Il rapporto genitori figli nell’età dell’adolescenza è alquanto turbolento, il genitore non riconosce più nel ragazzino/a che ha davanti il bambino che cercava la sua alleanza e approvazione ma ha davanti a sé una nuova persona, ribelle ed aggressiva, silenziosa e malinconica.
L’adolescenza si presenta come una vera metamorfosi che, in un tempo limitato, trasforma il precedente individuo fino a renderlo irriconoscibile, come un bruco che rapidamente si fa farfalla.
L’adolescente a volte preferisce celarsi dietro la maschera della sicurezza e piuttosto che manifestare il suo bisogno di dipendenza, si mostra polemico e schivo, ostenta le sue certezze in modo plateale e finge di vivere con disinvoltura situazioni ed esperienze delle quali nulla conosce. Possiamo dirla come dice Pirandello: “la lumaca, buttata nel fuoco sfrigola pare rida invece ne muore.”
Così l’adolescente avverte il lutto per il proprio io bambino e un lutto genera sempre insicurezza, paura, a cui possono seguire depressione o violenza a gradi di manifestazione diversa.
Molto spesso le basi di queste insicurezze si manifestano sin da piccoli quando le paure dei genitori impediscono ai bambini di fare le esperienze e quando il divario tra le aspettative dei genitori e quello che i figli riescono a dare si dilata.
L’adolescenza può essere un’età bellissima se i genitori accompagnano i loro figli nelle loro scelte senza forzarli. Gli adulti usano spesso la frase “lo faccio per il suo bene” quando decidono di imporre il loro pensiero, di non lasciare giocare al figlio la propria partita. Pellai, studioso e scrittore, paragona il rapporto tra genitori e figli negli anni dell’adolescenza a quello che avviene nel gioco del tiro alla fune e a noi la metafora sembra perfetta. Occorre trovare un equilibrio tra i giocatori: ecco la vera fatica del genitore che dovrebbe tirare la corda con una forza ben ponderata per ogni singola situazione.
Con uno strattone potente il genitore può vincere la partita ma non permettere al proprio figlio di trovare quelle sicurezze e quell’indipendenza che cerca, al contrario il compito è quello di incoraggiare il figlio che sta per mollare la fune a resistere ma senza rendere tutto facile ed incontrollabile.
Insomma all’adulto spetta di trovare questo equilibrio che muta di continuo, all’adulto spetta scegliere la posizione giusta nel momento giusto: affianco al figlio per sostenerlo senza invadere i suoi spazi, davanti in situazioni di pericolo, un passo indietro perché faccia le sue esperienze. In una parola l’adulto deve esserci.
Ci rendiamo conto, da esperti e da genitori, quanto difficile e faticosa sia questa partita da giocare ma è importante restare per i figli il punto di riferimento di cui hanno bisogno, dietro quegli atteggiamenti burberi e aria d’indipendenza i ragazzi nascondono una grande sensibilità, non critichiamoli per come si vestono, per gli atteggiamenti che assumono, per le emozioni (a volte eccessive) che provano; sosteniamoli ed insegniamo loro a non mollare .
Dott.ssa Federica Protopapa
Dott.Luigi Persano