, è davvero troppo. Io vorrei che in quell’ora fossi messo in contatto con qualcosa di divino; che mi parlaste del paradiso, dell’inferno, dello spirito, del giorno del giudizio, della morale, del peccato, della solitudine e del libero arbitrio e dell’eternità.

E vorrei che non tentaste di insegnarmi ad essere un buon cittadino, un acceso ambientalista, un elettore avveduto o un leale contribuente che, per quello, ci sono già le associazioni no profit, i movimenti, i partiti politici e i gruppi su facebook che lo fanno meglio, e a tempo pieno. Voi vi siete dedicati a fare altro e lo fate bene: l’accoglienza, l’aiuto, la solidarietà, vi riescono bene e ve ne rendo merito ma la Santa Messa è altro e finché non lo capirete le Chiese rimarranno vuote, anche per questo. Io nel frattempo, mi sono reso conto che se voglio speculare sull’eternità mi vado a rileggere l’infinito di Leopardi, se voglio cogliere la particella di Dio devo ricorrere al bosone di Higgs e se voglio approfondire il tema del libero arbitrio e della condizione umana è meglio se ascolto Jovanotti : “ io lo so che non sono solo anche quando sono solo e rido, e piango, e mi fondo con il cielo e con il fango” che almeno è intonato. Per questo non vengo più in Chiesa; perchè sulle strade battute dai profeti ora passeggiano gli imbonitori ed io, in genere, Emilio Fede e Marco Travaglio li ho sempre evitati. Absit iniuria verbis.

A. Serni